Chi
ha un’esperienza politica di qualche lustro, sa benissimo che un
dirigente comunista (anche il più apparentemente sprovveduto) non dà il
via ad un “reclutamento” se non ha intenzioni quanto meno di creare
appunto un nuovo soggetto interno o esterno al Partito.
Se si fosse trattato di rilanciare l’area “essere comunisti” questo sarebbe potuto legittimamente avvenire durante la festa stessa che l’area di Grassi ha promosso quest’anno a Reggio Emilia.
Invece ci troviamo innanzi ad una sigla già definita e ad un simbolo già ideato (per trovare nome e simbolo del PDS ci volle un congresso e ci vollero oltre 15 mesi… Almeno allora più coerenza e più democrazia e rispetto delle compagne e dei compagni c’erano…).
Io penso che la volontà di queste compagne e questi compagni sia giustappunto quella di una lenta separazione da Rifondazione Comunista: costruendo il soggetto in mesi in cui l’autunno caldo può dare dei frutti, tenendo un piede dentro Rifondazione e uno fuori.
Così facendo possono sperare di attrarre qualche federazione o dei circoli dentro Sinistra Lavoro.
Quello però che penso sia più stigmatizzabile è il testo dell’appello dove non c’è nessuna presa di posizione nemmeno minimamente autonoma dal Partito democratico che, oggi, è per noi un avversario tanto quanto le destre.
Le politiche del PD sono irricevibili e vengono combattute in piazza dai sindacati di base a anche dalla CGIL.
Tuttavia, è bene dircelo, il giorno dopo la manifestazione di sabato 25 ottobre, molti di quelli che scendono in piazza con le bandiere del sindacato della Camusso saranno già pronti a rivotare PD perché la teoria ingraiana del “gorgo” (che è fallita miseramente allora e falirà anche oggi) sembra essere tornata attuale.
E paradossalmente torna attuale proprio quando l’uomo solo al comando (Renzi) è l’incontrastato padre – padrone di un partito che vuole far diventare quasi il “partito unico” del Paese.
Come si possa creare una sinistra di alternativa sulla base di una vaga dichiarazione manifestata in un appello assolutamente vago e privo di punti precisi di riferimento, di confini che lo rendano riconoscibile come sinistra anticapitalista e antiliberista, è non un mistero, ma la precisa, consapevole volontà dei suoi estensori.
Più si resta nel vago e più possibilità interpretative ci sono: c’è sicuramente chi, in buonissima fede, tra le compagne e i compagni che vi aderiscono pensa che si tratti del rilancio di una sinistra comunista. Ma la parola “comunismo” da molto tempo è stata bandita negli scritti degli estensori di quell’appello.
Tra tutte anche Luciana Castellina che, va ricordato, era ed è più vicina a Sel che a Claudio Grassi (quindi a Rifondazione Comunista). Così anche Valentino Parlato. Così anche “il manifesto” che resta per me un giornale indispensabile, ma che ha una chiara linea pro-Sel: in piazza Santi Apostoli mi sembra che Norma Rangeri sia stata estremamente chiara…
Dunque, la volontà dei promotori dell’appello di Sinistra Lavoro è lapalissiana, non nasconde nulla a chi lo sottoscrive: fa solo credere di voler rilanciare una sinistra alternativa che non è tale e che alla fine risulterà essere un doppione dell’esperienza di Sel.
Non è per una qualche ostinata propensione alla difesa del “piccolo partito” che ritengo indispensabile la presenza di Rifondazione Comunista nello scenario complessivo politico e sociale di questo sciagurato Paese: è necessaria una alternativa di società che si fondi su un pensiero altrettanto alternativo e critico, radicalmente critico. Alla radice delle cose, dei fatti, delle persone immerse nella quotidianità disperante in cui si trovano a sopravvivere.
Non possiamo pensare che bastino delle riforme di struttura o nuovi progetti di ricostruzione di una sinistra semplicemente definita “moderna” e senza altre aggettivazioni (che potrebbero pregiudicare, dio non voglia!, l’adesione di questo o quel personaggio più o meno illustre…) per riportare alla luce una critica sociale collettiva che si esprima a partire dalla presa di consapevolezza singola che un percorso di rovesciamento delle attuali politiche liberiste è lungo e pieno di difficoltà. A cominciare dal piano meramente organizzativo.
