Intervista a Paolo Ferrero, rieletto segretario nazionale di Rifondazione comunista
Il
Cpn di questa fine settimana ti ha riconfermato nel ruolo di
segretario, quali saranno i punti principali dell’azione politica della
fase che si apre?
I punti fondamentali sono due. In primo luogo il pieno dispiegamento del Piano per il Lavoro, cioè della proposta concreta che facciamo per uscire qui ed ora dalle politiche di austerità e che potrebbe dar vita a milioni di posti di lavoro. L’idea di fondo è molto semplice: solo la redistribuzione del reddito, del lavoro e un intervento pubblico nei settori di pubblica utilità può ridurre drasticamente la disoccupazione. E’ una ricetta opposta a quella avanzata da Renzi che vuole invece proseguire nelle politiche di austerità e cioè nell’aggravamento della crisi che oramai è diventata deflazione. Il Piano del Lavoro non è solo un progetto ma è una proposta di lotta su cui costruire relazioni sociali e conflitto, territorio per territorio, settore per settore. Costruire un movimento per il lavoro a partire da un intervento pubblico è il nostro obiettivo, per ricominciare a parlare al paese a partire dai problemi del paese.
I punti fondamentali sono due. In primo luogo il pieno dispiegamento del Piano per il Lavoro, cioè della proposta concreta che facciamo per uscire qui ed ora dalle politiche di austerità e che potrebbe dar vita a milioni di posti di lavoro. L’idea di fondo è molto semplice: solo la redistribuzione del reddito, del lavoro e un intervento pubblico nei settori di pubblica utilità può ridurre drasticamente la disoccupazione. E’ una ricetta opposta a quella avanzata da Renzi che vuole invece proseguire nelle politiche di austerità e cioè nell’aggravamento della crisi che oramai è diventata deflazione. Il Piano del Lavoro non è solo un progetto ma è una proposta di lotta su cui costruire relazioni sociali e conflitto, territorio per territorio, settore per settore. Costruire un movimento per il lavoro a partire da un intervento pubblico è il nostro obiettivo, per ricominciare a parlare al paese a partire dai problemi del paese.
E il secondo?
Il secondo è la proposta di realizzare una lista unitaria di sinistra per le elezioni europee. Una lista che abbia Alexis Tsipras candidato a Presidente, che si riconosca nel Partito della Sinistra europea e nel GUE, che aggreghi tutte le forze che in Italia vogliono rovesciare le politiche neoliberiste.
La situazione è fluida e per questo positiva: abbiamo l’appello di Camilleri e Spinelli, abbiamo varie realtà che si sono pronunciate per Tsipras, anche in SEL vi è un dibattito attorno a questo nodo. La nostra proposta è di costruire una lista unitaria che sia un vero e proprio spazio pubblico della sinistra antiliberista, da costruirsi in modo democratico, partecipato e paritario.
Non proponiamo di fare la lista di Rifondazione Comunista allargata – perché sappiamo che non riuscirebbe ad unire tutte le forze e persone che effettivamente sono d’accordo sui nostri stessi contenuti sull’Europa – ma non accettiamo esclusioni o discriminazioni: in un quadro di chiarezza di contenuti, di rinnovamento dei volti e di radicale democratizzazione dei percorsi di costruzione della lista, noi lavoriamo affinché questa sia la lista di tutti coloro che vogliono rovesciare le politiche europee da sinistra. Proprio oggi pomeriggio abbiamo un incontro con i compagni di Syriza qui a Roma e da qui vogliamo partire per un percorso unitario che deve coinvolgere il partito a tutti i livelli e che, lo ribadisco, vedrà un referendum al nostro interno per verificare se la scelta che stiamo perseguendo è condivisa dai compagni e dalle compagne.
Il secondo è la proposta di realizzare una lista unitaria di sinistra per le elezioni europee. Una lista che abbia Alexis Tsipras candidato a Presidente, che si riconosca nel Partito della Sinistra europea e nel GUE, che aggreghi tutte le forze che in Italia vogliono rovesciare le politiche neoliberiste.
La situazione è fluida e per questo positiva: abbiamo l’appello di Camilleri e Spinelli, abbiamo varie realtà che si sono pronunciate per Tsipras, anche in SEL vi è un dibattito attorno a questo nodo. La nostra proposta è di costruire una lista unitaria che sia un vero e proprio spazio pubblico della sinistra antiliberista, da costruirsi in modo democratico, partecipato e paritario.
