Alcune
considerazioni/riflessioni mentre ci massacriamo e ci ubriachiamo di
indignazione per l'ennesima inchiesta giudiziaria che scoperchia
l'ennesimo caso di connessione tra criminalità, politica e affari
(questa volta con la direzione, peraltro non una novità per Roma, di
residuati fascisti) con il coinvolgimento bipartisan, per l'ennesima
volta, dei protagonisti politici dell'ultimo ventennio di storia
italiana: il PD e e il PDL.
Primo. Ormai
dovrebbe essere chiaro a tutti che la degenerazione morale e criminale
della vita politica, sociale, economica non è determinata dalla
deviazione di singoli individui, da una casta corrotta che va sostituita
con nuovi elementi provenienti da una società civile intrinsecamente
sana (qui sta la debolezza dell'analisi grillina e travaglina a cui pure
va riconosciuta la coerenza ed il coraggio della denuncia del
malaffare), dall'insufficienza di regole e di strumenti di controllo e
di prevenzione. Qui siamo di fronte ad un sistema – quello dell'economia
di mercato - che contiene in sé i germi della corruzione politica ed
economica. Quando le decisioni politiche e l'impiego dei fondi pubblici
può determinare enormi arricchimenti e vantaggi a favore di soggetti
privati questi saranno disposti a comprare, con le buone e con le
cattive, chi detiene il potere di spesa e di determinarne la propria
fortuna. E se c'è qualcuno disposto a comprare ci sarà sempre qualcuno
disposto a vendersi, anzi la selezione della classe dirigente avverrà in
funzione della contiguità e dell'arrendevolezza nei confronti dei
torbidi interessi in gioco (la ricattabilità è uno dei requisiti
fondamentali per essere cooptati nei ruoli politici).
Secondo. Si può discutere se l'Italia sia più corrotta degli altri Paesi dell'Occidente: secondo alcune valutazioni è così (rif. Transparency International), altri studi negano questo assioma (rif. Panorama sulla
corruzione in Germania). Certamente esiste una specificità italiana che
sta nel peso senza pari delle mafie e nella scarsa riprovazione morale
che una parte non piccola dell'opinione pubblica esercita nei confronti
dei personaggi coinvolti negli scandali. Ma il sistema delle lobbies
americane, i finanziamenti concessi per sostenere questa o quella
campagna elettorale e che poi si riflettono nelle disposizioni
legislative che vengono approvate non è una forma – legalizzata ed alla
luce del sole – di corruzione? E le direttive della Commissione Europea
non seguono gli stessi condizionamenti del grande potere economico? Come
definire infine il sistema fiscale vigente a livello europeo e globale
che consente alle multinazionali di eludere legalmente le imposte
scegliendo la propria sede principale in funzione dei vantaggi fiscali?
Non è il caso allora di cominciare a riconoscere che la corruzione e lo
spreco intollerabile di risorse pubbliche è intrinseco al sistema
capitalistico? E che in queste condizioni non è più possibile continuare
a parlare di democrazia? La crisi della Politica nasce proprio da qui:
dalla trasformazione dei membri delle istituzioni rappresentative in
meri esecutori delle direttive del grande potere economico e di entità
private che non sono espressione della volontà popolare.
Terzo. Dietro
le svolte politiche, dietro le conversioni sulle 'vie di Damasco' della
governabilità e della società liberale (con annesse privatizzazioni e
dismissione della presenza pubblica nell'economia), evidenti tradimenti
sul piano dei principi ideali e morali ma giustificati dalle razionali
ragioni del mercato e della crescita, ci sono spesso, o quasi sempre,
squallidi interessi personali. Se il PCI nell'arco di un ventennio si è
evoluto dal partito della questione morale berlingueriana in un PD i cui
esponenti siedono al tavolo con fascisti e criminali è assai arduo
pensare che tutto ciò dipenda da una spontanea e sincera, ancorché
discutibile, revisione ideologica.