Rifondazione Comunista è oggi insufficiente per costruire questa alternativa. E’ un dato di fatto. E i comunisti non possono, nella loro analisi sociale e politica, prescindere dai fatti (che hanno “la testa dura”!). Quindi occorre rilanciare il processo politico culturale della “rifondazione comunista”, della riproposizione del comunismo italiano come movimento reale che si pone alla testa dell’alternativa e del cambiamento e che vuole ritrovare nelle lavoratrici e nei lavoratori IL punto di riferimento necessario per rovesciare prima del potere le politiche liberiste che vengono oggi spacciate come “riforme” per tutti. Non esiste una riforma sociale che possa accontentare classi così lontane tra loro per interessi, appunto, di classe: ciò che rinvigorisce le tasche dell’imprenditore non può al contempo rinvigorire anche quelle del lavoratore. A meno di non possedere la bacchetta magica, smentire il materialismo scientifico e annulare d’un tratto la contraddizione tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori.
Troppe energie del lavoro sono andate politicamente strumentalizzate da forze politiche razziste (Lega Nord, ad esempio) o da quelle populiste (movimento 5 Stelle) o da promesse di nuovi condottieri che, di volta in volta, hanno sedotto le necessità contingenti dei singoli (Berlusconi, Veltroni, Renzi…).
Rilanciare una sinistra fatta di aggettivi è voler rilanciare un progetto già visto e fallimentare.
Dobbiamo difendere il progetto politico della “rifondazione comunista” al servizio della costruzione di una sinistra più ampia e pluriculturale, come scrivo da anni.
Ma mi sembra che i compagni e le compagne che si accingono a costruire “Sinistra Lavoro” abbiano abbandonato questo progetto: almeno quello della “rifondazione comunista” (minuscolo), per seguire Sel nella “Coalizione dei Diritti” proclamata in piazza Santi Apostoli.
Non sono illazioni mie, ma esplicite parole dette e scritte da autorevolissimi dirigenti nazionali di Rifondazione Comunista e che mi auguro restino tali.
Nel caso così fosse, spero per loro e per la sinistra che vogliono erigere che trovino più fortuna di Nichi Vendola…
Se si fosse trattato di rilanciare l’area “essere comunisti” questo sarebbe potuto legittimamente avvenire durante la festa stessa che l’area di Grassi ha promosso quest’anno a Reggio Emilia.
Invece ci troviamo innanzi ad una sigla già definita e ad un simbolo già ideato (per trovare nome e simbolo del PDS ci volle un congresso e ci vollero oltre 15 mesi… Almeno allora più coerenza e più democrazia e rispetto delle compagne e dei compagni c’erano…).
Io penso che la volontà di queste compagne e questi compagni sia giustappunto quella di una lenta separazione da Rifondazione Comunista: costruendo il soggetto in mesi in cui l’autunno caldo può dare dei frutti, tenendo un piede dentro Rifondazione e uno fuori.
Così facendo possono sperare di attrarre qualche federazione o dei circoli dentro Sinistra Lavoro.
Quello però che penso sia più stigmatizzabile è il testo dell’appello dove non c’è nessuna presa di posizione nemmeno minimamente autonoma dal Partito democratico che, oggi, è per noi un avversario tanto quanto le destre.
Le politiche del PD sono irricevibili e vengono combattute in piazza dai sindacati di base a anche dalla CGIL.
Tuttavia, è bene dircelo, il giorno dopo la manifestazione di sabato 25 ottobre, molti di quelli che scendono in piazza con le bandiere del sindacato della Camusso saranno già pronti a rivotare PD perché la teoria ingraiana del “gorgo” (che è fallita miseramente allora e falirà anche oggi) sembra essere tornata attuale.
E paradossalmente torna attuale proprio quando l’uomo solo al comando (Renzi) è l’incontrastato padre – padrone di un partito che vuole far diventare quasi il “partito unico” del Paese.
Come si possa creare una sinistra di alternativa sulla base di una vaga dichiarazione manifestata in un appello assolutamente vago e privo di punti precisi di riferimento, di confini che lo rendano riconoscibile come sinistra anticapitalista e antiliberista, è non un mistero, ma la precisa, consapevole volontà dei suoi estensori.
