Intervista a Luca Casarini: «Insieme contro l’austerity. Dobbiamo sparigliare le carte per costruire un’alternativa al populismo»
Luca Casarini ha firmato l’appello per la formazione di una lista che appoggi la candidatura di Tsipras alle elezioni europee. In molti hanno notato la sua firma, restando stupiti di trovare il nome di un militante che ha sempre manifestato poco interesse per gli appuntamenti elettorali.
Casarini, i suoi storici compagni dei centri sociali del nordest, dell’Emilia e delle Marche, pur giudicando politicamente importante l’elezione di Tsipras al Parlamento Europeo, hanno dichiarato di non voler entrare in nessun percorso elettorale. Lei invece ha firmato l’appello per una lista per Tsipras alle europee. Come mai?
Io non sono più né il portavoce né un militante dei centri sociali. Le mie vicende personali mi hanno portato altrove, a Palermo, dove vivo. Quella di prima rimane una parte fondamentale della mia storia, di cui andrò sempre fiero, ma in questa occasione ho fatto una scelta diversa, anche se continuo a pensare i movimenti non li rappresenta nessuno.
Ho deciso di aderire all’appello lanciato da Barbara Spinelli e altri perché ritengo che lo spazio politico europeo sia un terreno di conflitto costituente, anche dentro le istituzioni. La proposta di Tsipras spariglia le carte, si mette di traverso all’azione sinergica degli euroscettici di destra e sinistra da una parte e della governance delle larghe intese dall’altra. Immette una possibilità che l’alternativa diventi un fatto politico concreto, che potrebbe dare spazio e forza a coloro che lottano per cambiare le cose in meglio. I liberisti stanno costruendo l’Europa della crisi dicendo che non c’è alternativa: noi dobbiamo spazzare via questa menzogna. E siccome l’alternativa è un processo complesso, dinamico, con contraddizioni che esplodono dal basso e dall’alto, bisogna impegnarsi tutti, ognuno a suo modo, per farla diventare un fatto concreto.
Io non sono più né il portavoce né un militante dei centri sociali. Le mie vicende personali mi hanno portato altrove, a Palermo, dove vivo. Quella di prima rimane una parte fondamentale della mia storia, di cui andrò sempre fiero, ma in questa occasione ho fatto una scelta diversa, anche se continuo a pensare i movimenti non li rappresenta nessuno.
Ho deciso di aderire all’appello lanciato da Barbara Spinelli e altri perché ritengo che lo spazio politico europeo sia un terreno di conflitto costituente, anche dentro le istituzioni. La proposta di Tsipras spariglia le carte, si mette di traverso all’azione sinergica degli euroscettici di destra e sinistra da una parte e della governance delle larghe intese dall’altra. Immette una possibilità che l’alternativa diventi un fatto politico concreto, che potrebbe dare spazio e forza a coloro che lottano per cambiare le cose in meglio. I liberisti stanno costruendo l’Europa della crisi dicendo che non c’è alternativa: noi dobbiamo spazzare via questa menzogna. E siccome l’alternativa è un processo complesso, dinamico, con contraddizioni che esplodono dal basso e dall’alto, bisogna impegnarsi tutti, ognuno a suo modo, per farla diventare un fatto concreto.
Tra i firmatari della lista Tsipras più di uno potrebbe storcere il naso a leggere che lei ha tre anni definitivi di condanna, cumulati in anni di lotte sociali e azioni di disobbedienza alle leggi…
La mia fedina penale, come quella di migliaia in Italia e in Europa, può aiutare a tenere la bussola contro l’idea assurda che le leggi siano sempre legittime. O che la giustizia dei tribunali corrisponda alla giustizia sociale. Non sono mai stato condannato per corruzione, razzismo, tangenti, mafia o altre porcherie. Ma perché ho lottato contro le ingiustizie, per un altro mondo possibile. Battersi contro l’austerity significa anche farlo contro le restrizioni dei diritti civili e sociali, la cui compressione è connaturata all’idea di Europa senza democrazia che ci vogliono imporre. Il giustizialismo è una grave patologia, che ha avuto come effetto quello di garantire l’impunità ai potenti e riempire le carceri di poveri.
La mia fedina penale, come quella di migliaia in Italia e in Europa, può aiutare a tenere la bussola contro l’idea assurda che le leggi siano sempre legittime. O che la giustizia dei tribunali corrisponda alla giustizia sociale. Non sono mai stato condannato per corruzione, razzismo, tangenti, mafia o altre porcherie. Ma perché ho lottato contro le ingiustizie, per un altro mondo possibile. Battersi contro l’austerity significa anche farlo contro le restrizioni dei diritti civili e sociali, la cui compressione è connaturata all’idea di Europa senza democrazia che ci vogliono imporre. Il giustizialismo è una grave patologia, che ha avuto come effetto quello di garantire l’impunità ai potenti e riempire le carceri di poveri.
Cosa pensi dell’idea di una lista della società civile?
