Si candida, non si candida; presta il nome a una formazione, non lo
presta; scende in campo, non scende; annuncia, non annuncia; tutto e il
contrario di tutto per giorni e giorni; illazioni, opinioni di valenti
giornalisti, desideri espressi a mezza bocca, in attesa che SuperMario si pronunciasse.
Neppure la tanto attesa conferenza stampa di ieri ha fatto completa chiarezza.
In perfetto stile “montiano” il Presidente uscente – uscito – ha prima sostenuto: “Non
mi schiero con nessuno personalmente, vorrei che i partiti si
schierassero sulle idee”, poi: Sono “pronto a dare incoraggiamento e se
richiesto anche guida” e infine: “Se una o più forze politiche, con
credibile adesione alla mia agenda, manifestasse il proposito di
candidarmi a Presidente del Consiglio, valuterei la cosa.”
Ha anche precisato: “Non sarò candidato a un particolare collegio, anche dovessi muovermi nella direzione di un impegno politico, perché sono già senatore a vita”.
Insomma, quasi il tutto e il contrario del tutto, in termini reali. Ancorché “tecnico”
SuperMario ha fatto sapiente uso di “politichese” che, per me, consiste
nel “parlare a Sparta perché Atene intenda”, fare affermazioni che
sembrano categoriche ma che in realtà lasciano aperte tutte le
soluzioni, evitare di far capire il reale pensiero. Sgombro il campo da
possibili equivoci: trovo il “politichese”, nell’accezione che ho
descritto, deteriore e particolarmente poco indicato a una situazione
quale quella che sta vivendo il paese, che richiederebbe pochi messaggi
ma chiarissimi, indicazioni certe che rendano meno incerto e
preoccupante il futuro nel quale ci addentriamo con timore anche grazie a
quanto ci ha preparato questo Governo e una iniezione di fiducia che
inviti a seguire; in una parola: leadership, dote che dalla nostra politica latita ormai da decenni e decenni.
Mi
riservo di entrare nei dettagli delle altre affermazioni di Monti – ad
esempio quelle sulla sua visione del futuro politico/economico – in un
successivo post e soprattutto dopo avere letto la molte volte promessa
“agenda” e che sembrerebbe che Monti volesse pubblicare prossimamente
sul web.
Per il momento vorrei sottolineare come, appunto in
perfetto stile politichese, Monti sembri fingere di non capire che
esiste un realtà quotidiana che chiede risposte concrete e se ne frega altamente di considerazioni filosofiche alcune delle quali in stridente contrasto con, appunto, la realtà.
Mi riferisco in particolare all’affermazione di non poter candidarsi in quanto senatore a vita, che mi sembra piuttosto un escamotage
per evitare di fare quello che una buona metà del paese gli chiede e
cioè di sottoporsi direttamente, con tutto il suo bagaglio di idee – la
famosa “agenda Monti” – e con la sua credibilità personale, al vaglio elettorale. Se vuole candidarsi può farlo, basta dimettersi da senatore a vita; la Costituzione
non lo impedisce e null’altra ragione, a parte le sue scelte personali –
siano esse di convenienza o di proprie valutazioni di opportunità- lo
vieta. Non siamo così sprovveduti da accettare per buona una spiegazione
che non lo è.
Il progetto di Monti, seppure si
deve interpretarlo e non lo si riceve con parole dirette, sembra essere
quello, abbastanza chiaro, di mantenere un ruolo da grande vecchio,
indisponibile a metterci direttamente la faccia nelle elezioni, ma che
indica la sua disponibilità a essere “chiamato” come salvatore della
patria quando ce ne fosse la necessità o meglio, come penso io, quando
le alchimie di partiti, partitini e partitelli dovessero consegnare la
Nazione all’ingovernabilità.
La pubblicazione di una “agenda Monti,” oltre a una brutta personalizzazione
della politica sembra fatta apposta per rinvigorire quel centro
rampante che, partendo da un misero 6-7% cumulativo potrebbe arrivare,
adottando l’agenda a programma elettorale, a un 15%; non sufficiente per
governare ma forse abbastanza per impedire ad altri di farlo; cose da Prima Repubblica che speravamo di poterci dimenticare.
Invece
di un “grande vecchio riservista” avremmo bisogno che su un progetto
radicale come quello di Monti la nazione potesse decidere in piena
coscienza, con dovizia di dettagli, che gli imprenditori, i banchieri, i
disoccupati, le casalinghe, gli esodati, i lavoratori dipendenti, gli
autonomi, potessero esprimere il proprio voto con la consapevolezza
delle proprie scelte qualsiasi esse siano, rigoriste o populiste,
recessive o di spesa pubblica, europeiste oppure no. Di maggiore confusione
non abbiamo bisogno, non ci servono “unti del signore” né “eroi
dell’emergenza” né “suggeritori illuminati” e non possiamo prendere per
buone né la sirene nazionali che gorgheggiano : “ o Monti o la rovina”
né quelle internazionali, ultimo Van Rompuy, presidente del consiglio UE
: “Il prossimo governo italiano non ha altra scelta che continuare le stesse politiche del governo Monti”.
No! Possiamo fare di diverso e forse di meglio ma soprattutto rivendichiamo il diritto a decidere noi cosa fare e ad affidare la guida del paese a chi ce la chiede se ci fornisce buoni motivi per conferirgliela.
Abbiamo
già sperimentato per 12 mesi un governo di non eletti; ringraziamo ma
vorremmo andare avanti con errori commessi con le nostre mani e non per
interposta persona. Almeno questo concedetecelo: se dobbiamo avere il
debito e la disoccupazione alle stelle, il mercato immobiliare e i consumi
alle stalle e cittadini socialmente dismessi come gli esodati, che
almeno possiamo dire a posteriori che “è stato per colpa nostra”. Quindi
chi vuole governare e ha delle idee su come farlo, si candidi; come
farlo è semplice e chiaro; basta andare a leggersi la costituzione.
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