I
fondi nazionali per gli interventi sociali più che dimezzati, le tasse
su redditi e servizi locali aumentate fino a punte del 100%, gli
investimenti e la spesa crollati dal Nord al Sud: è amaro, soprattutto
per i cittadini, il bilancio del 2011 per gli enti locali, alla voce
welfare. Lo Spi-Cgil (il sindacato dei pensionati) ha effettuato
un’analisi dettagliata dei bilanci di previsione dei Comuni italiani. Il
campione analizzato è significativo e riguarda 7.537 Comuni distribuiti
su tutto il territorio nazionale. E dall’analisi emerge un quadro molto
preoccupante sull’esercizio da parte delle amministrazioni locali delle
proprie funzioni, in particolare di quelle relative alle politiche di
sviluppo, agli investimenti e all’erogazione di servizi alla persona e
collettivi. La preoccupazione aumenta, rileva l’analisi dello Spi, se si
tiene conto che è aumentata la pressione fiscale, senza però portare a
un adeguamento della spesa corrente e all’innalzamento del livello di
copertura dei servizi.
2011 l’annus horribilis della politica sociale
Il 2011 può essere definito a tutti gli effetti l’annus horribilis della politica sociale nel nostro paese. I Fondi nazionali per gli interventi sociali – ricorda l’analisi - hanno perso il 63% delle risorse stanziate dallo Stato rispetto all’anno precedente. In particolare il Fondo per le politiche sociali – che serve a finanziare interventi di assistenza alle persone e alle famiglie – dal 2010 al 2011 è passato da 929,3 milioni di euro ad appena 273,9 milioni.
E’ stato invece cancellato del tutto quello per la non autosufficienza, per il quale era previsto uno stanziamento di 400 milioni di euro. Drastiche riduzioni sono state operate, inoltre, al Fondo per le politiche per la famiglia (da 185,3 mln a 51,5 mln), a quello per le politiche giovanili (da 94 mln a 12,8 mln), a quello per l’infanzia e l’adolescenza (da 30 mln a 3 mln) e a quello per il servizio civile (da 299,6 mln a 110,9 mln). Una fortissima riduzione ha riguardato, infine, il Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, che porta benefici soprattutto alle persone anziane alle prese con il caro-affitti e che è passato da 143,8 mln a 32,9 mln.
Le tasse sono aumentate
Come se non bastasse, nel 2011 si è registrato un aumento dei tributi rispetto al 2010: sono passati da 355,5 euro a 418 euro pro-capite. Tale aumento è determinato da un maggior gettito derivante da tributi federalisti, da quello relativo all’addizionale Irpef e da quello riferito alla tassa sui rifiuti solidi urbani (Tarsu). A livello nazionale l’imposta sui redditi ha subito un aumento dell’11% mentre la Tarsu del 12%. L’Irpef ha subito aumenti maggiori a Roma (+82,5%), a Brindisi (+36,4%), a Bari (32%), a Napoli (15,6%) e a Firenze (15,2%). Casi limite quelli di Marsala, Carrara, Cremona, Lamezia Terme e Imola dove gli aumenti hanno superato il 100%. Per quanto riguarda la Tarsu, gli aumenti più sensibili si sono registrati nei Comuni capoluogo di provincia come Reggio Calabria (+64%), L’Aquila (+53%), Catania (35,4%), Lecce (+34%), Palermo (6%), Torino e Napoli (3%). Solo a Milano si è registrata una diminuzione pari al 4,3%.
In aumento le entrate extratributarie
In aumento del 7,2% anche le entrate extratributarie, con una spesa pro-capite di 14 euro in più. Tale aumento si è registrato in particolare nei Comuni del nord-ovest (+9,4%), del sud (+8%) e in quelli che superano i 50.000 abitanti (+11,3%). I proventi di servizi pubblici (tariffe e compartecipazioni ai costi dei cittadini, multe) sono aumentati, invece, del 6%.
