Ha fatto bene il segretario generale della Fiom Maurizio
Landini ad invitare la Cgil a manifestare a Pomigliano il prossimo 14
novembre. La misura è colma stavolta. E la Cgil deve prenderne
coscienza. Il movimento sindacale deve mettere alcuni paletti. E li deve
piantare con forza. Il ricatto che stanno subendo i lavoratori di
Pomigliano è davvero straordinariamente feroce. Dispiace che tra le
reazioni dei leader sindacali si faccia fatica a rintracciare quella del
segretario generale della Cgil Susanna Camusso che, forse, di fronte a
una enormità come questa, qualcosina avrebbe potuto anche dirla. A
parlare per la Cgil è stata Elena Lattuada.
Non è più possibile pensare che tanto prima o poi arriverà un momento
in cui la tendenza si invertirà. Arriverà la crescita e le cose
cambieranno? Il punto interrogativo è d’obbligo. Non è più possibile
pensare che l’emergenza può essere gestita colpo su colpo. Con la
vicenda di Pomigliano e del reintegro degli iscritti Fiom, di cui erano
arrivate precise avvisaglie forse colpevolmente ignorate dal sindacato e
dal mondo politico, abbiamo toccato il fondo. E’ arrivato il momento di
reagire non su una singola vertenza o slogan ma rispetto alla durezza
della sfida. C’è un argomento sostanziale a sostegno di questa tesi: i
padroni si sentono padreterni. E nel sentirsi padreterni perdono il
senso della misura. E inevitabilmente ci stanno portando verso lo
sfascio, perché è noto che il capitale nella sua lucida follia non ha
uno straccio di progettualità e di obiettivi. I padroni credono che sia
tutto possibile e che tutto gli debba essere concesso in nome di non si
sa bene cosa.
A leggere il comunicato della Fiat c’è da rimanere basiti. Si
invocano non meglio precisate crisi di mercato. Ora va bene tutto. Va
bene che la Fiat faccia il suo “gioco sporco”, per carità. Sporco,
perché colpisce al cuore la dignità delle persone spacciando la miseria
per sviluppo. Non va bene scrivere le prime castronerie che passano per
la mente cercando pezze d’appoggio alla bassezza umana. Quando è stato
fatto il grosso delle assunzioni a Pomigliano si era in piena crisi.
Eravamo nel primo trimestre di quest’anno. Si sapeva benissimo a cosa si
stava andando incontro. E’ lì che è stato deciso di tenere fuori gli
iscritti alla Fiom. Tutti fuori. Perché non si è aperta una procedura di
mobilità allora? Perché non si sono rispettate le proporzioni ben
sapendo che la discriminazione è una delle violazioni, peraltro rimasta,
dell’Articolo 18? Se, invece, della crisi non si aveva alcuna
avvisaglia ciò costituisce un motivo in più per non discriminare gli
iscritti Fiom perché allora la loro esclusione sarebbe suonata
doppiamente colpevole. Allora la politica, perfettamente al corrente
della faccenda, non volle intervenire. E sentire oggi alcuni sepolcri
imbiancati soprattutto nel Pd fa venire il voltastomaco. Dove eravate
allora signori liberisti un po’ cialtroni? Al di là di questo, che
sembra un particolare di poco conto, l’azione della Fiat è stata
intenzionale e non si può oggi invocare l’azione casuale della crisi
economica.
Il metodo del ricatto, poi, è veramente al di là del bene e del male.
Mettere gli operai uno contro l’altro è stata una operazione che i
padroni hanno sempre fatto. Mettere la vita di un operaio, perché di
questo stiamo parlando in quella situazione di grande povertà, contro
quella di un altro, ha un ché di nazistoide che davvero ci fa ribollire
il sangue. Stiamo scadendo al di sotto dei livelli minimi della
convivenza civile. Ripeto, questa vicenda era già scritta nella
“petizione” fatta girare pochi giorni fa tra le linee. E’ stata ignorata
praticamente da tutti, pensando che fosse una bega tra lavoratori.
Nemmeno più nelle carceri o nelle istituzioni estreme, credo, sia più in
auge una pratica carognesca come questa.
Marchionne non vuole solo degli schiavi da spremere fino all’ultima
goccia di sudore. Pretende persone senza dignità capaci di denunciare il
proprio vicino per mezza parola detta durante un momento di sfogo.
Questa è una guerra. Ma allora di quale Costituzione e di quale
contratto parliamo. Perché non adottiamo il codice di guerra e andiamo
avanti tranquilli così? Basta con questa ipocrisia, che si chiamino le
cose con il loro nome. Viene da ridere a pensare quante volte il signor
Sergio Marchionne si è sciacquato la bocca con la parola democrazia,
magari davanti a sua Altezza Re Giorgio Napolitano che su tutta questa
vicenda, nonostante lui sia il garante della Costituzione Repubblicana,
continua ad osservare il più stretto riserbo. I partigiani, se la parola
non la disturba signor presidente della Repubblica, non sono morti per
questo scempio. Un illustre costituzionalista, non certo sospettabile di
essere un pericoloso comunista, un giorno ebbe a dire che nello schema
di Fabbrica Italia i sindacati si trasformano in “poliziotti”. Questo
costituzionalista si chiama Gustavo Zagrelbesky. E quando pronunciava la
sua analisi era lieto e tranquillo.
I padroni in pieno delirio di onnipotenza fanno paura non per la loro
forza ma per la loro debolezza. Stanno reagendo in modo rabbioso di
fronte alla loro manifesta impotenza. Ci stanno trascinando in un
baratro da cui sarà difficilissimo emergere. Così non usciamo dalla
crisi, tutt'altro. Dopo Berlusconi che ha innalzato il mignottame a
dignità di corte ora il padronato smisurato porta la barbarie come
“regola” di convivenza. Ecco l’Italia che ci ha regalato il liberismo.
Auguri a tutti
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