giovedì 13 novembre 2014

I frutti velenosi di Salvini

Migranti. L’attuale maggioranza, che ha imbarcato un bel pezzo del vecchio centro-destra, non sembra minimamente preoccupata da questa destra spregiudicata e movimentista
matteo-salvini-640Da quando Mas­simo D’Alema se ne uscì con la famosa tro­vata della «costola della classe ope­raia», il feno­meno Lega è stato per lo più sot­to­va­lu­tato. Blan­dito e vez­zeg­giato a destra e sini­stra, e anche temuto quando era al governo e sem­brava sul punto di pren­dere il potere, il par­tito di Bossi non è stato com­preso dai più nella sua natura pro­fon­da­mente fasci­sta. E quindi non solo truce nelle parole d’ordine anti-meridionali, xeno­fobe, seces­sio­ni­ste e anti-europee, ma anche pro­fon­da­mente oppor­tu­ni­sta, capace di mutare obiet­tivi e alleanze, pur man­te­nendo la sua natura rea­zio­na­ria.
Pren­diamo il gio­vane Sal­vini. Nel momento in cui la Lega di Bossi si è rive­lata come un par­tito arraf­fone, cor­rotto come qual­siasi altro, Sal­vini ha dato una ster­zata pro­po­nen­dosi come alter­na­tiva «gio­va­nile», radi­cale e sca­pe­strata. Quindi, niente più elmi con le corna, fre­scacce cel­ti­che e tutto il fol­clore che copriva gli inciuci con For­mi­goni e Ber­lu­sconi, ma una poli­tica di movi­mento e, soprat­tutto, una dimen­sione nazio­nale in cui far con­fluire la destra estrema e iper-nazionale che non può iden­ti­fi­carsi con il seces­sio­ni­smo. Ecco, allora, l’alleanza con in Europa con Marine Le Pen e poi, da noi, con Casa Pound, imbar­cata in un pro­getto che vede la Lega come par­tito lea­der della destra ita­liana post-berlusconiana. Altro che Alfano, bor­ghese demo­cri­stiano e doro­teo fino al midollo.
Ma per rea­liz­zare que­sto pro­getto, che sem­bra finora coro­nato da un certo suc­cesso, anche se limi­tato, a Sal­vini non bastano l’anti-europeismo e il popu­li­smo, un ter­reno politico-elettorale su cui Grillo, anche se in declino, ha piaz­zato la sua ipo­teca. Il lea­der della Lega ha biso­gno di far cre­scere la ten­sione, di scal­dare gli animi, di mobi­li­tare, se non altro nell’opinione pub­blica, quell’ampio pezzo di società (un tempo si sarebbe detto la «mag­gio­ranza silen­ziosa») che la pensa come lui in tema di tasse, Europa e immi­grati, anche se magari non si dichiara ideo­lo­gi­ca­mente fasci­sta o leghi­sta. E niente di meglio, in que­sto senso, che andare a pro­vo­care nomadi e stra­nieri, che da quasi trent’anni fanno da para­ful­mine per tutti i mal di pan­cia nazionali.
Ed ecco allora la pro­vo­ca­zione di Bolo­gna con­tro i Sinti, cit­ta­dini ita­liani in tutto e per tutto che hanno il torto di non vivere come i buoni leghi­sti del vare­sotto e della ber­ga­ma­sca. Ecco gli stri­scioni «No all’invasione» davanti ai rico­veri di rifu­giati e richie­denti asilo, gente che non è venuta lì in mac­china o in Suv, come i corag­giosi leghi­sti, ma ha attra­ver­sato mezzo mondo a piedi ed è scam­pata ai nau­fragi. Ed ecco ora l’oscena idea di andare a Tor Sapienza, a Roma, a get­tare ben­zina sul fuoco acceso da estre­mi­sti di destra e, sem­bra, dai pusher che non vogliono cen­tri per stra­nieri. Pro­vo­ca­zioni fredde, cal­co­late e mirate, appunto, al ven­tre di quella società che mai andrebbe a tirare pie­tre con­tro gli stra­nieri, ma si ral­le­gra pro­fon­da­mente quando qual­cuno lo fa al posto suo.
Ver­rebbe voglia di archi­viare tutto que­sto come il solito fasci­smo della solita Ita­lia, ma sarebbe un errore. Per­ché oggi gli anti­corpi sono deboli e fram­men­tari. Né l’attuale mag­gio­ranza, che ha imbar­cato un bel pezzo del vec­chio centro-destra, sem­bra mini­ma­mente pre­oc­cu­pata da que­sta destra spre­giu­di­cata e movi­men­ti­sta. E basta dare un’occhiata ai com­menti e ai blog dei quo­ti­diani nazio­nali per capire quanto sia ampio il soste­gno ai Sal­vini di turno.
D’altra parte, è sem­pre la vec­chia sto­ria. Quanto più le pro­spet­tive sono incerte, il futuro opaco, il lavoro man­cante, il degrado della vita pub­blica in aumento, tanto più è facile sca­ri­care la fru­stra­zione sugli alieni a por­tata di mano. E anche que­sto è un frutto avve­le­nato di qual that­che­ri­smo appena imbel­let­tato che passa sotto il nome di renzismo.
Alessandro Dal Lago - il manifesto

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