Questione
di vita o di morte. Con tutta probabilità la sinistra italiana ed
europea si troverà presto di fronte a un possibile momento di svolta che
ne deciderà la riemersione o la scomparsa definitiva dopo un lungo
coma. Da una parte ci sarà la possibilità di riunirsi attorno a una
grande battaglia interna ed esterna contro la finanza globale,
dall’altra quella di farsi atrofizzare del tutto da divisioni e pochezza
di strategia.
L’occasione sarà data dalla Grecia ( vedi qui )
dove probabilmente si arriverà ad elezioni anticipate e dove, sempre
che non accadano fatti anomali, Syriza ha buone probabilità
di conquistare la maggioranza assoluta o quasi grazie proprio ai premi
di maggioranza a suo tempo imposti dalla troika per permettere alla
destra di governare indisturbata. Se questo dovesse accadere è evidente
che Tsipras, nonostante la moderazione istituzionale e monetaria
espressa in questi anni, non si sa quanto tattica o strategica o
semplicemente dilatoria, non avrà che due strade davanti a sé: o
nell’impossibilità certa di cambiare l’Europa si dovrà arrendere alla
troika, oppure si troverà a gestire una rottura con la Ue che è temuta
non tanto per la piccola Grecia, quanto per l’effetto domino che
innescherebbe.
Le parole di Juncker in questi giorni, le lodi al job act sparse a
piene mani dalla Lagarde nel suo viaggio italiano, le chiarissime
manipolazioni numerico – statistiche attuate negli Usa per simulare
una ripresa ( vedi qui
), ci suggeriscono che non esiste più un vero territorio di
contrattazione e che ormai la macchina liberista agisce come uno
schiacciasassi: l’altra Europa all’interno di queste istituzioni e di
questa rete di potere è solo un’espressione linguistica. Ed è chiaro che
il fallimento di Tsipras sarebbe la morte per irrilevanza della
sinistra su tutto il continente.
Contemporaneamente però questa è
un’occasione per le sinistre che si aggirano spaesate di ritrovare
l’iniziativa, di essere finalmente qualcosa per sostenere il leader e il
popolo greco difendendoli in tutte le sedi e con tutti i mezzi leciti
contro le reazioni di Bruxelles e anche contro le tentazioni di cedere
ai ricatti, contro la possibile assenza di un piano per permettere alla
Grecia di sottrarsi al massacro pianificato.
Dal momento che saranno i fatti stessi a parlare, le divisioni
accademiche e di principio sulla chimerica altra Europa, su sovranismo e
internazionalismo, dovrebbero passare in secondo piano, perché la loro
continuazione di fronte alla realtà sarebbe già di per sé una
disfatta storica che consegnerebbe alle destre in maniera irrimediabile
la protesta e la speranza di riscatto. Dirò di più se il tentativo di
Tsipras di sottrarsi alle grinfie della Troika fosse appoggiato anche da
destre nazionaliste tipo Le Pen non me ne farei un problema, perché
questo contribuirebbe a renderle meno ultima spiaggia e anzi finirebbe
per mostrarne più chiaramente i limiti di progetto rispetto al
liberismo.
Naturalmente tutto questo vale anche per la Spagna e per Podemos,
anche se lì si tratta di una formazione con meno di un anno di vita e
probabilmente più esposta a colpi di coda e infiltrazioni interne. In
ogni caso è evidente che se ci si sottrarrà con una scusa o con un’altra
alla battaglia di Grecia, se ancora una volta di fronte a uno snodo
storico prevarranno esitazioni, distinguo, illusioni, prudenze di altri
tempi possiamo scrivere la parola fine su una lunga storia.
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