mercoledì 24 dicembre 2014

“Frattura Molisana”, considerazioni sull’ultima puntata di Report di Maurizio Acerbo


“Frattura Molisana”, considerazioni sull’ultima puntata di Report
Il servizio di Report sulla degenerazione clientelar-affaristica e il trasformismo che caratterizzano la politica in Molise, e in particolare le vicende dell’attuale Presidente della Regione Frattura passato disinvoltamente dalle file del centrodestra a quelle del PD, si presta a qualche riflessione e anche a un meritato esercizio di orgoglio rifondarolo.
Consiglio a tutti di vedere il servizio di Report intitolato Frattura Molisana. E’ davvero divertente e i personaggi degni di un film della migliore commedia all’italiana.
Credo che Rifondazione Comunista possa rivendicare con orgoglio di essere stato l’unico partito della sinistra in Molise a non appoggiare il candidato presidente Frattura pagandone le conseguenze con l’esclusione dal Consiglio Regionale.
Infatti nelle elezioni regionali del 2013 a sostegno dell’esponente di centrodestra e sodale del governatore Michele Iorio si schierarono anche l’IdV di Di Pietro, SEL e il PdCI.
I nostri compagni di Rifondazione Comunista costruirono insieme a settori di movimento e dell’associazionismo una lista denominata Rivoluzione Democratica che non poté neanche utilizzare il logo di Rivoluzione Civile di Ingroia visto che gli altri partiti alleati in quel cartello elettorale in Molise erano accorsi in soccorso del vincitore.
E’ emblematico il fatto che mentre “la sinistra politica” entrava per gran parte nel caravanserraglio guidato da Frattura, persone attive nella cittadinanza attiva, nell’associazionismo cattolico, nei movimenti si ritrovavano con Rifondazione Comunista nella costruzione di una lista alternativa.
Per la candidatura a presidente di Rivoluzione Democratica la scelta cadde sul responsabile regionale di Pax Christi Antonio De Lellis, una personalità del mondo cattolico da sempre attiva nei movimenti per l’acqua e i beni comuni, nel pacifismo, nella solidarietà internazionale che non esitò a esporsi in prima persona.
Nonostante l’impegno dei nostri compagni e le qualità del candidato presidente il risultato non fu certo esaltante: l’1,29%, anche perché si trattava di una lista costruita in fretta e con un simbolo difficilmente riconoscibile.
I “professionisti della sinistra” direbbero che si è trattato solo di testimonianza, come si usa fare da tempo ogni qual volta qualcuno in questo paese fa una battaglia controcorrente o in condizioni avverse. Si omette sempre in questi casi di ragionare sul fatto che se gli altri partiti di sinistra fossero stati dal lato giusto della barricata il risultato poteva essere diverso o comunque la battaglia meno difficile.
Alcune considerazioni possono essere facilmente dedotte da questa vicenda.
Se la scelta dei nostri compagni era solo “testimonianza” come qualificare quella di chi sostenne un personaggio come Frattura?
Risulta una retorica francamente indigeribile quella di quanti si riempiono la bocca con la questione morale di Berlinguer e poi in ogni occasione in cui bisogna fare una battaglia la sacrificano agli interessi di bottega, cioè la più facile elezione con le leggi elettorali vigenti e la partecipazione all’amministrazione (e troppo spesso al sottogoverno). Come qualificare la scelta di sostenere un candidato presidente proveniente da Forza Italia, imprenditore organico al sistema di potere affaristico-clientelare dell’assai discusso Iorio?
Nel caso del Molise, come più recentemente nel confinante Abruzzo, la questione morale era evidente a occhio nudo e quindi la necessità per la sinistra di presentarsi autonomamente dal PD doveva e poteva essere condivisa persino dai più tenaci e affezionati sostenitori delle coalizioni di centrosinistra. Invece dall’IdV di Di Pietro (che tra l’altro giocava in casa) a Sel e al PdCI in entrambi i casi si son chiusi entrambi gli occhi. La “frattura molisana” è stata anche quella tra gran parte dei partiti della sinistra e la questione morale. Frattura che non è purtroppo limitata a quella piccola regione.
Se tra i cittadini è così diffusa la cosiddetta antipolitica e tanta parte dello stesso “popolo di sinistra” si è diretto negli ultimi anni verso Grillo o l’astensione questo genere di comportamenti e la logica che li ha giustificati non ne porta pesanti responsabilità?
