Tu non puoi reggere la verità. Figliolo, viviamo in un mondo
pieno di muri e quei muri devono essere sorvegliati da uomini col
fucile… Chi lo fa questo lavoro? Tu? O forse lei, tenente Weinberg? Io
ho responsabilità più grandi di quello che voi possiate mai intuire. Voi
piangete per Santiago e maledite i marines. Potete permettervi questo
lusso. Vi permettete il lusso di non sapere quello che so io: che la
morte di Santiago, nella sua tragicità, probabilmente ha salvato delle
vite. E la mia stessa esistenza, sebbene grottesca e incomprensibile ai
vostri occhi, salva delle vite. Voi non volete la verità perché nei
vostri desideri più profondi, che in verità non si nominano, voi mi
volete su quel muro! Io vi servo in cima a quel muro! Io non ho né il
tempo né la voglia di venire qui a spiegare me stesso a un uomo che
passa la sua vita a dormire sotto la coperta di quella libertà che io
gli fornisco. E poi contesta il modo in cui gliela fornisco! Preferirei
che mi dicesse: la ringrazio… e se ne andasse per la sua strada.
Altrimenti gli suggerirei di prendere un fucile e di mettersi di
sentinella. In un modo o nell’altro io me ne sbatto altamente di quelli
che lei ritiene siano i suoi diritti.
«I
duri metodi utilizzati dalla Cia sono contrari e incompatibili con i
valori del nostro Paese»: lo ha detto l’altro ieri il contrito
Presidente americano Barack Obama dopo la pubblicazione del rapporto
licenziato dalla Commissione Intelligence del Senato americano. Potere,
profitti e denaro: ecco, in brutale e sicuramente rozza e deficitaria
sintesi, i “valori americani”. Ma anche i valori italiani, europei,
russi, cinesi, indiani e così via. Mi dispiace deludere qualcuno, ma
dalle mie parti l’antiamericanismo, soprattutto se spacciato per
“anticapitalismo” e “internazionalismo”, non trova alcun appiglio.
Rispetto ai regimi totalitari come quello con caratteristiche cinesi,
i quali non avvertono il bisogno di lavare i panni sporchi in pubblico
(salvo, come accade appunto in Cina, nei casi di corruzione:
chissà poi perché…), il regime democratico può permettersi il lusso di
un maggior tasso di “autocritica”, ossia di ipocrisia, e così, a
risultato ottenuto, proclamare urbi et orbi che «queste cose
non dovranno ripetersi mai più, perché sono contrarie ai nostri valori».
Questo, beninteso, ripetuto sempre di nuovo, guerra dopo guerra,
tortura dopo tortura, violenza dopo violenza, repressione dopo
repressione. Anche le vicende razziali made in Usa di questi giorni sono, sotto questo rispetto, molto significativi.
Finora la strategia democratica, che esprime una grande capacità di
controllo sociale da parte delle classi dominanti, ha dato eccellenti
risultati, a dimostrazione che i leader di turno possono benissimo
sparare sul Quartier Generale senza mettere minimamente in questione lo status quo
sociale, la cui difesa con ogni mezzo necessario rappresenta
l’imperativo categorico dello Stato, democratico o autoritario che sia.
Ieri il Wall Street Journal osservava, polemizzando con la
fazione del Partito Democratico che con cinica determinazione intende
lucrare futuri consensi elettorali sul terreno scivoloso dei “diritti
umani”, come dopo l’11 Settembre i politici e l’opinione pubblica degli
Stati Uniti avessero accusato la Cia di inettitudine, di passività, e
come invece avessero accolto con patriottico entusiasmo la violenta
svolta repressiva in materia di Sicurezza Nazionale decisa dall’allora
Comandante in Capo, l’oggi reietto George Bush.
Per dirla con il Colonnello Nathan R. Jessep di Codice d’onore,
a nessuno importò allora sapere in quale modo, con quali strumenti, a
quale prezzo, l’organizzazione preposta alla Sicurezza Nazionale avrebbe
svolto il proprio compito, purché lo avesse fatto con successo. Nello
stesso momento in cui dava carta bianca al Leviatano, la società si
preparava all’immancabile mantra dell’autocritica: «Ma noi non potevamo
immaginare, noi non sapevamo, nessuno ci aveva informato»…
«Bisognerebbe ricordare l’atmosfera post 11 settembre quando anche la
senatrice Dianne Feinstein [presidente della Commissione Intelligence]
gridava “alla guerra, alla guerra”, dice oggi al Giornale il
“falco” Edward Luttwak, il quale è convinto che il processo mediatico ai
danni della Cia «non farà guadagnare voti né a Obama né a Hillary
Clinton». Staremo a vedere. Intanto va rivelato che, come sempre, spetta
ai cosiddetti “falchi” esprimere la cinica realtà delle cose con un
minor tasso di ipocrisia rispetto a quanto riescono a fare le più
politicamente corrette colleghe “colombe”.
A
lavoro sporco ultimato (?), gli stessi politici e parte della stessa
opinione pubblica piangono sulla tanta violenza versata nella peraltro
«sacrosanta lotta al terrorismo» (ovviamente i “terroristi”, i cattivi
di turno, sono sempre gli altri, gli enemy aliens), per
soprammercato con dubbia efficacia. Ma su questo punto le opinioni degli
addetti ai lavori divergono alquanto: per alcuni si è torturato con
profitto, per altri l’investimento in indicibile sofferenza
somministrata al nemico non ha dato i risultati sperati. In ogni caso,
qui si tratta di una questione di economia, e nel calcolo costi/benefici
ogni forma di odiosa e demagogica ipocrisia è almeno bandita.
L’”autocritica” americana di questi giorni mi ricorda la strategia militare USA basata sulle “bombe intelligenti”: fire and forget, spara e dimentica. Ovvero: Tortura e dimentica. Appunto!
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