60% alla burocrazia, 30% al welfare
Il 60% delle risorse delle amministrazioni comunali – rileva ancora la ricerca dello Spi - vengono destinate alle funzioni generali di amministrazione, alla spesa per il personale e, più in generale, al mantenimento dei costi della politica. La spesa per il welfare si attesta, invece, al 30% del totale e riguarda servizi sociali, politiche culturali, istruzione, sport e tempo libero. Questa voce ha subito una flessione rispetto al 2010 dell’1% e una contrazione delle risorse pari a 252 milioni di euro. Nei Comuni del Centro Italia la spesa per il welfare è diminuita del -2,3% rappresentando il 30,6% della spesa totale. In quelli del sud, invece, la diminuzione è stata dallo 0,9% ma in questo caso rappresenta solo il 22,5%. Riduzioni meno sensibili si sono registrate al nord ovest (-0,6%) e al nord est (-0,2%).
Spesa sociale -1,8%
La spesa sociale dei Comuni – che comprende servizi a favore degli anziani, dei minori, dei diversamente abili e rivolti verso il disagio – è diminuita nel 2011 dell’1,8% con una riduzione di 166,5 milioni di euro e una minore incidenza sulla spesa corrente dello 0,6%. La diminuzione è stata più forte nei Comuni del centro (-4,4%), in quelli del sud (-2,8%), in quelli che hanno tra i 20.000 e i 50.000 abitanti (-2,9%) e in quelli che superano i 50.000 abitanti (-3%).
Investimenti in caduta verticale
La voce di spesa dei Comuni - riservata agli investimenti finalizzati alla realizzazione e alla manutenzione straordinaria di infrastrutture - è in caduta libera e ha perso l’8,8% rispetto al 2010 con un taglio di quasi 4miliardi e mezzo di euro. Tale riduzione ha riguardato soprattutto Comuni del nord ovest (-14,9%) e del nord est (-16,5%). Non hanno risparmiato, però, anche il centro (-8%) e il sud (-5%). Tra le grandi città spicca Palermo (-61,5%), seguita da Milano (-15,3%).
Equilibrio di bilancio: precario
Molti Comuni vivono la difficoltà a raggiungere l’equilibrio di bilancio della spesa corrente, che su scala nazionale è al 97,8%. Tale percentuale è inferiore nei Comuni del nord ovest (96,9%), in quelli del sud (97,7%) e in quelli con più di 50.000 abitanti (96,7%). In questi ultimi due casi la percentuale è addirittura in flessione rispetto all’anno precedente (-0,1%, -0,2%). Un saldo economico inferiore al pareggio di bilancio porta i Comuni ad avere problemi sulla spesa corrente, che rischia così di non trovare le coperture finanziarie se non verranno attivate altre entrate tributarie o “azioni straordinarie”.
2011 l’annus horribilis della politica sociale
Il 2011 può essere definito a tutti gli effetti l’annus horribilis della politica sociale nel nostro paese. I Fondi nazionali per gli interventi sociali – ricorda l’analisi - hanno perso il 63% delle risorse stanziate dallo Stato rispetto all’anno precedente. In particolare il Fondo per le politiche sociali – che serve a finanziare interventi di assistenza alle persone e alle famiglie – dal 2010 al 2011 è passato da 929,3 milioni di euro ad appena 273,9 milioni.
E’ stato invece cancellato del tutto quello per la non autosufficienza, per il quale era previsto uno stanziamento di 400 milioni di euro. Drastiche riduzioni sono state operate, inoltre, al Fondo per le politiche per la famiglia (da 185,3 mln a 51,5 mln), a quello per le politiche giovanili (da 94 mln a 12,8 mln), a quello per l’infanzia e l’adolescenza (da 30 mln a 3 mln) e a quello per il servizio civile (da 299,6 mln a 110,9 mln). Una fortissima riduzione ha riguardato, infine, il Fondo per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione, che porta benefici soprattutto alle persone anziane alle prese con il caro-affitti e che è passato da 143,8 mln a 32,9 mln.