Non proponiamo di fare la lista di Rifondazione Comunista allargata – perché sappiamo che non riuscirebbe ad unire tutte le forze e persone che effettivamente sono d’accordo sui nostri stessi contenuti sull’Europa – ma non accettiamo esclusioni o discriminazioni: in un quadro di chiarezza di contenuti, di rinnovamento dei volti e di radicale democratizzazione dei percorsi di costruzione della lista, noi lavoriamo affinché questa sia la lista di tutti coloro che vogliono rovesciare le politiche europee da sinistra. Proprio oggi pomeriggio abbiamo un incontro con i compagni di Syriza qui a Roma e da qui vogliamo partire per un percorso unitario che deve coinvolgere il partito a tutti i livelli e che, lo ribadisco, vedrà un referendum al nostro interno per verificare se la scelta che stiamo perseguendo è condivisa dai compagni e dalle compagne.
Il progetto politico è chiaro ma
il CPN restituisce l’immagine di un partito ancora diviso. Come mai in
questo mese non si è riusciti a ricomporre la frattura?
Chiudendo il Congresso che ha visto una larga maggioranza sul documento 1, invece di proporre semplicemente la votazione sulla mia riconferma, abbiamo proposto di fare una consultazione tra tutti i membri del CPN e la gestione unitaria del partito. Ritengo infatti che la linea politica sia quella decisa dai compagni e dalle compagne nei congressi, ma che tutto il gruppo dirigente e tutto il partito deve contribuire alla gestione del partito su quella linea politica.
Era una occasione per superare in avanti le divisioni congressuali, costruendo un quadro di rinnovamento che non lasciasse sul campo vinti e vincitori. Purtroppo i dirigenti cosiddetti “emendatari” hanno scelto, come i dirigenti della mozione 2, di non partecipare alle consultazioni e hanno fatto una presa di posizione collettiva che ribadiva i termini del dibattito congressuale. Considero questo un grave errore perché non si è colta l’occasione di fare un passo in avanti tutti insieme, prendendo atto che il Congresso era stato fatto ma che era anche finito e che non poteva continuare all’infinito.
In questa condizione, la consultazione ha dato un responso chiarissimo, con una larga maggioranza di compagne e compagni che hanno indicato il mio nome come segretario e parallelamente posto una grande domanda di rinnovamento. Questo abbiamo fatto nel Cpn, dove la proposta di segreteria che ho avanzato e che è stata approvata, vede un significativo rinnovamento, ben 6 su 10 dei suoi membri non ne facevano parte. Per la prima volta da quando sono segretario la segreteria ha una età media più bassa della mia….
Chiudendo il Congresso che ha visto una larga maggioranza sul documento 1, invece di proporre semplicemente la votazione sulla mia riconferma, abbiamo proposto di fare una consultazione tra tutti i membri del CPN e la gestione unitaria del partito. Ritengo infatti che la linea politica sia quella decisa dai compagni e dalle compagne nei congressi, ma che tutto il gruppo dirigente e tutto il partito deve contribuire alla gestione del partito su quella linea politica.
Era una occasione per superare in avanti le divisioni congressuali, costruendo un quadro di rinnovamento che non lasciasse sul campo vinti e vincitori. Purtroppo i dirigenti cosiddetti “emendatari” hanno scelto, come i dirigenti della mozione 2, di non partecipare alle consultazioni e hanno fatto una presa di posizione collettiva che ribadiva i termini del dibattito congressuale. Considero questo un grave errore perché non si è colta l’occasione di fare un passo in avanti tutti insieme, prendendo atto che il Congresso era stato fatto ma che era anche finito e che non poteva continuare all’infinito.
In questa condizione, la consultazione ha dato un responso chiarissimo, con una larga maggioranza di compagne e compagni che hanno indicato il mio nome come segretario e parallelamente posto una grande domanda di rinnovamento. Questo abbiamo fatto nel Cpn, dove la proposta di segreteria che ho avanzato e che è stata approvata, vede un significativo rinnovamento, ben 6 su 10 dei suoi membri non ne facevano parte. Per la prima volta da quando sono segretario la segreteria ha una età media più bassa della mia….
Essere un segretario “di minoranza” cosa comporta?