Se si intende aperta e non ingabbiata nelle logiche dei partiti la condivido. Noto però manifestarsi un vizio ideologico nel definire la cosiddetta «società civile» come fosse un monolite, un’identità più che un territorio vasto, spesso sconosciuto, in continua modificazione. Rivolgerei lo sguardo e gli appelli alle persone, in carne ed ossa, che hanno storie diverse, bisogni concreti, speranze, sogni. Bisognerebbe decostruirla, questa società civile, sennò diventa anch’essa una specie di partito, con i suoi eterni leader che pensano di rappresentarla. Marcos, con molta ironia, scriveva i suoi comunicati indirizzandoli alla «Signora Società Civile». La «signora società civile» è però attraversata anche da pulsioni incivili e brutali.
Se si intende aperta e non ingabbiata nelle logiche dei partiti la condivido. Noto però manifestarsi un vizio ideologico nel definire la cosiddetta «società civile» come fosse un monolite, un’identità più che un territorio vasto, spesso sconosciuto, in continua modificazione. Rivolgerei lo sguardo e gli appelli alle persone, in carne ed ossa, che hanno storie diverse, bisogni concreti, speranze, sogni. Bisognerebbe decostruirla, questa società civile, sennò diventa anch’essa una specie di partito, con i suoi eterni leader che pensano di rappresentarla. Marcos, con molta ironia, scriveva i suoi comunicati indirizzandoli alla «Signora Società Civile». La «signora società civile» è però attraversata anche da pulsioni incivili e brutali.
C’è però il rischio che si ripeta l’insuccesso della lista Ingroia…
Essendo in Italia il rischio purtroppo è reale. Invece di cogliere l’occasione di una proposta che sarebbe vincente se fosse unitaria, ci si scanna a spaccare il capello. Non so molto di Rifondazione, ma sto seguendo il dibattito che si è aperto in Sel. L’appello per Tsipras è profondamente europeista. Nel senso che riconosce fino in fondo lo spazio politico europeo come spazio politico dove agire il conflitto. La figura di Tsipras, che probabilmente guiderà il prossimo governo greco, incarna la necessità di ridefinire la geografia delle storiche famiglie del progressismo europeo. Penso che Sel debba accettare la sfida e appoggiare questo percorso, mettersi a disposizione, senza porre condizioni che sono già superate dalla realtà. Per poter percorrere uno spazio nuovo, quello che loro chiamano «da Shultz a Tsipras», bisogna partire da un punto. Quindi li invito ad invertire il «tragitto»: da Tsipras a Shultz, sapendo che il secondo è l’avversario che si troverà davanti chiunque voglia mettere in discussione il fiscal compact, l’austerity, la logica del debito e del taglio al welfare. Sarà un avversario pieno di contraddizioni? Lo spero, ma dipende dai rapporti di forza che dobbiamo ancora costruire. L’idea di poter partecipare alla costruzione di una nuova sinistra euromediterranea che, attorno all’esperienza greca, reinventi l’Europa, a partire dai diritti sociali, dalla transizione ecologica, dai beni comuni e dal welfare, è abbastanza significativa da far passare in secondo piano qualsiasi altra questione.
Essendo in Italia il rischio purtroppo è reale. Invece di cogliere l’occasione di una proposta che sarebbe vincente se fosse unitaria, ci si scanna a spaccare il capello. Non so molto di Rifondazione, ma sto seguendo il dibattito che si è aperto in Sel. L’appello per Tsipras è profondamente europeista. Nel senso che riconosce fino in fondo lo spazio politico europeo come spazio politico dove agire il conflitto. La figura di Tsipras, che probabilmente guiderà il prossimo governo greco, incarna la necessità di ridefinire la geografia delle storiche famiglie del progressismo europeo. Penso che Sel debba accettare la sfida e appoggiare questo percorso, mettersi a disposizione, senza porre condizioni che sono già superate dalla realtà. Per poter percorrere uno spazio nuovo, quello che loro chiamano «da Shultz a Tsipras», bisogna partire da un punto. Quindi li invito ad invertire il «tragitto»: da Tsipras a Shultz, sapendo che il secondo è l’avversario che si troverà davanti chiunque voglia mettere in discussione il fiscal compact, l’austerity, la logica del debito e del taglio al welfare. Sarà un avversario pieno di contraddizioni? Lo spero, ma dipende dai rapporti di forza che dobbiamo ancora costruire. L’idea di poter partecipare alla costruzione di una nuova sinistra euromediterranea che, attorno all’esperienza greca, reinventi l’Europa, a partire dai diritti sociali, dalla transizione ecologica, dai beni comuni e dal welfare, è abbastanza significativa da far passare in secondo piano qualsiasi altra questione.
Hai 47 anni e sei tra i più giovani primi firmatari dell’appello in favore della lista Tsipras. Non ti pare un brutto segnale?
Bisognerebbe dare spazio anuove generazioni, consentire a persone giovani di essere protagoniste con i loro linguaggi e con i bisogni che esprimono. Nelle europee si rischia un’astensione record, in particolare dei giovani, a fronte di un exploit dei partiti xenofobi, antieuropei e delle piccole patrie. È una questione che dovremmo affrontare. Questa è l’occasione per farlo.
Bisognerebbe dare spazio anuove generazioni, consentire a persone giovani di essere protagoniste con i loro linguaggi e con i bisogni che esprimono. Nelle europee si rischia un’astensione record, in particolare dei giovani, a fronte di un exploit dei partiti xenofobi, antieuropei e delle piccole patrie. È una questione che dovremmo affrontare. Questa è l’occasione per farlo.
Angelo Mastrandrea - il manifesto
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