Le tasse sono aumentate
Come se non bastasse, nel 2011 si è registrato un aumento dei tributi rispetto al 2010: sono passati da 355,5 euro a 418 euro pro-capite. Tale aumento è determinato da un maggior gettito derivante da tributi federalisti, da quello relativo all’addizionale Irpef e da quello riferito alla tassa sui rifiuti solidi urbani (Tarsu). A livello nazionale l’imposta sui redditi ha subito un aumento dell’11% mentre la Tarsu del 12%. L’Irpef ha subito aumenti maggiori a Roma (+82,5%), a Brindisi (+36,4%), a Bari (32%), a Napoli (15,6%) e a Firenze (15,2%). Casi limite quelli di Marsala, Carrara, Cremona, Lamezia Terme e Imola dove gli aumenti hanno superato il 100%. Per quanto riguarda la Tarsu, gli aumenti più sensibili si sono registrati nei Comuni capoluogo di provincia come Reggio Calabria (+64%), L’Aquila (+53%), Catania (35,4%), Lecce (+34%), Palermo (6%), Torino e Napoli (3%). Solo a Milano si è registrata una diminuzione pari al 4,3%.
In aumento le entrate extratributarie
In aumento del 7,2% anche le entrate extratributarie, con una spesa pro-capite di 14 euro in più. Tale aumento si è registrato in particolare nei Comuni del nord-ovest (+9,4%), del sud (+8%) e in quelli che superano i 50.000 abitanti (+11,3%). I proventi di servizi pubblici (tariffe e compartecipazioni ai costi dei cittadini, multe) sono aumentati, invece, del 6%.
60% alla burocrazia, 30% al welfare
Il 60% delle risorse delle amministrazioni comunali – rileva ancora la ricerca dello Spi - vengono destinate alle funzioni generali di amministrazione, alla spesa per il personale e, più in generale, al mantenimento dei costi della politica. La spesa per il welfare si attesta, invece, al 30% del totale e riguarda servizi sociali, politiche culturali, istruzione, sport e tempo libero. Questa voce ha subito una flessione rispetto al 2010 dell’1% e una contrazione delle risorse pari a 252 milioni di euro. Nei Comuni del Centro Italia la spesa per il welfare è diminuita del -2,3% rappresentando il 30,6% della spesa totale. In quelli del sud, invece, la diminuzione è stata dallo 0,9% ma in questo caso rappresenta solo il 22,5%. Riduzioni meno sensibili si sono registrate al nord ovest (-0,6%) e al nord est (-0,2%).
Spesa sociale -1,8%
La spesa sociale dei Comuni – che comprende servizi a favore degli anziani, dei minori, dei diversamente abili e rivolti verso il disagio – è diminuita nel 2011 dell’1,8% con una riduzione di 166,5 milioni di euro e una minore incidenza sulla spesa corrente dello 0,6%. La diminuzione è stata più forte nei Comuni del centro (-4,4%), in quelli del sud (-2,8%), in quelli che hanno tra i 20.000 e i 50.000 abitanti (-2,9%) e in quelli che superano i 50.000 abitanti (-3%).
Investimenti in caduta verticale
La voce di spesa dei Comuni - riservata agli investimenti finalizzati alla realizzazione e alla manutenzione straordinaria di infrastrutture - è in caduta libera e ha perso l’8,8% rispetto al 2010 con un taglio di quasi 4miliardi e mezzo di euro. Tale riduzione ha riguardato soprattutto Comuni del nord ovest (-14,9%) e del nord est (-16,5%). Non hanno risparmiato, però, anche il centro (-8%) e il sud (-5%). Tra le grandi città spicca Palermo (-61,5%), seguita da Milano (-15,3%).
Equilibrio di bilancio: precario
Molti Comuni vivono la difficoltà a raggiungere l’equilibrio di bilancio della spesa corrente, che su scala nazionale è al 97,8%. Tale percentuale è inferiore nei Comuni del nord ovest (96,9%), in quelli del sud (97,7%) e in quelli con più di 50.000 abitanti (96,7%). In questi ultimi due casi la percentuale è addirittura in flessione rispetto all’anno precedente (-0,1%, -0,2%). Un saldo economico inferiore al pareggio di bilancio porta i Comuni ad avere problemi sulla spesa corrente, che rischia così di non trovare le coperture finanziarie se non verranno attivate altre entrate tributarie o “azioni straordinarie”.