Una cosa semplice e complicata nello stesso momento: assumere le decisioni congressuali che, ripeto, sono state approvate a larga maggioranza, come la strada maestra su cui muoversi e sulla base di quel progetto politico rimettere in moto il partito, lavorando per costruire ad ogni livello la gestione unitaria. Non considero questa situazione una situazione definitiva: la considero una necessaria fase di passaggio per rimettere in moto il partito sulla base del l’indirizzo politico deciso nel Congresso. Non potevamo allungare il brodo ulteriormente, far passare altri mesi. Non intendo infilarmi in trattative sui posti, mediazioni infinite e patti di gestione.
Questo l’ho fatto consapevolmente negli anni scorsi per cercare il massimo di unità del gruppo dirigente. Purtroppo questa unità è deflagrata vergognosamente il minuto dopo il fallimento di Rivoluzione Civile a febbraio, nonostante tutte le decisioni fossero state prese in modo collegiale e unitario. L’unica strada per rilanciare Rifondazione non può essere la danza immobile della trattativa tra le correnti ma il tentativo di ridare fiato e senso alla nostra impresa politica. Io penso che le differenze politiche che abbiamo tra di noi, perlomeno quelle dichiarate, siano inferiori a quel che appare e che quindi sia possibile rilanciare il partito e su questo rilancio costruire le condizioni per arrivare ad una effettiva gestione unitaria del partito.
Una cosa semplice e complicata nello stesso momento: assumere le decisioni congressuali che, ripeto, sono state approvate a larga maggioranza, come la strada maestra su cui muoversi e sulla base di quel progetto politico rimettere in moto il partito, lavorando per costruire ad ogni livello la gestione unitaria. Non considero questa situazione una situazione definitiva: la considero una necessaria fase di passaggio per rimettere in moto il partito sulla base del l’indirizzo politico deciso nel Congresso. Non potevamo allungare il brodo ulteriormente, far passare altri mesi. Non intendo infilarmi in trattative sui posti, mediazioni infinite e patti di gestione.
Questo l’ho fatto consapevolmente negli anni scorsi per cercare il massimo di unità del gruppo dirigente. Purtroppo questa unità è deflagrata vergognosamente il minuto dopo il fallimento di Rivoluzione Civile a febbraio, nonostante tutte le decisioni fossero state prese in modo collegiale e unitario. L’unica strada per rilanciare Rifondazione non può essere la danza immobile della trattativa tra le correnti ma il tentativo di ridare fiato e senso alla nostra impresa politica. Io penso che le differenze politiche che abbiamo tra di noi, perlomeno quelle dichiarate, siano inferiori a quel che appare e che quindi sia possibile rilanciare il partito e su questo rilancio costruire le condizioni per arrivare ad una effettiva gestione unitaria del partito.
Vi è chi dice che tu avresti
fatto uno scambio con la Mozione 3 per ottenere il voto di astensione
sulla segreteria, snaturando così l’esito del Congresso.
Ho letto questo rilievo e mi pare che chi lo avanza continua a non voler capire cosa è successo. Le differenze politiche con la mozione 3 sono palesi e non si sono ridotte. Ad esempio gli unici due atti politici fatti dal Congresso ad oggi e cioè la scelta di fare l’accordo con il centro sinistra in Sardegna e l’approvazione dell’Ordine del giorno sul congresso della Cgil nel Cpn, hanno visto il pieno dissenso dei dirigenti della mozione 3 e il consenso dei dirigenti di Essere Comunisti. Io stesso ho ribadito in modo molte netto di essere vincolato alla realizzazione di quanto deciso nel Congresso e cioè all’attuazione di quanto previsto dal documento 1 approvato, ripeto, a larga maggioranza.
A me pare che i dirigenti del Documento 3 abbiano semplicemente preso atto che il Congresso era finito e che era opportuno che il partito si rimettesse in movimento evitando di avvitarsi in una spirale autodistruttiva riguardante l’elezione dei gruppi dirigenti. Questo senza alcuna modifica di giudizio, negativo, che questi compagni e compagne danno sulla linea politica del partito, tant’è che i dirigenti della mozione 3 hanno presentato una candidatura alternativa alla mia a segretario nella persona della compagna Ussi.
