mercoledì 29 gennaio 2014

Tsipras, nella crisi l’occasione di una svolta di Loris Caruso, Il Manifesto




Quello che sta suc­ce­dendo attorno all’idea di costruire una lista Tsi­pras per le ele­zioni euro­pee è impor­tante e per certi versi ine­dito. Per la prima volta da molti anni c’è in Ita­lia un pro­getto che potrebbe aggre­gare sog­getti e orga­niz­za­zioni spesso con­flit­tuali tra loro, tra­scen­dendo la tra­di­zio­nale area di rife­ri­mento della sini­stra radi­cale di par­tito. Si va, tra pro­mo­tori e inte­res­sati, dalla sini­stra radi­cale (Rifon­da­zione e Alba) a un’area tra­di­zio­nal­mente più vicina al cen­tro­si­ni­stra (Bar­bara Spi­nelli), a orga­niz­za­zioni di movi­mento soli­ta­mente avverse ai mec­ca­ni­smi della rap­pre­sen­tanza (Negri e Mez­za­dra, Glo­bal­pro­ject), agli intel­let­tuali di cui il mani­fe­sto ha pub­bli­cato l’appello. La rile­vanza che l’iniziativa può assu­mere, vista anche la fase di tran­si­zione del sistema poli­tico ita­liano, è ulte­rior­mente testi­mo­niata dall’esito del con­gresso di Sel, che si avvi­cina all’ipotesi Tsi­pras soprat­tutto su pres­sione della pro­pria base.
La novità è quindi impor­tante. Non solo per la poten­ziale ampiezza dell’area dei pro­mo­tori (e quindi degli elet­tori), ma anche per­ché la lista Tsi­pras potrebbe essere la prima vera spe­ri­men­ta­zione di un modello di orga­niz­za­zione inno­va­tivo e all’altezza delle tra­sfor­ma­zioni della poli­tica e della società, capace di unire le carat­te­ri­sti­che migliori della tra­di­zione dei par­titi di sini­stra, dei movi­menti sociali e dell’associazionismo. Se dei difetti dei primi si parla sem­pre, i secondi non ne sono immuni: lea­de­ri­smo, car­rie­ri­smo e auto­re­fe­ren­zia­lità ci sono anche nei movi­menti e nelle asso­cia­zioni. Per que­sto non ci può più accon­ten­tare della con­trap­po­si­zione partiti/società. La lista Tsi­pras può essere uno stru­mento per andare oltre.
Pro­prio la teo­rica, ma rea­li­stica, impor­tanza del pro­getto, rende ancora più deci­sivo che non si ripro­du­cano gli errori pas­sati. Le espe­rienze che tutti richia­mano, come esempi delle cose da non fare, sono natu­ral­mente la Sini­stra Arco­ba­leno e Rivo­lu­zione civile. Ricor­darne i limiti può quindi essere utile a cer­care di non repli­carli. Que­ste due liste erano nate sul ter­reno elet­to­rale, cioè a ridosso delle ele­zioni e con lo scopo di eleg­gere una rap­pre­sen­tanza (per Gram­sci, il fatto che i par­titi nascano sul ter­reno elet­to­rale è un segnale deci­sivo di una crisi siste­mica della poli­tica). Se que­sto obiet­tivo fosse stato rag­giunto, dif­fi­cil­mente le due for­ma­zioni avreb­bero avuto un futuro, viste le for­tis­sime dif­fe­ren­zia­zioni interne. In secondo luogo, entrambi i pro­getti sono nati attorno alla per­so­na­lità di un lea­der (Ber­ti­notti e Ingroia) al quale sono stati dele­gati (o che ha potuto mono­po­liz­zare) i pro­cessi poli­tici interni.
