La piega degli eventi è brutta ma non inattesa, il campionario razzista già visto e rivisto nelle periferie delle grandi città comincia a essere riprodotto anche in provincia.
Succede a San Benedetto del Tronto che, il giorno prima dell’Immacolata, si diffonde una notizia inquietante: davanti alla chiesa della Madonna della Marina, durante i funerali di un marittimo vittima di naufragio pochi giorni prima, tre rom avrebbero cercato di rapire una bambina.
La situazione ci mette un attimo a surriscaldarsi e così scatta la caccia all’uomo tra le vie del centro, con una trentina di persone alla ricerca di vendetta. A fare le spese di questa spedizione punitiva è un ragazzo di 25 anni, originario del Bangladesh. I ‘giustizieri’ lo hanno visto mentre stava seduto in un bar, sono entrati e hanno cominciato a colpirlo con calci e pugni, poi lo hanno trascinato fuori dal locale e hanno continuato a infierire su di lui con una sedia. «E’ stato un atto di vigliaccheria – ha commentato poi il titolare del bar -, tra l’altro lui è un bravo ragazzo, passa qui tutti i giorni e ci lascia un fiore, noi in cambio gli offriamo un caffè. Credo che questo episodio non faccia onore alla nostra città». Soltanto l’arrivo casuale di alcuni vigili urbani ha costretto gli aggressori a fuggire ed evitato all’aggredito conseguenze ben più gravi. Il 25enne, stordito e sanguinante, si è ripreso in breve, ma è solo un caso se le cose non sono andate a finire malissimo.
Tra l’altro, nel frattempo la notizia del “rapimento di una bambina da parte dei rom” – un classico del campionario razzista italico - è stata ampiamente ridimensionata dal locale commissariato di polizia dopo brevi indagini: nessuno ha cercato di portare via la bambina e poi, commenta un poliziotto, «non esiste alcuna correlazione tra l’appartenenza alla comunità rom e l’attività di rapimento, anzi da quando lavoriamo non abbiamo mai avuto notizia di qualcosa del genere».
Qualsiasi spiegazione logica, però, appare inutile e sui social network è una gara a chi si avvicina di più al Terzo Reich e ai metodi da ‘soluzione finale’: «Usate la nafta», «No, meglio le camere a gas», «Voi che li difendete, vi auguro di essere stuprati da un branco di zingari», e via così. I gruppi di destra ne hanno approfittato per chiedere una stretta repressiva contro gli extracomunitari, tirando in ballo il mai passato di moda argomento dell’abusivismo commerciale che danneggerebbe i negozianti.
Alla fine, i tre rom li hanno pure trovati, ma a carico loro non è stato contestato alcun reato: nessun rapimento, al massimo un'elemosina chiesta in maniera un po’ insistente. Tutto qui. La follia razzista che si è abbattuta su San Benedetto del Tronto è nata da un equivoco, da voci incontrollate diventate un vero e proprio tsunami sociale. Le reazioni, infatti, sono state tutt'altro che un equivoco: chi soffia sulle ceneri dell'odio sa benissimo che basta poco per ottenere una ventata di follia, come quella del pestaggio del giovane bengalese.
Il sindaco Giovanni Gaspari (Pd), comunque, esprime condanna per l’accaduto a nome suo e di tutta la città, chiedendo poi «alle forze politiche di non strumentalizzare questi episodi per propaganda, ma di lavorare e impegnarsi sempre affinché i focolai che si accendono non si trasformino in un incendio indomabile». Attacca anche Alessandro Marini, dell’associazione Possibile, molto attenta ai temi dei migranti e dell’integrazione: «Questo episodio la dice lunga sul clima che da qualche tempo si respira in città, con l’inedito proliferare di tante associazioni di stampo neofascista», che in riviera non sono mai state forti come adesso.
Altrettanto dura è la maggioranza di centrosinistra: «Così si infanga la memoria di quei sambenedettesi che hanno permesso alla città di crescere – si legge in un comunicato congiunto –, viaggiando in ogni angolo del mondo per trovare il proprio spazio, dall’America all’Europa settentrionale, fino all’Africa e all’Asia».
San Benedetto, in effetti, è storicamente una città aperta: tra marinai che hanno navigato in lungo e in largo per il mondo e una grande percentuale di lavoratori al porto con il passaporto extracomunitario. Negli ultimi mesi, però, in strada tira una brutta aria: le aggressioni notturne si sono moltiplicate, e i discorsi sull’immigrazione stanno assumendo toni sempre più violenti. Che, presto o tardi, qualcuno sarebbe passato dal delirio da bar alle vie di fatto non può certo rappresentare una sorpresa, soprattutto nei giorni in cui il vento dell’odio soffia fortissimo, da Tor Sapienza a San Benedetto del Tronto. Anche senza bisogno dei Buzzi di turno
Succede a San Benedetto del Tronto che, il giorno prima dell’Immacolata, si diffonde una notizia inquietante: davanti alla chiesa della Madonna della Marina, durante i funerali di un marittimo vittima di naufragio pochi giorni prima, tre rom avrebbero cercato di rapire una bambina.