Dovrebbe far riflettere il fatto che persone attive nei movimenti e nell’associazionismo si ritrovino con noi di Rifondazione Comunista nella costruzione di esperienze di netta alternativa come in Molise mentre quelli che dovrebbero rappresentare “la sinistra politica” ci hanno quasi sempre lasciato soli.
La sinistra in generale dovrebbe interrogarsi sul perché un dirigente di Pax Christi come Antonio De Lellis dimostri maggiore combattività sulla questione morale di un personale politico che si dichiara erede di Berlinguer e in alcuni casi persino di Lenin. Ci sono certo elementi di complicità e contiguità con certi sistemi di potere (qualche briciola di sottogoverno e clientelismo fa sempre comodo), convenienze personali (in alleanza è molto più facile essere eletti), ma non basta questo.
Ci sono tanti dirigenti e militanti disinteressati che hanno condiviso questo genere di scelte o non le hanno combattute per una malintesa visione del realismo politico che si è trasformata in un cinismo che li rende capaci di digerire qualsiasi porcheria. Tra l’altro scelte di questo genere non sono state prese soltanto a livelo locale. Tutti i partiti seguono centralmente la costruzione della alleanze nelle regioni e intervengono almeno per cercare di indirizzare in una certa direzione. Questa linea di allearsi a tutti i costi col PD è stata davvero realistica o non ha nuociuto alla credibilità complessiva della sinistra e dello stesso ormai defunto centrosinistra?
Fortunatamente c’è nella società italiana un grande numero di compagne e compagni senza tessera di partito, e spesso non provenienti nemmeno da una militanza in organizzazioni della sinistra, che condividono con noi valori e principi e soprattutto la necessità di una politica alternativa rispetto alla prevalente degenerazione della vita pubblica. Che non solo sentono il bisogno di programmi radicalmente alternativi al neoliberismo bipartisan di cui il PD è diventato il più forsennato propugnatore ma che ritengono la necessità di rompere con sistemi di potere clientelari e affaristici un imperativo categorico.
Non si offenda nessuno ma questi cittadini, spesso provenienti dal mondo cattolico o dall’ambientalismo, mi sembra che sentano l’urgenza di una coerente battaglia sulla questione morale assai più dei professionisti del comunismo o della sinistra sempre pronti a subordinarla a ragionamenti politicisti e alla convenienza immediata. Ovviamente vanno evitate generalizzazioni perché nel terzo settore come tra le associazioni ambientaliste e persino in aree di movimento ci è capitato di registrare un cinico rapporto con certi sistemi di potere e un’ampia propensione politicista volta a garantirsi la sopravvivenza economica (il caso Roma suggerisce più di una riflessione ma non è questa la sede).
Per costruire una soggettività unitaria in primo luogo dobbiamo avere come nostri interlocutori quelli che, come accaduto in Molise, condividono con noi la concretezza delle battaglie e dei comportamenti assai più di super-comunisti o poetici innovatori sempre pronti all’alleanza col PD persino nelle situazioni più indifendibili sul piano della questione morale (tra l’altro solo se poggia sulla partecipazione dal basso un soggetto unitario può evitare di rompersi a ogni elezione amministrativa in cui il PD strizzi l’occhio a sinistra).
Indignarsi non basta, come giustamente segnalava Ingrao in un libro intervista, ma se non si è più capaci neanche di indignarsi non ci si lamenti se gli indignati volgono le spalle alla sinistra (e purtroppo per la maggioranza quella lì è la sinistra!). Indignarsi non basta certo. Bisogna affrontare la questione morale sul piano politico, bisogna trasformare l’indignazione in progetto politico di trasformazione. Per farlo l’esercizio dell’indispensabile pazienza unitaria tra i partiti di quel che rimane della sinistra non può tradursi in pratiche che risultino escludenti proprio di chi esprime con maggior intensità il desiderio e il bisogno di rottura e cambiamento.
Proprio l’esperienza molisana, in cui “Rivoluzione Democratica” è proseguita naturalmente nel progetto dell’Altra Europa con Tsipras, dimostra che l’unità della sinistra non può essere un cartello elettorale tra partiti esistenti ma deve essere un processo al quale tutte e tutti possano aderire e dentro il quale si possa essere a pieno titolo partecipi delle discussioni e delle decisioni.
Intanto onore al merito alle compagne e ai compagni del Molise.
Di Rivoluzione Democratica c’è ancora bisogno – e non solo in Molise! – come dimostra il servizio di Report.
fonte: Sandwiches di realtà

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