Forse gli
strepiti e i trambusti di questi giorni non sono soltanto una normale
reazione alla legge di stabilità, ma un chiasso creato ad arte per
impedire che si scopra il trucco su più piani messo in piedi da Padoan e
Renzi.
Un trucco contabile, perché dei 36 miliardi sia
in entrata che in uscita, se ne rintracciano finora poco meno di 23 in
uscita la metà dei quali dovuti a provvedimenti e normative già in
essere (come ad esempio gli 80 euro) e altri frutto di pure ipotesi,
mentre la grande novità è che dei 27 miliardi in entrata, 11 figurano
semplicemente come mancata copertura del deficit oggi portato al 2,9% e
previsto in precedenza al 2,2% Questo del resto è anche il trucco politico
messo in piedi per simulare una violazione del comandamento
dell’austerità, per strillare uno scontro con la commissione Ue che
comunque vada, qualunque consistenza abbia, è destinato a portare acqua
al mulino del premier il quale avrà ancora una volta Bruxelles come
alibi anche se in senso opposto a quello di Monti e Letta. Certo, più
rischioso come dimostra lo spread, ma lo capisce anche un bambino
che non si tratta di una vera entrata o di spesa a deficit, ma di soldi
puramente ipotetici.
I due trucchetti resi possibili dal servilismo dei media servono poi sinergicamente a coprire il trucco sociale
messo in atto, vale a dire quello grazie al quale si colpisce
direttamente la grande massa dei cittadini e soprattutto dei ceti
popolari, ancora una volta vergognosamente saccheggiati, con l’aria
invece di volerli favorire. Non ci vuole un genio a decostruire il gioco
di prestigio e a scoprire dove vadano a parare le diminuzioni di tasse
annunciate. Il grosso di questo sfoltimento fiscale, 5 miliardi, va ad
esclusivo favore delle aziende e soprattutto di quelle più grandi che
non dovranno più pagare la parte di Irap calcolata sul numero di
dipendenti. Una regalia a Confindustria spacciata con incredibile faccia
tosta come provvedimento destinato a far scendere la disoccupazione e
la precarietà. In realtà dentro il calo globale della domanda, le
aziende non sanno che farsene di nuovi dipendenti, ma possono
tranquillamente risparmiare circa 25 mila euro sul passaggio a tempo
indeterminato di lavoratori già assunti con contratti a tempo
determinato, insomma un grande risparmio su un turnover già esistente.
E la cosa non si prefigura come una maggiore stabilizzazione sul lavoro
perché contemporaneamente il job act precarizza ogni forma di contratto
e autorizza a licenziamenti in qualsiasi momento senza alcuna
spiegazione.
Ora però sorge un problema, che l’Irap serve a pagare la sanità
pubblica e dunque quei 5 miliardi si tradurranno necessariamente o in un
aumento della tassazione locale oppure in una diminuzione di servizi,
chiusura di ospedali, liste d’attesa più lunghe, meno attenzione ai
pazienti, trasporti pubblici tagliati, tutti costi che dovranno essere
surrogati dai singoli cittadini. Anzi non è affatto detto che non si
verifichi sia l’aumento delle imposte che il taglio dei servizi.
La
beffa però non finisce qui, si arricchisce di un nuovo capitolo perché
la tassazione sulla previdenza integrativa, spacciata come salvezza
dalla scomparsa effettiva delle pensioni nel prossimo futuro, viene
aumentata dall’11,5 al 20%, costringendo soprattutto i giovani che non
hanno altra alternativa a nuovi esborsi. E infine c’è tutto il
capitolo del Tfr che costituisce un vero e proprio furto con destrezza
del guappo di Rignano: la trovata di pagare la liquidazione sullo
stipendio mensile, per spingere al consumo, è stata in realtà un
pretesto per far scattare un trappolone fiscale. Se si sceglie infatti
di mantenere il Tfr così com’è, la tassa sulla rivalutazione annuale
aumenterà dall’ 11 al 17%, se lo si verserà in busta paga, la cifra, non
più soggetta a rivalutazione, verrà tassata normalmente e non con i
criteri assai più blandi della liquidazione. Se poi, come è pure
previsto, uno volesse versare le quote di Tfr nella pensione
integrativa subirà, come detto il quasi raddoppio della tassazione.
Insomma una presa per i fondelli ai lavoratori così corale e in
sintonia dello spirito del tempo che mi rende sospettoso riguardo
alla ribellione del renzianissmo banchiere Chiamparino e mi porta a
pensare che si tratti di una commedia delle parti, una falsa tempesta
dove già si intuisce il sereno e l’accordo finale sulla testa dei
cittadini.
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