domenica 19 luglio 2015

Renzi disperato: “Taglio la tassa sulla prima casa, anzi le taglio tutte” di Luca Fazio

L'assemblea nazionale del Pd, dispersa in un angolino assolato dell'Expo, serve al presidente del Consiglio per cercare di rilanciare un partito in grande difficoltà su più fronti. Anche lui, come il più grande piazzista della storia d'Italia, punta tutto sul taglio delle imposte. Se la promessa regge lo si vedrà il prossimo anno quando in alcune importanti città, tra cui Milano, si terranno elezioni che si annunciano decisive anche per la tenuta del governo

C’era un tale sim­pa­tico, c’è ancora, che nei momenti di dif­fi­coltà tirava fuori dal cap­pello un coni­glio spe­lac­chiato. Il gio­chino fun­zio­nava, ma erano altri tempi: meno tasse per tutti, più altre cose altret­tanto pia­ce­voli per un elet­to­rato di bocca buona. L’idea non è ori­gi­nale ma c’è qual­cuno che oggi per pro­met­tere altret­tanto ha orga­niz­zato una gita pre­mio per mille dele­gati all’Expo di Milano. Alla fine, dopo un discorso ricco di meta­fore che scon­fi­nano nel nulla, sono tutti in piedi per applau­dirlo con quella bene­vola atti­tu­dine da pen­sio­nati in vacanza che sal­gono sul pull­man per assi­stere alla dimo­stra­zione di un ser­vi­zio di pen­tole. Una cosa così la chia­mano assem­blea nazio­nale, per sta­tuto sono obbli­gati a con­vo­carla, e dun­que per la cro­naca c’è spa­zio anche per la cosid­detta “mino­ranza interna”. Timi­da­mente sol­leva que­stioni che da sole var­reb­bero la discesa dal pull­man in corsa, but­tan­dosi dal fine­strino. Ma tant’è, il Pd così è ridotto e lo sanno tutti che “non è più tempo di discu­tere al nostro interno”: è un ordine. Que­sto è il mes­sag­gio per la “sini­stra” del par­tito, quanto alla sini­stra là fuori, per Mat­teo Renzi non è altro che un avver­sa­rio da irri­dere come lo sono Lega e il Movi­mento Cin­que Stelle.
Parla un’ora e mezza. Dice che lui è bravo, anche se in pochi mesi ha già disin­te­grato il “par­tito della nazione”. E poi pro­mette un trien­nio di splen­dore. Non sa fare altro per rilan­ciare il Pd che sta anna­spando pro­prio nei ter­ri­tori dove tra un anno ci sarà la veri­fica della sua fra­gile tenuta. A Milano, per esem­pio, nel 2016 si vota e lui non dice una parola pro­prio per­ché il par­tito non è in grado di espri­mere al suo interno un nome all’altezza di Giu­liano Pisa­pia (che ieri non è andato a ren­der­gli omag­gio). Non dice niente di Napoli, della giunta di Igna­zio Marino e di “mafia capi­tale”. Tace anche sul pastic­cio sici­liano. Zitto sull’amico Ver­dini e su altre com­pa­gnie poco rac­co­man­da­bili il cui pro­ba­bile ingresso nel Pd è il segno tan­gi­bile della fine di una sto­ria. Come ha detto Mat­teo Spe­ranza (l’affondo più duro della resi­sti­bile mino­ranza), “la scor­cia­toia di avere come stam­pella Ver­dini e amici di Cosen­tino rap­pre­senta un film dell’orrore che è meglio interrompere”.
Una bomba? Mac­ché. Silen­zio in una sala già mezza vuota. Del resto il dele­gato zelante sem­bra sbar­cato all’Expo anche per distrarsi un po’. Se Fran­ce­sca Puglisi si acca­lora in difesa della “buona scuola”, uno dei motivi per cui il Pd ha perso le ele­zioni, il cor­pac­cione del par­tito si sti­rac­chia e lascia la sedia alla ricerca di qual­che boc­cone per sfa­mare il pia­neta. Il meglio è già stato ser­vito. Anche Gianni Cuperlo, lui che chiede “un’altra sini­stra e non quella che imbarca gli avver­sari”, recita la sua pre­ghiera e cor­dial­mente se ne va.
L’eloquio non più cre­di­bile del pre­mier è ricco di tro­vate melo­dram­ma­ti­che e chi chiude gli occhi sulla realtà può anche rite­nersi sod­di­sfatto: “Se una bam­bina che ha l’età di mia figlia muore durante una tra­ver­sata, cia­scuno di noi può pen­sare tutto ciò che vuole, ma non per­met­tiamo ai nostri figli di pen­sare che i loro geni­tori, per un punto nei son­daggi, hanno rinun­ciato a essere per­sone umane”. Svolta sull’immigrazione? Chiac­chiere, al mas­simo il Pd resta aggrap­pato sugli sco­gli di Ven­ti­mi­glia. Più pro­ba­bile allora vin­cere facile con una pro­messa alla por­tata di que­sto par­la­mento: “Entro l’anno faremo la legge sulle unioni civili”. Scatta l’applauso “uni­ta­rio”, con Ivan Scal­fa­rotto che tran­quil­lizza gli ita­liani: “Ci credo, sospendo lo scio­pero della fame”.
Ma non è que­sto il punto. Il botto arriva a fine discorso, come se fosse una cam­pa­gna elet­to­rale o una nuova inve­sti­tura di se stesso: “Se con­ti­nue­remo a tenere in pista il can­tiere delle riforme nel 2016 faremo una sfor­bi­ciata delle tasse che pro­se­guirà. Per cin­que anni avremo un impe­gno di ridu­zione delle tasse che non ha para­goni nella sto­ria repub­bli­cana”. Il tutto, “senza aumen­tare il debito”. Come? Non si sa. Per ora basta l’annuncio: “Nel 2016 eli­mi­na­zione della tassa sulla prima casa”, via la cosid­detta Imu agri­cola e “nel 2017 ci sarà un inter­vento su Ires e Irap e nel 2018 inter­venti sugli sca­glioni Irpef e sulle pen­sioni”. Ecco il mes­sag­gio: “Il Pd non è più il par­tito delle tasse”. Que­sto è pane per i com­men­ta­tori, nono­stante la con­si­de­ra­zione di Alfredo D’Attorre (mino­ranza) che si chiede se mai “ci sarà una sede in cui pos­siamo non solo appren­dere ma anche discu­tere se la prio­rità è togliere la tassa sulla prima casa a tutti, anche a chi ha l’attico, come aveva annun­ciato Ber­lu­sconi?”. Il resto del discorso di Renzi è pura acca­de­mia, con con­si­de­ra­zioni lunari la cui vacuità le rende inat­tac­ca­bili. Come quando parla di Europa che “così com’è non va” e però “noi siamo la colonna por­tante non lo zim­bello”. Cita la Gre­cia, “il nostro paese non è il pro­blema ma parte della solu­zione”. Non ci cre­dono nem­meno i delegati.
La nuova “nar­ra­zione” però punta più in basso. E’ per sol­le­ti­care il por­ta­fo­glio degli ita­liani e per lan­ciare la cam­pa­gna d’autunno che il Pd si è rin­ta­nato nel padi­glione 89 dell’Expo. L’uomo è in dif­fi­coltà ma decine di migliaia di visi­ta­tori, almeno ieri, gli sono pas­sati accanto senza accor­gersi di nulla. Prima o poi, se vor­ranno, saranno chia­mati a dire la loro. Un anno passa in fretta e i son­daggi rac­con­tano già un’altra storia.

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