1) Le elezioni siciliane hanno
indubbiamente rappresentato uno spartiacque politico. Sia per l’entità
della consultazione sia per i fenomeni che vi sono verificati. I dati
più rilevanti mi paiono i seguenti:
- Il 52% degli aventi diritto non è
andato a votare e il 7% ha votato scheda bianca o nulla. Circa il 60%
della popolazione non ha quindi espresso il proprio voto ad una lista.
- Tra chi ha votato la lista Grillo ha conquistato la maggioranza assoluta con una affermazione al di sopra del 15%.
- Il polo della sinistra ha perso
ottenendo un risultato assai modesto e in particolare la lista “Fava
Presidente” che raggruppava le forze della sinistra (Sel, FdS e Verdi)
ha ottenuto un risicato 3,1 %.
- Il presidente espressione del PD ha
vinto in virtù dello sfarinamento della destra e dell’alleanza con l’UDC
e governerà presumibilmente con le liste che fanno capo a Lombardo e
Miccichè. E’ quindi probabile che lo schieramento di governo avrà
sostanzialmente lo stesso perimetro che aveva la giunta uscente di
Lombardo. L’asse di governo neocentrista esce quindi rafforzato anche ai
fini dei prossimi assetti nazionali.
- La destra ha rilevanti problemi di
direzione politica, si è presentata divisa e non è più in grado di
proporsi come catalizzatore di un fronte politico e di un blocco
sociale, come del resto è evidente anche sul piano nazionale.
- La mafia pare non aver esercitato alcun ruolo significativo nell’orientamento del voto.
2) Il significato politico del complesso
di questi elementi mi pare il seguente: Siamo alla crisi terminale
della Seconda repubblica così come l’abbiamo conosciuta in questi
vent’anni. L’aspetto dominante della Seconda Repubblica sono state le
politiche neoliberiste. Queste politiche neoliberiste si sono
intrecciate negli ultimi anni con la crisi capitalistica che ha
determinato una profonda sofferenza sociale. Parallelamente al
restringersi dei diritti sociali e ad un ruolo della politica sempre più
caratterizzato dai “tagli”, sono andati rafforzandosi i privilegi del
ceto politico e le ruberie non più finalizzate come nella prima
repubblica al finanziamento delle forze politiche ma direttamente
all’arricchimento personale.
Il combinato disposto di questi
processi, unita ad una pesantissima campagna mediatica sulla casta, ha
determinato la formazione di un senso comune che si può riassumere in
pochi elementi: la politica non serve a migliorare la condizione di vita
della gente ed in ogni caso non serve a risolvere i problemi. In questo
contesto risultano semplicemente insopportabili i privilegi della
“casta”. Le ruberie della Casta sono all’origine del debito pubblico che
viene presentato e percepito come il principale ostacolo all’uscita
dalla crisi. Mi pare significativo come anche nelle interviste che ho
ascoltato – interviste fatte a studenti durante la manifestazione del 27
ottobre – il tema degli sprechi e delle ruberie assumesse un ruolo di
prima grandezza per la spiegazione della pesantezza della crisi.
3) In questo contesto analitico diventa
maggiormente comprensibile il voto siciliano: Sia la gigantesca
astensione che ci parla delle percezione di inutilità della politica,
sia il voto a Grillo. che ha premiato la lista che con più nettezza si è
battuta contro i privilegi della casta e che appare completamente
estranea al malaffare della seconda repubblica, con cui accentua gli
elementi di rottura presentandosi come movimento e non partito. Grillo
si presenta come l’interprete autentico del senso comune creatosi in
questi anni, anche nella determinazione della gerarchia dei problemi,
dove i ladri e le ruberie stanno al primo posto e la crisi del capitale
sullo sfondo.
