In un’intervista a Federico Fubini di ‘Repubblica’, l’economista
renziano Yoram Gutgeld anticipa la fase due: «Per ora non potevamo, ma
l’anno prossimo vogliamo affrontare una legge di rappresentanza
sindacale che permetta alle aziende di facilitare i negoziati di secondo
livello. È fondamentale che un’azienda in crescita possa offrire di più
ai suoi lavoratori». E – chiede Fubini – che una in crisi possa
offrire di meno? «Anche, se serve a evitare i licenziamenti», risponde
Gutgeld.
Et voila: questo accade, quando si gioca solo in difesa,
quindi si prendono gol. Appena ne ha segnato uno, la squadra avversaria
vuole farne subito un altro. Sicché, ottenuto il licenziamento facile,
si parte verso lo svuotamento dei contratti nazionali: agli imprenditori
più furbetti o avidi – non pochi, purtroppo, in Italia – non costerà
fatica dirottare liquidità in qualche altra azienda o semplicemente
altrove, piangere miseria e ottenere stipendi più bassi.
Il tutto in un Paese, uno dei pochi in Occidente, dove non esiste una
legge che stabilisca la paga minima oraria: quindi l’asticella del
salario potrà nel caso essere abbassata indefinitamente verso il
pochissimo, sempre con l’alibi del “sennò dobbiamo licenziare”.
Questo accade, dicevo, quando si gioca solo in difesa. Quando ci si
trincera a difendere pezzetti e pezzettini, “abbiamo evitato danni
peggiori”, “abbiamo fatto passare un buon emendamento”, “abbiamo votato
la legge altrimenti arrivava la Troika”.
Chissà se sono balle in cattiva fede o è stupidità congenita, antica attitudine alla mediazione al ribasso.
Di fronte al Jobs Act – lo capisce anche un ragazzino – la battaglia
non andava condotta per “migliorarlo”, per “temperarlo”, ma spostando
tutto il dibattito (politico, mediatico, parlamentare) su un altro
piano: reddito minimo garantito universale, diritto alla
riqualificazione professionale gratuita, salario orario minimo,
introduzione del reato di molestie morali e di pressioni psicologiche di
qualunque dirigente verso un sottoposto in qualsiasi organizzazione
aziendale (unico deterrente al nuovo clima che da domani respireranno i
dipendenti assunti con i nuovi contratti), norme severe contro i falsi
tirocini e i falsi stage (lo sapete che il giorno di Natale, nella
profumeria della stazione Termini, lavorava una ragazza con il
cartellino con il nome di battesimo e la qualifica “stagista”? il giorno
di Natale?). E molto altro, naturalmente: per esempio tasse di
successione, che le nostre sono tra le più basse del mondo, e pure se da
una riforma di tipo vagamente scandinavo si incassassero solo poche
decine di milioni l’anno sarebbe comunque un bel segnale in
controtendenza.
Ciccia.
Abbiamo la destra economica più vorace d’Europa: Sacconi, Ichino,
Gutgeld. E la sinistra più incapace di risponderle. Sul piano culturale e
politico, quindi anche su quello di mobilitazione delle persone, qua
fuori. Persone che su temi come garanzie universali, salario orario
minimo, diritto al rispetto dei subalterni nei rapporti di lavoro e
proibizione delle forme più estreme di sfruttamento si sentirebbero con
ogni probabilità molto più coinvolte rispetto al triste e perdente gioco
in difesa per rendere un po’ meno violento il Jobs Act.
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