In questa vicenda non si è misurato chi era più vicino o più distante politicamente ma chi ha deciso di garantire immediatamente un rilancio dell’iniziativa politica del partito e chi invece ha proseguito una battaglia politica come se il congresso non fosse terminato. Per quanto mi riguarda io continuerò a perseguire la gestione unitaria del partito a tutti i livelli e penso che chi vuole esercitare il suo ruolo di direzione, nel pieno rispetto delle differenze, deve farlo. Abbiamo bisogno di tutte le forze e di tutte le intelligenze e nel concreto del lavoro politico confido di poter superare questa situazione.
Ho letto questo rilievo e mi pare che chi lo avanza continua a non voler capire cosa è successo. Le differenze politiche con la mozione 3 sono palesi e non si sono ridotte. Ad esempio gli unici due atti politici fatti dal Congresso ad oggi e cioè la scelta di fare l’accordo con il centro sinistra in Sardegna e l’approvazione dell’Ordine del giorno sul congresso della Cgil nel Cpn, hanno visto il pieno dissenso dei dirigenti della mozione 3 e il consenso dei dirigenti di Essere Comunisti. Io stesso ho ribadito in modo molte netto di essere vincolato alla realizzazione di quanto deciso nel Congresso e cioè all’attuazione di quanto previsto dal documento 1 approvato, ripeto, a larga maggioranza.
A me pare che i dirigenti del Documento 3 abbiano semplicemente preso atto che il Congresso era finito e che era opportuno che il partito si rimettesse in movimento evitando di avvitarsi in una spirale autodistruttiva riguardante l’elezione dei gruppi dirigenti. Questo senza alcuna modifica di giudizio, negativo, che questi compagni e compagne danno sulla linea politica del partito, tant’è che i dirigenti della mozione 3 hanno presentato una candidatura alternativa alla mia a segretario nella persona della compagna Ussi.
In questa vicenda non si è misurato chi era più vicino o più distante politicamente ma chi ha deciso di garantire immediatamente un rilancio dell’iniziativa politica del partito e chi invece ha proseguito una battaglia politica come se il congresso non fosse terminato. Per quanto mi riguarda io continuerò a perseguire la gestione unitaria del partito a tutti i livelli e penso che chi vuole esercitare il suo ruolo di direzione, nel pieno rispetto delle differenze, deve farlo. Abbiamo bisogno di tutte le forze e di tutte le intelligenze e nel concreto del lavoro politico confido di poter superare questa situazione.
Però la mozione 1 si è divisa.
Si è divisa esattamente come era stata divisa nel Congresso e infatti avevo proposto la consultazione come terreno per costruire una ricomposizione che non è avvenuta. Il motivo mi pare il seguente: a nessuno sfugge che dentro la Mozione 1, il tema del rinnovamento veniva declinato in modo molto diverso, tant’è che vi erano due emendamenti al testo del documento che parlavano di rinnovamento. Da un lato chi voleva cambiare il segretario, definito settario, e modificare per questa via anche la linea politica. Dall’altra chi voleva il rinnovamento per rendere più efficace l’attuazione della linea politica di cui il segretario era stato interprete ed esecutore.
Nel Congresso ha prevalso questa seconda ipotesi: l’emendamento Mainardi è stato approvato e quello Albertini bocciato. Questo è cosa hanno deciso le migliaia di iscritti e iscritte che hanno partecipato al Congresso: occorreva prenderne atto, perché a un certo punto finisce il Congresso e si tratta di gestire il partito. Questo purtroppo non è avvenuto, a mio parere perché l’aver fatto della rottamazione del segretario il punto fondamentale della battaglia congressuale, ha reso tutto più difficile, dalla discussione sul rinnovamento a quello sui gruppi dirigenti. Così, dopo la consultazione andata in quel modo e vista l’indisponibilità di Essere Comunisti di far parte della segreteria, la proposta avanzata nel Cpn è stata conseguente, sia sul segretario che sulla segreteria.
Si è divisa esattamente come era stata divisa nel Congresso e infatti avevo proposto la consultazione come terreno per costruire una ricomposizione che non è avvenuta. Il motivo mi pare il seguente: a nessuno sfugge che dentro la Mozione 1, il tema del rinnovamento veniva declinato in modo molto diverso, tant’è che vi erano due emendamenti al testo del documento che parlavano di rinnovamento. Da un lato chi voleva cambiare il segretario, definito settario, e modificare per questa via anche la linea politica. Dall’altra chi voleva il rinnovamento per rendere più efficace l’attuazione della linea politica di cui il segretario era stato interprete ed esecutore.
