La prima amara sorpresa di questo week end è stato un articolo di Varoufakis sul Guardian, in cui l’ex ministro delle Finanze di Tsipras rivela che la Grecia non ha un piano B
in caso di mancato accordo con i creditori. Non ha preparato
l’introduzione di una moneta nazionale, né ritiene possibile farlo in
tempi rapidi: “In Iraq la creazione dal nulla di una nuova moneta
richiese quasi un anno, 20 boeing 747, la mobilitazione dell’esercito
Usa, tre società specializzate nella stampa di banconote, e centinaia di
TIR. In mancanza di ciò, il Grexit equivarrebbe all’annuncio di una
forte svalutazione cono 18 mesi di anticipo: causerebbe la liquidazione
dell’intero stock di capitale greco, e il suo trasferimento all’estero
con ogni mezzo possibile”.
L’articolo di Varoufakis è un must
per chiunque voglia capire la crisi greca. Ma il paragrafo citato è
inaccettabile, perché rivela un’incredibile superficialità del governo Tsipras
e del suo ex ministro. Il quale oltretutto sopravvaluta di molto le
difficoltà e i tempi dell’introduzione fisica di una nuova moneta: in
Grecia gran parte della moneta è elettronica,
per cui basta un click del computer della Banca di Grecia per crearla; e
per il resto la gente è perfettamente in grado di crearsela da sola,
firmando dei ‘pagherò’ in attesa delle banconote.
L’articolo di Varoufakis ha invece disastrosamente rivelato alle
controparti negoziali che le carte in mano a Tsipras sono ancora
peggiori di quanto non si credesse. A causa dell’insipienza del suo
governo (e della cattura della Bce da parte dei creditori),
la Grecia è in balia dei suoi nemici (mi spiace, di questo si tratta). E
questi ne hanno subito approfittato per umiliarla e schiacciarla fino
in fondo, senza trovare resistenza.
La seconda amara sorpresa, di ieri, è infatti l’assurda lista di richieste totalmente distruttive che l’Eurogruppo ha subito presentato alla Grecia.
Essa fa strame di qualsiasi parvenza di dignità e sovranità nazionale, e
cancella ogni possibilità di ripresa in Grecia. Non solo l’austerità
riprenderebbe su vasta scala e per un orizzonte del quale non si vede la
fine. Non solo alla Grecia viene dettato un particolare assetto
socio-economico senza lasciarle neppure la scelta delle virgole. Non
solo non si offre ancora, in cambio, alcuno sconto sul debito
(impagabile), trattandosi di pre-condizioni per future trattative. Ma anche tutti gli asset principali dello Stato greco verrebbero espropriati, a saldo (“a garanzia”) di una quota di debito, tolta la quale il debito resterebbe insostenibile e i greci ‘schiavi’ dei creditori.
Quando un debitore entra in una trappola di debito eccessivo
alimentato dagli interessi, la colpa è di norma da ripartire fra
creditori incauti e debitori poco trasparenti. Così è stato fino al
2010, quando la Grecia annunciò di non poter fare fronte alle scadenze e
chiese di negoziare con i creditori: banche soprattutto francesi e
tedesche.
Ma i governi europei si opposero, nell’interesse delle banche, e
costrinsero la Grecia ad accollarsi altro debito pur di pagare le rate
in scadenza e gli interessi montanti. E, violando i Trattati, si assunsero in proprio crediti e rischi che le banche,
dopo aver lucrato sugli interessi per anni, volentieri scaricarono. In
questo gioco ci rimettemmo soprattutto noi italiani. Il grafico qui
sotto mostra la distribuzione del debito greco al 30-4-2015: rispetto al
2009 (grafico precedente) è ora quasi tutto in mani pubbliche, e la
quota italiana è salita molto.
Che i debiti greci non fossero rimborsabili lo sapevano tutti già nel
2010 (grazie al Fmi). Perciò se gli andamenti del debito fino al 2009
sono da imputare a greci e banche, gli sviluppi successivi – accollare i
debiti ai cittadini europei, aumentare il debito totale, imporre ai
greci un’assurda austerità che ha distrutto il valore dei nostri crediti
– sono da imputare unicamente ai governi europei. (Se qualcuno crede che la Grecia in questi anni non abbia fatto niente per pagare i debiti, o poche riforme strutturali, si informi meglio). Ma l’Eurogruppo a trazione tedesca rifiuta ogni responsabilità per le politiche depressive impartite. Dare tutta la colpa ai greci serve a proteggere l’ideologia dominante: se le cose vanno male non è colpa nostra. Ed a manipolare l’elettorato: fingono di difendere i nostri soldi mentre li gettano via in malo modo.
La violenza continuerà anche oggi? La Bce ci pensi. È l’unica in grado di stampare moneta in Europa; ma proprio per questo ha il dovere di farlo: nessuna economia moderna funziona senza. Deve farlo in particolare nelle occasioni tassativamente indicate dal Trattato sull’Ue: come all’art. 127 c.2 tr. 4°; e c.5; che in questo momento riguardano la Grecia. Non farlo significa bloccare l’intera economia greca, e fare un colpo di stato in Europa.
Qui si gioca la vera partita, e qui le conseguenze saranno devastanti.
Dobbiamo prendere atto che le nazioni debitrici dell’Eurozona sono alla
completa mercé dei creditori; e questo grazie alla violazione dell’Art.7 Statuto Bce:
la quale subordina la sua collaborazione monetaria con la nazione
debitrice alla soddisfazione delle istanze dei suoi creditori. Se questo
comportamento perdura, il governo greco dovrebbe ritrovare dignità,
coraggio, e fiducia, ed uscire immediatamente dall’Euro.
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