venerdì 24 gennaio 2014

La sintonia dell’evasore di Norma Rangeri, Il Manifesto


sentenza-diritti-tv-berlusconi-mediaset-1-e1351262490734Che senso ha rice­vere ogni anno, que­sta volta a par­lare è la Guar­dia di Finanza, la non noti­zia della mostruosa (tra i 50 e i 60 miliardi nel 2013) eva­sione fiscale per poi sep­pel­lirla il giorno dopo? E’ una pul­sione sadica per for­zare il limite della sop­por­ta­zione di pen­sio­nati e dipen­denti pub­blici? E’ il meri­tato tri­buto per gli eva­sori che così, ogni anno, hanno un pub­blico rico­no­sci­mento dell’autoriduzione fiscale che sono riu­sciti a rea­liz­zare? E’ il dove­roso omag­gio al Grande Eva­sore per aver rap­pre­sen­tato nel ven­ten­nio la cate­go­ria al più alto livello di governo?
Se le tasse sono il prezzo che paghiamo per avere scuole e ospe­dali, e solo una parte della popo­la­zione è costretta a tenerli in vita nelle con­di­zioni umi­lianti in cui sono, pren­diamo corag­gio e chie­diamo di raf­for­zare il pac­chetto delle riforme abo­lendo le un’ingiustizia pro­gram­mata, strut­tu­rale, fon­dante dell’incivile con­vi­venza che il paese sop­porta da sem­pre e in eterno.
Per avere con­ferma dell’ineluttabile scon­cio basta una breve sosta negli archivi e sco­prire che siamo una repub­blica fon­data sull’evasione fiscale. Era il 1996, mini­stro delle Finanze Bruno Visen­tini, quando l’evasione fiscale, allora sti­mata in 250 mila miliardi di lire, faceva scri­vere a Luigi Pin­tor che «un’evasione di que­ste pro­por­zioni cessa di essere un reato o un danno per la comu­nità, o per uno Stato castrato e imme­ri­te­vole e diventa rego­la­tore o un incen­tivo, garan­zia di con­senso e di sta­bi­lità di governo».
Natu­ral­mente non tutti gli eva­sori sono uguali, c’è, come ha detto qual­che tempo fa l’ex vice­mi­ni­stro dell’economia Fas­sina, «un’evasione di soprav­vi­venza», quella dei pre­cari, delle par­tite Iva disoc­cu­pate, degli arti­giani e dei pic­coli impren­di­tori che fal­li­scono per­ché lo Stato non paga il dovuto. I ladri stanno altrove, come ine­qui­vo­ca­bil­mente dimo­stra il fatto che nell’ultimo decen­nio l’80 per cento dell’evasione è costi­tuita da importi supe­riori ai 500 mila euro.
Ma allora è tempo che il segre­ta­rio del Pd, anzi­ché fare il gril­lino di secondo livello e dichia­rare in tv «se passa la riforma avremo il Senato a gra­tis», con­vo­chi il bis di Ber­lu­sconi al Naza­reno per com­ple­tare «la pro­fonda sin­to­nia» con l’evasore di Arcore. Basta aggiun­gere al pac­chetto già con­cor­dato il capi­tolo più impor­tante, l’abolizione dell’articolo 53 della Costi­tu­zione, quello che obbliga (si fa per dire) a «con­cor­rere alle spese pub­bli­che in ragione della capa­cità con­tri­bu­tiva» per­ché «il sistema tri­bu­ta­rio è impron­tato a cri­teri di progressività».
Siamo seri, rispet­tiamo il paese reale, teniamo conto del con­senso elet­to­rale. Aiu­tiamo il mini­stro Sac­co­manni che annun­cia la pri­va­tiz­za­zione del 40 per cento di Poste, finia­mola con que­sta usanza post-bellica che reca solo danno al dispie­garsi di un libe­ri­smo moderno e glo­bale che vor­rebbe pri­va­tiz­zare i beni pub­blici e i ser­vizi sociali dando una bella ridi­men­sio­nata al modello euro­peo del welfare.
Noi ita­liani in que­sto campo non teniamo rivali, siamo all’avanguardia e potremmo far­cene a buon diritto alfieri nel par­la­mento euro­peo che a pri­ma­vera con­tri­bui­remo a rinnovare.

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