Nel Congresso ha prevalso questa seconda ipotesi: l’emendamento Mainardi è stato approvato e quello Albertini bocciato. Questo è cosa hanno deciso le migliaia di iscritti e iscritte che hanno partecipato al Congresso: occorreva prenderne atto, perché a un certo punto finisce il Congresso e si tratta di gestire il partito. Questo purtroppo non è avvenuto, a mio parere perché l’aver fatto della rottamazione del segretario il punto fondamentale della battaglia congressuale, ha reso tutto più difficile, dalla discussione sul rinnovamento a quello sui gruppi dirigenti. Così, dopo la consultazione andata in quel modo e vista l’indisponibilità di Essere Comunisti di far parte della segreteria, la proposta avanzata nel Cpn è stata conseguente, sia sul segretario che sulla segreteria.
Preoccupato?
Solo un imbecille non lo sarebbe. Ma sono anche fiducioso sulla possibilità di poter rilanciare l’azione politica del partito in modo largamente unitario. Sulle elezioni europee vedo un terreno significativo di convergenza e azione unitaria: la possibilità di fare una lista legata alla sinistra europea, chiaramente alternativa a socialisti e popolari è un obiettivo largamente condiviso nel partito. In più è evidente che il progetto politico di SEL di fiancheggiamento del centro sinistra è sempre più in crisi per cui sulle europee vi è addirittura la possibilità di mettere in discussione l’attuale configurazione della sinistra italiana. Mi pare che su questo ci sia un grande terreno di lavoro politico unitario, di ricomposizione politica.
Così come il rilancio del lavoro sociale del partito attorno al Piano del Lavoro può rispondere positivamente alla critica di politicismo che nel Congresso è emersa con forza. Possiamo ridislocare il Partito nel lavoro sociale con una proposta forte e su questo riguadagnare un ruolo che oggi svolgiamo solo molto parzialmente.
Solo un imbecille non lo sarebbe. Ma sono anche fiducioso sulla possibilità di poter rilanciare l’azione politica del partito in modo largamente unitario. Sulle elezioni europee vedo un terreno significativo di convergenza e azione unitaria: la possibilità di fare una lista legata alla sinistra europea, chiaramente alternativa a socialisti e popolari è un obiettivo largamente condiviso nel partito. In più è evidente che il progetto politico di SEL di fiancheggiamento del centro sinistra è sempre più in crisi per cui sulle europee vi è addirittura la possibilità di mettere in discussione l’attuale configurazione della sinistra italiana. Mi pare che su questo ci sia un grande terreno di lavoro politico unitario, di ricomposizione politica.
Così come il rilancio del lavoro sociale del partito attorno al Piano del Lavoro può rispondere positivamente alla critica di politicismo che nel Congresso è emersa con forza. Possiamo ridislocare il Partito nel lavoro sociale con una proposta forte e su questo riguadagnare un ruolo che oggi svolgiamo solo molto parzialmente.
Ci saranno cambiamenti organizzativi?
Si tratta di fare un radicale bagno di democrazia nel modo di funzionare del partito. Questa è la critica maggiore che è emersa nel Congresso da parte dei compagni e delle compagne. Su questo intendo cambiare registro radicalmente: dal pieno coinvolgimento del partito nelle decisioni a partire dal referendum sulle europee all’accorciare la distanza tra centro e periferia, qui abbiamo da cambiare molto: la logica pattizia di gestione del partito si può superare solo con un forte coinvolgimento democratico di tutto il corpo militante del partito all’interno di una gestione unitaria dello stesso. E’ quello che vogliamo fare.
Si tratta di fare un radicale bagno di democrazia nel modo di funzionare del partito. Questa è la critica maggiore che è emersa nel Congresso da parte dei compagni e delle compagne. Su questo intendo cambiare registro radicalmente: dal pieno coinvolgimento del partito nelle decisioni a partire dal referendum sulle europee all’accorciare la distanza tra centro e periferia, qui abbiamo da cambiare molto: la logica pattizia di gestione del partito si può superare solo con un forte coinvolgimento democratico di tutto il corpo militante del partito all’interno di una gestione unitaria dello stesso. E’ quello che vogliamo fare.
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