mercoledì 22 luglio 2015

L’uscita dall’euro non può essere più un tabù di Lorenzo Guadagnucci

L’esito disastroso del cosiddetto accordo sulla Grecia è un decisivo punto di svolta. L’eroica resistenza di Alexis Tsipras ha messo a nudo il reale stato dell’Unione europea, ormai sul punto dell’implosione e divenuta col tempo un’oligarchia tecnocratica a guida tedesca e incapace di praticare solidarietà fra stati e inclusione dei popoli.
Il referendum del 5 luglio e l’umiliazione inflitta alla Grecia sette giorni dopo sono eventi che lasciano il segno. Hanno fatto capire che il deficit democratico, nell’Unione, è strutturale e che l’ideologia neoliberale è vissuta ormai con afflato dogmatico e quindi non modificabile.
Alexis Tsipras ha subito una dura sconfitta per due principali ragioni: l’isolamento politico-geografico e la mancanza di una strategia alternativa al memorandum. Tsipras ha lottato a Bruxelles da solo contro 18 stati allineati sui diktat tedeschi e si è trovato nella condizione d’essere un pericoloso esempio da schiacciare, capo di un governo eretico, di sinistra, eletto (e confermato il 5 luglio) sull’onda di un programma di rigetto delle politiche di austerità imposte dalla Troika. L’umiliazione inflitta a Tsipras è un monito agli elettori di altri paesi: l’Eurogruppo non tollera divergenze.
Quanto al secondo punto, l’ex ministro Yanis Varoufakis ha detto in questi giorni che un Piano B c’era ma che Tsipras lo ha scartato, consegnandosi a una trattativa impossibile. Pare che il primo ministro abbia reputato inattuabile quel piano, che includeva l’introduzione di una moneta virtuale ma che non era stato preparato a dovere e quindi avrebbe messo il paese di fronte a gigantesche difficoltà, con il default, la chiusura delle banche, l’isolamento internazionale, il rischio di non riuscire a garantire i necessari approvvigionamenti di energia e cibo (la Grecia non è un paese autosufficiente). Il Piano B andava preparato prima e meglio: questo si può rimproverare a Syriza, più che il no di Tsipras all’idea di Varoufakis.
Ora che un nuovo memorandum è stato sottoscritto comincia una nuova fase: per la Grecia, per il resto d’Europa come per Syriza e le sinistre del continente. Tsipras sembra deciso a rimanere al suo posto, per non cedere del tutto al “golpe”, ma il suo progetto – cioè uscire dall’austerity restando nell’euro – si è rivelato inattuabile. E’ un’evidenza che vale per Syriza e per le sinistre europee. In questa fase storica, come dice Schauble, c’è una perfetta coincidenza fra la moneta unica e le politiche di austerity e occorre prenderne atto.
L’unica strategia possibile, in simile contesto, passa attraverso la costruzione di un Piano B che tenga conto dei limiti che hanno portato Tsipras alla sconfitta. L’uscita dalla camicia di forza dell’euro dev’essere prevista e preparata, senza cadere nella tentazione dell’isolamento e senza imitare la vulgata anti euro delle destre nazionalista. Occorre pensare, piuttosto, a un’uscita concordata e possibilmente cooperativa dalla moneta, attraverso un’unione di quei paesi che l’avvento dell’euro ha messo ai margini dell’economia europea.
Va quindi costruito un fronte mediterraneo – Grecia, Spagna, Italia – che guardi a paesi come il Portogallo e in prospettiva la stessa Francia, in modo che il baricentro dell’Europa si sposti verso Sud. L’Unione europea sta morendo nel Mediterraneo – ad Atene e a Ventimiglia – e dal Mediterraneo potrà rinascere . E’ una costruzione che dovrebbe cominciare subito, attraverso un aggiornamento delle strategie di quei movimenti e di quelle forze politiche che si sono riconosciute in questi mesi nella leadership di Tsipras. Oggi la natura oligarchica e a-democratica dell’euro e delle strutture europee di governo è sotto gli occhi di tutti e fra i cittadini d’Europa è in corso un radicale e vasto cambiamento di opinione, che andrebbe colto e messo a frutto.
L’uscita dall’euro non può essere più un tabù ma comporta il varo di una moneta complementare, che inizialmente può essere virtuale ma che dovrà poi diventare cartacea; la ricerca di alleanze internazionali che assicurino gli approvvigionamenti; un enorme sforzo di informazione per garantire la coesione interna; un’azione forte di reindirizzamento dell’economia verso i consumi interni, a cominciare da quelli di base, ossia il cibo e l’energia.
Il governo Tsipras, se resisterà, dovrà affrontare enormi difficoltà per mantenere in vita l’economia greca, pur sapendo che il nuovo memorandum non dà un futuro al paese. Nel frattempo dovrà aggiornare la sua strategia e scommettere sulla crescita in altri paesi di una “nuova visione” comune. L’europeismo democratico è stato sfrattato dall’Unione e potrà tornarci solo se saprà reiventarsi.
E’ un’impresa titanica, ma fa intravedere un futuro.

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