Quattro. La vicenda di “mafia capitale” mi ha indotto a due associazioni di idee. Anzitutto con la lettera disperata e tragica della
madre di un disabile psichico che denuncia l'abbandono da parte delle
strutture pubbliche. E poi con la questua settimanale che divi dello
sport e dello spettacolo conducono su tv e giornali per raccogliere
fondi per le vittime delle catastrofi, per la lotta contro, il cancro,
l'aids, l'alzheimer, la povertà e le mille altre piaghe dell'umanità. Da
un lato cioè si smantella il ruolo della Pubblica Amministrazione – la
scuola, la sanità, l'assistenza sociale, la ricerca, la protezione
civile, i servizi essenziali erogati a prezzi politici – e dall'altro si
pretende di sostituire i diritti con la carità che è una nobile scelta
individuale ma che certo non può diventare la soluzione ai problemi
collettivi anche perché individua i propri beneficiari in modo casuale e
non continuativo.
La logica che sta dietro
a questo sistema è proprio quello di lasciare il campo libero al
privato ma mentre i promotori delle iniziative sociali all'amerikana
acquistano prestigio e ruolo sociale (e chissà cos'altro) i cittadini
restano nudi di fronte alle tragedie della vita senza nemmeno un ufficio
'competente' a cui potersi rivolgere.
Il caso eclatante è
quello della colletta alimentare: Comunione e Liberazione ha dato il
sostegno politico ai governi che hanno condotto lo smantellamento dello
Stato sociale ed ora il suo braccio 'economico', la Compagnia delle
Opere, promuove la raccolta di derrate alimentari per lenire la
situazione dei poveri. Ma torna alla memoria anche il caso del centro di accoglienza 'lager' gestito da una Coop 'rossa' a Lampedusa.
La chiamano sussidiarietà ed è parte della dottrina sociale della Chiesa cattolica: secondo
questo principio, se i corpi intermedi (famiglie, associazioni, ecc.)
sono in grado di svolgere una funzione sociale o di soddisfare un
bisogno del cittadino (per esempio l’istruzione, l’educazione,
l’assistenza sanitaria, i servizi sociali, l’informazione), lo Stato non
deve privare queste "società di ordine inferiore" delle loro
competenze, ma piuttosto sostenerle - anche finanziariamente - e al
massimo coordinare il loro intervento con quello degli altri corpi
intermedi.
Un principio – dare la
priorità alla capacità di auto-organizzarsi dei cittadini – che in linea
teorica si potrebbe anche condividere: la realtà, quella che possiamo
vedere e toccare con mano tutti i giorni, è però ben diversa.
Quinto. Se
si vuole davvero combattere la corruzione e gli effetti devastanti -
politici, economici, sociali - che essa produce si devono reinternalizzare all' interno
della pubblica amministrazione i servizi sociali e l'esecuzione dei
lavori pubblici. Non vi è alcuna ragione razionale e di convenienza
economica per affidare a dei privati, anziché a strutture pubbliche
fatte di dipendenti pubblici soggetti alle regole ed ai controlli della
pubblica amministrazione, quanto più possibile di ciò che viene pagato
con i soldi dei cittadini: dai centri di accoglienza alle strutture
residenziali, dai servizi di pulizia e di guardiania alla manutenzione
delle strade e degli edifici, dalla realizzazione di opere
infrastrutturali alla raccolta dei rifiuti e via discorrendo. Perché
l'unica ragione che emerge in tale scelta è la volontà deliberata di
arricchire il privato che vince l'appalto e il politico che glielo fa
vincere: la conseguenza sono la dissipazione di soldi pubblici e
l'insufficienza e la scarsa qualità dei risultati per la collettività.
La reinternalizzazione
deve riguardare evidentemente anche il mondo delle partecipate e delle
municipalizzate che è un'altra breccia attraverso cui, grazie alla
trasformazione in società di diritto privato, si sono fatti passare
arricchimenti personali e l'inquinamento della vita politica con
assunzioni e appalti irregolari. E chi stigmatizza le perdite di
esercizio delle società che gestiscono i servizi pubblici locali ignora
o, meglio, fa finta di ignorare che queste erogano alla cittadinanza
beni e servizi essenziali: l'acqua, l'elettricità, i trasporti, la
raccolta dei rifiuti. Si tratta cioè delle cose che costituiscono le
condizioni minime per la vita dei cittadini ed in quanto tali non devono
produrre profitti ma essere garantite nella continuità
dell'accessibilità e dunque erogate ad un prezzo sociale e politico
della cui copertura può e deve farsi carico la fiscalità generale.
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