4) Il nostro risultato deve essere
analizzato su più livelli. Il punto generale è che non siamo stati in
grado di intercettare il malcontento popolare dato dalla crisi e il
risentimento contro la casta. Questo è il punto politico fondamentale
che è dovuto a mio parere a tre elementi. In primo luogo siamo visti
come un pezzo della Seconda Repubblica e quindi come una parte del
sistema. Che nella seconda repubblica noi abbiamo sempre avuto posizioni
antiliberiste e di battaglia politica e culturale è poco rilevante agli
occhi dell’opinione pubblica: siamo comunque visti come interni al
quadro generale. Siamo un partito, siamo stati in parlamento e in
consiglio regionale, abbiamo anche governato e non abbiamo dato una
risposta al disagio sociale crescente ne alla degenerazione della
rappresentanza politica. Non è un caso che i nostri risultati siano a
macchia di leopardo, con buoni risultati dove siamo presenti in forma
organizzata e dove possiamo evidenziare “direttamente” la nostra
diversità, con buoni risultati della maggioranza dei candidati
presentati. Oltre a questo dato di fondo ne esiste poi uno più
specifico. In questi anni abbiamo messo al centro il carattere
strutturale della crisi del capitale mettendo sotto accusa la politiche
economiche e i giganteschi trasferimenti di risorse che dal popolo vanno
verso la speculazione e le banche. Questo elemento – del tutto corretto
sul piano analitico e delle grandezze monetarie in gioco – ha fatto si
che lasciassimo in secondo piano il discorso contro i privilegi della
politica. In qualche modo il non aver messo in primo piano la lotta alla
casta ci ha fatto percepire come poco credibili perché reticenti sul
punto principale su cui si è focalizzato – a torto o a ragione poco
importa – il malessere sociale. In terzo luogo la nostra analisi
corretta e i nostri abbozzi di risposta sul terreno della crisi si sino
rivelati giusti ma primi del mordente necessario: non esistono punti che
caratterizzino in modo riconoscibile a livello di massa la nostra
proposta politica di uscita dalla crisi.
A questi elementi di fondo – e che
rappresentano il punto politico su cui riflettere - si sono poi aggiunti
elementi specifici che hanno peggiorato il risultato. In primo luogo il
pasticcio successo attorno alla candidatura di Fava che ha determinato
una notevole perdita di credibilità dell’operazione politica nel suo
complesso. Chi ha fatto campagna elettorale in Sicilia si è sentito
ripetere più volte: “ma come volete amministrare la regione se non siete
nemmeno capaci a presentare correttamente le liste?”. Noi non abbiamo
nessuna responsabilità in questo pasticcio ma ne abbiamo pagato in
solido le conseguenze perché l’ottima candidatura della compagna Marano –
che voglio ringraziare per al generosità con cui si è messa a
disposizione come candidata presidente – non poteva obiettivamente
incidere su questa perdita di credibilità. In secondo luogo si è
rivelato un errore fatale la volontà di presentare due liste a sostegno
del presidente, dividendo così i voti e determinando il non superamento
dello sbarramento elettorale. Anche qui noi avevamo avanzato la proposta
di fare una unica lista ma – com’è noto – per sposarsi occorre essere
d’accordo in due.
5) Le elezioni siciliane ci obbligano
quindi ad un salto di qualità tanto rapido quanto netto al fine di
affrontare efficacemente la prossima scadenza elettorale nazionale. Noi
dobbiamo farci portatori espliciti di una proposta politica che decreti
il fallimento della seconda repubblica e la proposta della Terza
repubblica che ne rovesci le caratteristiche:
– abbandono delle politiche neoliberiste
con la messa in discussione dei trattati europei e delle politiche
europee. La modifica delle politiche europee non può che avvenire
attraverso rotture da praticarsi anche a livello nazionale. Si tratta di
porre al centro il tema della sovranità del popolo italiano sulle
politiche economiche quale condizione per determinare una difesa del
welfare e dei diritti dei lavoratori. In questo quadro si tratta di
definire meglio e con maggior precisione una proposta chiara sul terreno
della crisi, individuando i nodi attorno a cui costruire una vera e
propria identità della sinistra. Le campagne referendarie sono certo il
punto centrale ma non basta. Occorre esplicitare proposte concrete e un
ragionamento chiaro sul debito che diventi senso comune nelle nostre
fila. Tra le altre cose occorre chiarire come la nostra proposta di
intervento pubblico sia strettamente connessa al tema della democrazia
partecipata e dei beni comuni. Occorre chiarire bene che la nostra
proposta di intervento pubblico non prevede il ritorno dei boiardi di
stato e l’allargamento della sfera delle ruberie ma al contrario si basa
su un allargamento effettivo della democrazia e del controllo
popolare.
- neo puritanesimo dal punto di vista
dei rappresentanti politici con una proposta drastica di riduzione di
stipendi e benefit. E’ il ruolo del rappresentante politico che deve
cambiare radicalmente abolendo quei privilegi che ne determinano una
condizione di vita diversa dalla maggioranza degli italiani.
- Costruzione di una lista di sinistra e
di alternativa che raggruppi tutti i soggetti politici, sociali,
associativi disponibili ad impegnarsi per la definizione di un progetto
alternativo alle politiche neoliberiste. Si tratta di dar vita ad uno
spazio pubblico della sinistra che ponga la democrazia partecipata alla
base della costruzione delle liste e del programma. Occorre cioè
innovare dal punto di vista delle forme in modo che la presentazione di
una lista di sinistra alle prossime elezioni venga percepita come cosa
non solo utile ma propria da parte del complesso degli uomini e donne di
sinistra e di coloro che vogliono superare privilegi di casta e
neoliberismo.
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