Più si resta nel vago e più possibilità interpretative ci sono: c’è sicuramente chi, in buonissima fede, tra le compagne e i compagni che vi aderiscono pensa che si tratti del rilancio di una sinistra comunista. Ma la parola “comunismo” da molto tempo è stata bandita negli scritti degli estensori di quell’appello.
Tra tutte anche Luciana Castellina che, va ricordato, era ed è più vicina a Sel che a Claudio Grassi (quindi a Rifondazione Comunista). Così anche Valentino Parlato. Così anche “il manifesto” che resta per me un giornale indispensabile, ma che ha una chiara linea pro-Sel: in piazza Santi Apostoli mi sembra che Norma Rangeri sia stata estremamente chiara…
Dunque, la volontà dei promotori dell’appello di Sinistra Lavoro è lapalissiana, non nasconde nulla a chi lo sottoscrive: fa solo credere di voler rilanciare una sinistra alternativa che non è tale e che alla fine risulterà essere un doppione dell’esperienza di Sel.
Non è per una qualche ostinata propensione alla difesa del “piccolo partito” che ritengo indispensabile la presenza di Rifondazione Comunista nello scenario complessivo politico e sociale di questo sciagurato Paese: è necessaria una alternativa di società che si fondi su un pensiero altrettanto alternativo e critico, radicalmente critico. Alla radice delle cose, dei fatti, delle persone immerse nella quotidianità disperante in cui si trovano a sopravvivere.
Non possiamo pensare che bastino delle riforme di struttura o nuovi progetti di ricostruzione di una sinistra semplicemente definita “moderna” e senza altre aggettivazioni (che potrebbero pregiudicare, dio non voglia!, l’adesione di questo o quel personaggio più o meno illustre…) per riportare alla luce una critica sociale collettiva che si esprima a partire dalla presa di consapevolezza singola che un percorso di rovesciamento delle attuali politiche liberiste è lungo e pieno di difficoltà. A cominciare dal piano meramente organizzativo.
Rifondazione Comunista è oggi insufficiente per costruire questa alternativa. E’ un dato di fatto. E i comunisti non possono, nella loro analisi sociale e politica, prescindere dai fatti (che hanno “la testa dura”!). Quindi occorre rilanciare il processo politico culturale della “rifondazione comunista”, della riproposizione del comunismo italiano come movimento reale che si pone alla testa dell’alternativa e del cambiamento e che vuole ritrovare nelle lavoratrici e nei lavoratori IL punto di riferimento necessario per rovesciare prima del potere le politiche liberiste che vengono oggi spacciate come “riforme” per tutti. Non esiste una riforma sociale che possa accontentare classi così lontane tra loro per interessi, appunto, di classe: ciò che rinvigorisce le tasche dell’imprenditore non può al contempo rinvigorire anche quelle del lavoratore. A meno di non possedere la bacchetta magica, smentire il materialismo scientifico e annulare d’un tratto la contraddizione tra capitale e lavoro, tra sfruttati e sfruttatori.
Troppe energie del lavoro sono andate politicamente strumentalizzate da forze politiche razziste (Lega Nord, ad esempio) o da quelle populiste (movimento 5 Stelle) o da promesse di nuovi condottieri che, di volta in volta, hanno sedotto le necessità contingenti dei singoli (Berlusconi, Veltroni, Renzi…).
Rilanciare una sinistra fatta di aggettivi è voler rilanciare un progetto già visto e fallimentare.
Dobbiamo difendere il progetto politico della “rifondazione comunista” al servizio della costruzione di una sinistra più ampia e pluriculturale, come scrivo da anni.
Ma mi sembra che i compagni e le compagne che si accingono a costruire “Sinistra Lavoro” abbiano abbandonato questo progetto: almeno quello della “rifondazione comunista” (minuscolo), per seguire Sel nella “Coalizione dei Diritti” proclamata in piazza Santi Apostoli.
Non sono illazioni mie, ma esplicite parole dette e scritte da autorevolissimi dirigenti nazionali di Rifondazione Comunista e che mi auguro restino tali.
Nel caso così fosse, spero per loro e per la sinistra che vogliono erigere che trovino più fortuna di Nichi Vendola…
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