giovedì 1 novembre 2012

Marchionne e il Lodo Alfa di Francesca Fornario, Pubblico

Marchionne, l’uomo che davanti a un sindacato reagisce come Buttiglione davanti a un piercing alla lingua («Ma che è ‘sta roba?! Dovrebbe essere fuori legge. Se mio figlio si azzardasse a tornare a casa con uno di questi cosi, questi tesserini del sindacato, lo spedirei dai gesuiti») aveva definito «folcloristica» la sentenza che lo obbligava ad assumere nella Newco di Pomigliano gli operai che aveva palesemente discriminato solo perché iscritti alla Fiom. Marchionne sosteneva che non c’era stata discriminazione, che se tra i 2000 assunti
- su 4600 in attesa - non c’era nessuno dei 382 Fiom non era stato fatto deliberatamente: era un caso». Un caso ogni 10 milioni, ha fatto presente il giudice dopo aver consultato un matematico. Quello di Marchionne era un alibi così inverosimile che Ghedini gli ha chiesto la Siae. Da allora Marchionne ha ingaggiato una lotta furiosa contro la magistratura, arrivando a proporre il Lodo Alfa, che prevedeva l’immunità per le 4 più alte cariche della Fiat (ma era così incostituzionale che Bonanni e Angeletti esclamarono: «Beh, perché no»). Infine, di fronte all’ingiunzione di assumere i primi 19 discriminati, il colpo di genio: «Per assumerli, devo licenziarne altri 19». Gli avvocati, temendo che venisse letta come una provocazione, lo hanno convinto a rinunciare all’ipotesi di licenziare anche un operaio per ogni soldato tedesco ucciso dai partigiani. «È l’unica soluzione economicamente sostenibile», dice Marchionne.
Ora, considerando che guadagna in un giorno quello che un suo operaio guadagna in un anno (ecco perché ultimamente è di buon umore: il 2012 è bisestile), un’altra soluzione ci sarebbe, ma viene da chiedersi: che fine ha fatto l’impegno che aveva sottoscritto ad assumere entro luglio anche gli altri 2300 di Pomigliano, se 19 assunzioni in più fanno sballare il suo piano economico?

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