La situazione ci mette un attimo a surriscaldarsi e così scatta la caccia all’uomo tra le vie del centro, con una trentina di persone alla ricerca di vendetta. A fare le spese di questa spedizione punitiva è un ragazzo di 25 anni, originario del Bangladesh. I ‘giustizieri’ lo hanno visto mentre stava seduto in un bar, sono entrati e hanno cominciato a colpirlo con calci e pugni, poi lo hanno trascinato fuori dal locale e hanno continuato a infierire su di lui con una sedia. «E’ stato un atto di vigliaccheria – ha commentato poi il titolare del bar -, tra l’altro lui è un bravo ragazzo, passa qui tutti i giorni e ci lascia un fiore, noi in cambio gli offriamo un caffè. Credo che questo episodio non faccia onore alla nostra città». Soltanto l’arrivo casuale di alcuni vigili urbani ha costretto gli aggressori a fuggire ed evitato all’aggredito conseguenze ben più gravi. Il 25enne, stordito e sanguinante, si è ripreso in breve, ma è solo un caso se le cose non sono andate a finire malissimo.
Tra l’altro, nel frattempo la notizia del “rapimento di una bambina da parte dei rom” – un classico del campionario razzista italico - è stata ampiamente ridimensionata dal locale commissariato di polizia dopo brevi indagini: nessuno ha cercato di portare via la bambina e poi, commenta un poliziotto, «non esiste alcuna correlazione tra l’appartenenza alla comunità rom e l’attività di rapimento, anzi da quando lavoriamo non abbiamo mai avuto notizia di qualcosa del genere».
Qualsiasi spiegazione logica, però, appare inutile e sui social network è una gara a chi si avvicina di più al Terzo Reich e ai metodi da ‘soluzione finale’: «Usate la nafta», «No, meglio le camere a gas», «Voi che li difendete, vi auguro di essere stuprati da un branco di zingari», e via così. I gruppi di destra ne hanno approfittato per chiedere una stretta repressiva contro gli extracomunitari, tirando in ballo il mai passato di moda argomento dell’abusivismo commerciale che danneggerebbe i negozianti.
Alla fine, i tre rom li hanno pure trovati, ma a carico loro non è stato contestato alcun reato: nessun rapimento, al massimo un'elemosina chiesta in maniera un po’ insistente. Tutto qui. La follia razzista che si è abbattuta su San Benedetto del Tronto è nata da un equivoco, da voci incontrollate diventate un vero e proprio tsunami sociale. Le reazioni, infatti, sono state tutt'altro che un equivoco: chi soffia sulle ceneri dell'odio sa benissimo che basta poco per ottenere una ventata di follia, come quella del pestaggio del giovane bengalese.
Il sindaco Giovanni Gaspari (Pd), comunque, esprime condanna per l’accaduto a nome suo e di tutta la città, chiedendo poi «alle forze politiche di non strumentalizzare questi episodi per propaganda, ma di lavorare e impegnarsi sempre affinché i focolai che si accendono non si trasformino in un incendio indomabile». Attacca anche Alessandro Marini, dell’associazione Possibile, molto attenta ai temi dei migranti e dell’integrazione: «Questo episodio la dice lunga sul clima che da qualche tempo si respira in città, con l’inedito proliferare di tante associazioni di stampo neofascista», che in riviera non sono mai state forti come adesso.
Altrettanto dura è la maggioranza di centrosinistra: «Così si infanga la memoria di quei sambenedettesi che hanno permesso alla città di crescere – si legge in un comunicato congiunto –, viaggiando in ogni angolo del mondo per trovare il proprio spazio, dall’America all’Europa settentrionale, fino all’Africa e all’Asia».
San Benedetto, in effetti, è storicamente una città aperta: tra marinai che hanno navigato in lungo e in largo per il mondo e una grande percentuale di lavoratori al porto con il passaporto extracomunitario. Negli ultimi mesi, però, in strada tira una brutta aria: le aggressioni notturne si sono moltiplicate, e i discorsi sull’immigrazione stanno assumendo toni sempre più violenti. Che, presto o tardi, qualcuno sarebbe passato dal delirio da bar alle vie di fatto non può certo rappresentare una sorpresa, soprattutto nei giorni in cui il vento dell’odio soffia fortissimo, da Tor Sapienza a San Benedetto del Tronto. Anche senza bisogno dei Buzzi di turno
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