venerdì 2 novembre 2012

Il rebus della legge elettorale di Alfonso Gianni

Riuscirà a vedere la luce una nuova legge elettorale entro i tempi utili per votare nell’aprile del 2013? E’ da parecchio che il quadro politico si avvita attorno a questa domanda. Più tempo passa e più salgono le quotazioni di una sopravvivenza di un (apparentemente) odiato Porcellum.
Ci sono degli argomenti a favore di questa ricaduta che vanno anche al di là dell’assottigliarsi del tempo utile per dare vita a nuove norme elettorali. La proposta di legge Malan, qualunque cosa di essa si possa pensare, è già sommersa da emendamenti, molti dei quali peggiorativi. Né è convincente la proposta lanciata da Michele Ainis sul Corrierone. Secondo il politologo, il governo potrebbe procedere anche per decreto-legge. Ma non vedo come, visto che la legge 400 del 1988, tuttora in vigore, all’articolo 15 esclude la possibilità di ricorrere alla decretazione d’urgenza per le materie espressamente citate nell’art. 72 della Costituzione. Fra queste, figura la materia elettorale per la quale le Camere possono procedere solo attraverso disegni – e non decreti – di legge.
Se sopravvive il Porcellum potrebbe avvantaggiarsene il Pd, dato dai sondaggi come primo partito e come tale potrebbe approfittare di quel generosissimo premio di maggioranza che neppure la fascistissima legge Acerbo aveva immaginato. D’altro canto già ai tempi della presentazione del referendum Parisi, fatto per bloccare quello già presentato da Passigli, che avrebbe avuto a differenza del primo tutte le chances per passare il vaglio della Corte Costituzionale, era chiaro che c’era chi coltivava la speranza che alla fin della fine, annullata la via referendaria e permanendo la babele in Parlamento, il Porcellum avrebbe anche potuto sopravvivere.
Tuttavia questa astuzia ha i suoi punti deboli. In primo luogo il Pd non può esplicitare questa sua convenienza, perché essa è invisa al corpo elettorale e quindi pagherebbe in termini di consensi. In secondo luogo il Presidente Napolitano ha legato il successo del suo fine mandato proprio al varo di una nuova legge elettorale e non smette di ripeterlo. In terzo, e forse ora più importante, luogo le elezioni siciliane rende inquieto l’intero quadro politico. Lì il maggiore partito è risultato il Movimento 5 stelle: e se succedesse la stessa cosa a livello nazionale? Sarebbe Grillo in quel caso a intascare il succulento premio di maggioranza.
Ma proprio per questo nelle ultime ore si riaffaccia un’ipotesi. Se Casini si alleasse con il Pd prima delle elezioni e non dopo, com’era finora previsto, anche se ciò potrebbe costargli qualche consenso, ne guadagnerebbe in termini di numero di deputati, grazie alle regalie del Porcellum.
Tuttavia a questa ipotesi si è sempre opposta con forza Sel. E pure Casini ha ripetuto fino allo stremo che con la sinistra radicale non vorrebbe avere nulla da spartire. Ma a tutto ci sarebbe rimedio. Secondo fonti giornalistiche solitamente assai bene informate, basterebbe che si formasse un listone comprendente Pd e Sel e per l’Udc, così fanno sapere alcuni autorevoli esponenti, il problema sarebbe miracolosamente risolto, in quanto la gestione della sinistra radicale diventerebbe di diritto e di fatto un problema del Pd. In fondo non si è democristiani per nulla!
Ma quest’ultima eventualità appare a sua volta improbabile. Infatti sia l’alleanza preventiva con l’Udc, quanto l’ipotesi del listone unico Pd – Sel erano state escluse nell’ultima riunione dell’Assemblea nazionale di Sel, non solo dai pochi, fra cui il sottoscritto, che hanno votato contro il documento risultato approvato, avendone presentato un altro da questo distinto, ma direi dal senso e dalla volontà comune dell’intera Assemblea. Una soluzione del genere provocherebbe scossoni non da poco anche su questo versante.
Un dato comunque è sempre più evidente. L’effetto più immediato dei risultati delle elezioni in Sicilia, specialmente se fosse congiunto con il mantenimento dell’attuale Porcellum, spinge con sempre più forza Bersani e Casini l’uno nelle braccia dell’altro. E non è un buon matrimonio. Ci vorrebbe un Don Abbondio all’incontrario e per di più dotato di coraggio, per impedirlo. Fuor di metafora una sinistra dotata di un proprio chiaro profilo autonomo, disposta a giocarselo anche sul piano elettorale, tale quindi da non potere diventare in ogni caso strumento di giochi altrui.

da Blog di Claudio Grassi

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