La con­se­guenza di que­sti due ele­menti è che le due pro­po­ste erano liste elet­to­rali prive di pro­getto poli­tico e di base sociale, sia a monte (la par­te­ci­pa­zione elet­to­rale non era il frutto di un pro­cesso pre­ce­dente) che a valle (mili­tanti ed elet­tori non sape­vano quale sarebbe stata la pro­spet­tiva del nuovo sog­getto dopo le ele­zioni). Nes­sun ten­ta­tivo elet­to­rale fun­ziona se non è pre­ce­duto da un pro­cesso politico-sociale reale, e se l’elettorato non per­ce­pi­sce che que­sto pro­cesso può cre­scere ulte­rior­mente dopo le ele­zioni. Si pren­dano anche i casi di suc­cessi ful­mi­nei, come quelli di Forza Ita­lia nel 1994 e del M5S nel 2013: è chiaro che alla base di entrambi c’erano strut­ture orga­niz­za­tive già molto con­so­li­date, due imprese pri­vate e due lea­der notis­simi. La sini­stra radi­cale non può, e giu­sta­mente non deve, con­tare su que­ste risorse (denaro, infra­strut­tura orga­niz­za­tiva di tipo azien­dale, noto­rietà media­tica del lea­der). Può solo sur­ro­garle con le sue risorse tra­di­zio­nali: la forza di attori col­let­tivi orga­niz­zati, il con­flitto, la con­ver­genza di una plu­ra­lità di sog­getti e istanze, la capa­cità di con­net­tere forme diverse di azione e di mobilitazione.
Il caso di Rivo­lu­zione civile era stata poi esi­ziale la con­ti­nua “guer­ri­glia” sim­me­trica tra la com­po­nente par­ti­tica e quella intellettuale-movimentistica. Pen­sando a «Cam­biare si può», l’esperienza poi “dismessa” da Rivo­lu­zione civile: il Prc cer­cava, nelle assem­blee ter­ri­to­riali, di mas­si­miz­zare il pro­prio peso poli­tico e le can­di­da­ture di pro­pri espo­nenti; gli intel­let­tuali vicini ad Alba e gli espo­nenti dei movi­menti (spesso ugual­mente affa­sci­nati dalle can­di­da­ture) hanno deciso di non par­te­ci­pare a Rivo­lu­zione civile nono­stante un refe­ren­dum interno avesse deciso il con­tra­rio. Le respon­sa­bi­lità dei fal­li­menti vanno equa­mente distri­buite. Non basta eli­mi­nare l’interesse dei par­titi ad eleg­gere un ceto poli­tico per ren­dere demo­cra­tico e oriz­zon­tale un processo.
Le pos­si­bi­lità di suc­cesso della lista Tsi­pras pas­sano dal supe­ra­mento di que­sti limiti. Alcuni di que­sti, però, sono già pre­senti prima che essa esi­sta. La lista nasce­rebbe sul ter­reno elet­to­rale, priva di un pro­cesso poli­tico e sociale che la pre­ceda; si orga­nizza attorno a un lea­der al cui nome lega la pro­pria esi­stenza (il fatto che il lea­der sia “trans­na­zio­nale” non cam­bia la que­stione), e a cui, già in que­ste set­ti­mane, si appella di con­ti­nuo per­ché dirima le con­tro­ver­sie tra pro­mo­tori. Ci si ostina anche nella con­trap­po­si­zione partiti/società civile (da parte di espo­nenti di quest’ultima) ponendo veti e con­ven­zioni all’esclusione.
C'è ancora (poco) tempo per pro­vare a supe­rare que­sti limiti. Soprat­tutto, sarebbe impor­tante che i pro­mo­tori comu­ni­cas­sero l’idea di un pro­getto poli­tico di lunga durata, il cui futuro non è legato all’esito delle euro­pee. Non ci sono più i mar­gini per susci­tare aspet­ta­tive che si chiu­dono in poche set­ti­mane. Se la lista Tsi­pras non può, ormai, essere l’esito di un pro­cesso poli­tico già avve­nuto, può pre­fi­gu­rare il futuro, dicendo con chia­rezza che le ele­zioni euro­pee non sono solo uno scopo, ma anche un mezzo per costruire un’organizzazione poli­tica inno­va­tiva, che punti a durare nel tempo e a sosti­tuire – pro­prio come ha fatto Syriza in Gre­cia – l’egemonia del rifor­mi­smo libe­ri­sta nel campo della sini­stra. Non a bilan­ciarla, a sostituirla.

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