A sorprendere è lo stupore di taluni di fronte alla svolta “nazionalista” e di estrema destra della Lega Nord, al successo di Stop invasione, la manifestazione verde-nera di Milano, alla più recente sortita razzista di Beppe Grillo.
A proposito della prima: ammesso che non si conoscessero i lavori di
Roberto Biorcio e di Saverio Ferrari, per prevedere che la “crisi”
leghista avrebbe potuto avere uno sbocco di tal genere sarebbe bastato
leggere Svastica verde, di Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci
(Editori Riuniti, Roma 2011) con una mia postfazione sulle matrici
neonaziste del leghismo.
In fondo, la decisa virata a destra sotto la guida di Salvini non è
che un ritorno alle origini: abbandonato, almeno per ora, il
secessionismo, si valorizzano tutti i vecchi temi d’impianto razzista,
perfino nazionalsocialista, e si mettono a frutto la partecipazione
abituale all’internazionale nera e la frequentazione costante
dell’estrema destra nostrana, favorita dalla biografia politica di non
pochi dirigenti leghisti.
Lo stupore e lo sgomento di certuni hanno a che fare anche con
l’abitudine di minimizzare il pericolo leghista. Ho ricordato altrove
che, quando il nostro compianto Walter Peruzzi intraprese, con Gianluca
Paciucci, la ricerca da cui sarebbe scaturito Svastica verde, non pochi, a sinistra, consideravano questo un tema démodé,
ritenendo che la Lega Nord fosse ormai destinata al declino. Qualche
studioso assai radicale l’aveva da tempo derubricata a fenomeno
folclorico, del tutto irrilevante rispetto al razzismo di Stato. Né poi
suscitò chissà quale indignazione che i due autori –pur inattaccabili,
dato il rigore della loro documentazione– fossero stati querelati da
Calderoli e Borghezio.
Una tale sottovalutazione dipende anche dal fatto che non tutta la
sinistra ha ripudiato il teorema dalemiano della “costola della
sinistra”. Ricorrendo a un sillogismo bislacco e antistorico, si è
spesso fatto riferimento al “forte radicamento territoriale e popolare” e
alla “composizione sociale eterogenea” della Lega Nord per negarne o
sminuirne il carattere reazionario e razzista, e per nutrire l’illusione
che essa potesse essere “incivilita”.
Lo scrissi a tempo debito, ma conviene ribadirlo: il fantasma della
“costola della sinistra” ha aleggiato fino a tempi recenti. Basta citare
l’intervista rilasciata alla Padania dal buon Bersani a febbraio 2011, un mese dopo la pubblicazione di Svastica verde.
Privilegiando la tattica più contingente, in quell’intervista l’allora
segretario del maggior partito di opposizione proponeva un patto
politico per il federalismo tra “le sole due vere forze popolari e
autonomiste”; e, rispondendo a una domanda esplicita, negava
l’inclinazione razzista della Lega.
Oggi che la crisi economica e la sua dissennata gestione renziana
hanno precipitato nel baratro le classi popolari e buona parte dei ceti
medi, non c’è da sorprendersi se a cercare di raccoglierne e
rappresentarne gli umori, dirottandoli verso i capri espiatori di sempre
–migranti, rifugiati, rom e altri indesiderabili– sia “un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario” (Peruzzi e Paciucci), che ora imita più il Front National di Jean-Marie Le Pen che quello della figlia Marine.
E’ già accaduto nella storia recente, per dirlo con una frase fatta.
E’ accaduto anche per limiti ed errori della sinistra del tempo. E
accade oggi, quando ci si stupisce anche dell’ultima sparata
allarmistica di Beppe Grillo sul rischio di pandemia da virus Ebola, che
arriverebbe da noi “sui barconi”. Eppure non è la prima del genere: già
a settembre Grillo ci aveva provato con l’allarme a proposito della
tubercolosi, anch’essa di origine aliena, a suo dire.
In realtà, è da molti anni che il meta-comico si
esercita in mediocri battute razziste: dai “confini sconsacrati della
Patria” alla “bomba a tempo” dei rom romeni, dal “se gli immigrati gli
piacciono tanto, se li porti a casa sua”, fino al paventato rischio
della “liberalizzazione delle nascite” qualora chi nasce in Italia da
genitori “stranieri” fosse riconosciuto cittadino italiano.
Oggi Grillo, pur senza il consenso di buona parte dei suoi, si
esercita nella caccia all’untore per calcolo politico, certo, per
tentare di strappare consensi al Carroccio, ma anche perché intrinseco
gli è il mélange d’ignoranza e razzismo.
Una tal contesa tra una Lega Nord estesa ai neonazisti e un grillismo
che cerca d’imitarla, anch’esso titillando i più bassi umori popolari, è
assai preoccupante. Lo è altrettanto l’impotenza della sinistra, finora
incapace di dar voce razionale e rivendicativa alla disperazione
sociale, e d’incanalarla verso sbocchi sindacali e politici adeguati
alla gravità del momento. Speriamo che lo sciopero generale dei
sindacati di base e la manifestazione nazionale della Cgil segnino
un’inversione di tendenza.
Annamaria Rivera
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