L’ultimo,
recente libro di Anna Maria Rivera (“Il fuoco della rivolta. Torce
umane dal Maghreb all’Europa”, Dedalo editore), affronta il fenomeno,
sempre più diffuso, delle”torce umane”, della”autoimmolazione pubblica”,
a partire da quella di Mohamed Bouazizi, che si inserisce, in maniera
politicamente sconvolgente e socialmente trainante, all’interno del
sommovimento che conduce alla rivoluzione tunisina del 14 gennaio.
Straordinario è, nel libro, il lavoro di inchiesta,
documentazione, la passione per la conoscenza del fenomeno. I suicidi
non sono una fredda casistica, ma vengono nominati, perché dietro ogni
nome vi è una narrazione individuale e collettiva, una propensione, un
bisogno, una umana tragedia. Condivido la tesi principale del libro:
esibire in pubblico il proprio corpo divorato dalle fiamme per
testimoniare, denunziare, non è una delle tante maniere in cui gli
esseri umani si danno la morte, perché, in contesti differenti ma di
volta in volta definiti, diventa “un fatto sociale totale”. Vi è una
connessione tra rivolta spontanea e autoimmolazione (essa diventa forma
stessa del conflitto sociale). Vi è una triade da tener presente:
autoimmolazione/dignità/sfida al potere.
Ho conosciuto e vissuto, ovviamente, avvenimenti simili:quello, tra i
tanti, che più direttamente ho attraversato con emozione,
partecipazione, voglia di capire, è stato il lasciarsi morire nelle
carceri dell’imperialismo inglese di Bobby Sands (ne discutemmo a fondo
anche con Adams, dirigente del Sinn Fein, che era suo fratello di lotta e
che candidammo, nelle elezioni europee, nelle liste di Democrazia
Proletaria). Parlo, ovviamente, di un conflitto sociale aspro che, oggi,
si dipana dentro la semischiavitù imposta da quella rivoluzione
capitalistica reazionaria che chiamiamo globalizzazione liberista, che
aliena e mercifica in maniera pervasiva e in misura totalizzante e che
si caratterizza per la messa in discussione delle vite stesse (cosa
altro rappresenta la dicotomia lavoro/salute all’Ilva di Taranto?). Il
Mediterraneo è un sacrario di vite distrutte, immolatesi nella ricerca
di una esistenza dignitosa. Il conflitto sociale (questo è il tratto
della contemporaneità) mette in gioco il corpo stesso di chi protesta.
Abbiamo visto minatori a 400 metri nelle viscere della terra, operai,
ferrovieri, precari, docenti universitari, migranti, in alto, in fuga
verso il cielo, sulle gru, sui tetti, aggrappati alle ciminiere più
alte. Sono corpi che urlano ribellione, rivolta, indignazione. Il gesto è
il recupero della dignità che il capitale calpesta. Le torce umane,
dunque, corpi che si autoimmolano, alludono al fuoco della rivolta.
Rivera ci offre anche una approfondita e preoccupata elaborazione sulla
rivoluzione tunisina. Nella rivoluzione tunisina (ci spiega), le torce
umane della rivolta “hanno acceso e generalizzato l’insurrezione
popolare, ma sono anche segnali luminosi che indicano i lati oscuri del
cammino post/rivoluzione. ”Non a caso, in Tunisia, la rivoluzione e la
controrivoluzione si manifestano e parlano al mondo entrambe con una
torcia umana, che assurge a paradigma: Bouazizi, da un lato, moltiplica e
catalizza la rivolta popolare; dall’altro lato, la controrivoluzione si
rende palese, nella sua gravità, in coincidenza con il suicidio di un
blogger, Karim Alimi,che si suicida nella notte tra il 15 e il 16 giugno
2012. Era una delle voci più limpide dell’opposizione al regime e della
rivolta. Era angosciato per gli esiti della transizione. Vi è, insomma,
una dialettica tra un atto singolare ed un valore collettivo. Non è
solo “scintilla” che accende l’insurrezione ma parte integrante di un
ciclo storico di sommovimenti sociali e politici. L’autoimmolazione
(secondo Rivera) è solo, in contesti dati, uno degli elementi di una
dialettica complessa tra colui che si immola, coloro che rivendicano e
insorgono,le masse che li sostengono,i loro avversari, i media e i
cyberattivisti che sfuggono alla censura del potere. L’autrice cita un
passo molto significativo di Baudrillard in cui egli sostiene che il
suicidio, in alcune condizioni, è ”forma stessa della sovversione”.
Perchè "ogni individuo è una particella di capitale, non gli è concesso
il diritto di distruggere se stesso. E' contro questa ortodossia del
valore che il suicida si ribella,distruggendo la particella di capitale
di cui dispone". Quando non si hanno interlocutori pubblici, per
lamentarsi di un torto subito e rivendicare una riparazione, la morte
volontaria esibita diviene, paradossalmente, il solo modo per "prendere
parola".Ormai, occorre non negare il fenomeno rimuovendolo, le fiamme
dei "martiri" lambiscono anche l'Europa. Le sponde del Mediterraneo si
avvicinano (e anche Israele è coinvolta). Certo, le statistiche ci
parlano di numeri molto inferiori, rispetto all'Oriente e ai paesi del
Maghreb; ma la tendenza disegna il tratto del cambiamento anche in
Europa, come effetto della depressione e della deprivazione di senso,
della crisi organica del modello di civiltà. L'eurocentrismo liberista
(e i suoi massmedia) tenta di nascondere il fenomeno censurando gli
avvenimenti. All'interno della globalizzazione, peraltro, fenomeni di
radicale critica dell'esistente, del potere, che sembrano appartenere ad
altre culture ed alle dolenti periferie del mondo, diventano nostro
vissuto quotidiano. Le "torce umane", anche qui da noi, ci parlano della
morte della politica, reclamano una politica alternativa, che sappia
raccogliere il grido strozzato. Esse ci indicano un percorso
ineludibile: basta con i politicismi, con le astruse alchimie delle
politiche di palazzo, ripartiamo dalle anime e dai corpi dolenti, che
pretendono organizzazione del conflitto e della speranza collettiva.
Solo cosi gesti individuali e simbolici possono essere evitati perchè
riassorbiti dentro l'alveo di una soggettività critica organizzata.
Rivera riprende,alla fine,giustamente(ed io con lei)la proposta fatta a
settembre da Checchino Antonini, di intitolare piazza Montecitorio ad
Angelo Di Carlo, il militante ecologista che,ad agosto, si è
autoimmolato dinanzi alla sede della Camera. La stampa ha nascosto il
suo grido di protesta e di dignità. Ma noi perchè siamo cosi inerti?
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