martedì 18 dicembre 2012

INTERVENTO ALL'ASSEMBLEA NAPOLETANA DI "CAMBIARE SI PUO' " di Giovanni Lamagna




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Con questo intervento vorrei pormi alcune domande e provare a darmi le relative risposte, che spero possano aiutare la nostra comune riflessione.
Prima domanda: noi (mi riferisco ovviamente ai firmatari dell’appello “Cambiare si può”) abbiamo già deciso di fare la lista da presentare alle prossime elezioni politiche?
La mia risposta è: no, non abbiamo ancora deciso!

Se lo hanno già deciso le 30/40 persone che hanno preparato questa Assemblea, per me non è scontato che la stessa decisione sarà presa da questa Assemblea.
Perché così era stato deciso a Roma al teatro Vittoria: le assemblee di territorio avrebbero verificato (territorio per territorio) se ci fossero state le condizioni pratiche, effettive per la sua realizzabilità.
Quindi noi oggi dobbiamo verificare e decidere se qui a Napoli per noi ci sono le condizioni politiche e pratiche, materiali per fare questa lista.
La cosa non è già stata già decisa.
Da altri (pochi altri) anche per noi.

Seconda domanda: quali sono le condizioni minime indispensabili perché la formazione di questa lista possa essere ritenuta praticabile, realizzabile?
La mia risposta è:
   1) Non è la concordanza sulle questioni di contenuto e di programma, sulle quali, al di là delle differenze di sfumature, di virgole e di accenti, c’è un’ampia convergenza di vedute tra noi; e non da oggi e neanche da ieri o l’altro ieri;
    2) Non è neanche la verifica dell’esistenza di una platea elettorale potenziale a cui offrire la nostra proposta politica e le nostre candidature; questa platea esiste e forse è addirittura maggiorita nel paese (come alcuni di noi vanno sostenendo in questi giorni con un po’ di enfasi, ma forse non del tutto infondata);
   3) La condizione basilare è (per me) che il processo di formazione di queste liste riesca a mettere d’accordo i tempi strettissimi che abbiamo davanti con un metodo di larga e profonda partecipazione democratica nella scelta delle candidature; che, quindi, la formazione delle liste non venga affidata (solo) alle 30/40 persone che hanno promosso e preparato questa assemblea.

Terza domanda: come si può realizzare questa larga e profonda partecipazione democratica di cui parlavo prima?
Altri stanno organizzando le primarie. Sarebbe bello poterlo fare anche noi.
Ma io non credo che abbiamo concretamente questa possibilità.
Ne abbiamo però, forse un’altra: quella di convocarci da domani in assemblea (quasi) permanente.
Le liste dovranno uscire da questa assemblea permanente e non da una cerchia ristretta di persone.

Quarta domanda: quali procedure dovrà darsi questa Assemblea permanente?
La mia risposta è:
    1) dovrà trovare innanzitutto un luogo fisico in cui riunirsi; che non mi sembra un problema da poco;
    2) dovrà darsi poi dei criteri di formazione delle liste;
  3) dovrà accettare, quindi, formalmente le candidature: i partecipanti all’Assemblea permanente sono tutti (almeno in potenza) candidabili;
    4) dovrà, infine, procedere alla scelta dei candidati seguendo i criteri definiti in prima istanza, attraverso una formale votazione;

Quinta domanda: quali i criteri per fare queste liste?
Per me devono essere i seguenti:
    1) esprimere al massimo possibile le varie figure del mondo del lavoro; quindi intellettuali e operai, impiegati e artigiani, commercianti e professionisti e, perfino, imprenditori che si riconoscessero nel nostro programma;
   2) combinare la presenza di persone di diversa età e generazioni, con larga presenza dei giovani ma neanche con logiche rottamatorie alla Renzi;
    3) prevedere una forte presenza femminile, ma senza forzature (del tipo liste con alternanza “a cerniera” di donne e uomini);
  4) assicurare al massimo la copertura dei diversi territori all’interno delle diverse circoscrizioni elettorali;
    5) prevedere un mix di figure provenienti dalla società civile, cioè attualmente senza appartenenze partitiche, con figure provenienti dai partiti che si riconoscono in questo progetto, senza nessuna preclusione pregiudiziale;
    6) chiedere ai partiti di rinunciare al loro simbolo e di confluire in un’unica lista con un unico logo.

Sesta domanda: quali sono i nostri rapporti con il “movimento arancione”?
A me, al momento non è chiaro.
De Magistris non ha firmato l’appello “Cambiare si può”, però poi è venuto all’Assemblea di Roma del 1° dicembre ed ha fatto anche un intervento;
Dodici giorni dopo ha fatto poi una “sua” assemblea a Roma dove ha lanciato un “suo” movimento”, con un “suo” manifesto, un “suo” programma e un “suo” logo.
Mancava solo che presentasse i “suoi” candidati.
Ora io, di fronte a questi fatti, mi faccio (e vi faccio) una ennesima domanda (la settima), articolata in sottodomande: a che gioco stiamo giocando? e a che gioco sta giocando De Magistris?
Noi facciamo una cosa e lui ne fa un’altra?
Oppure noi confluiremo nella sua cosa?
Oppure lui confluirà nella nostra?
Oppure faremo un’unica cosa?
Io suppongo che ognuno dei qui presenti abbia delle sue risposte a queste domande. Sulle quali (credo) dobbiamo confrontarci. Le mie (risposte) sono queste:
   1) A me non è piaciuta l’accelerata che De Magistris ha dato al suo movimento, come se l’iniziativa di “Cambiare si può” non ci fosse mai stata;
    2) Personalmente io non ho nessuna intenzione di confluire nel movimento di De Magistris, perché il mio giudizio sulla persona è molto articolato, è fatto di alcune valutazioni positive, ma anche di molte negative; sono disposto quindi ad averlo come “compagno di viaggio”, come “uno” dei leader ma non come “il” leader (meno che mai come il capo carismatico) del nostro percorso;
   3) Perciò, se qualcuno di voi ritiene che noi dovremo confluire nel movimento di De Magistris, io dico con chiarezza: non sono d’accordo;
   4) Anzi dico di più: se la maggioranza di questa Assemblea dovesse decidere in tal senso, io non sarò dei vostri;
  5) Sono disposto invece a fare una cosa che metta insieme gli aderenti all’appello “Cambiare si può” e quelli che hanno aderito al “Movimento arancione” di De Magistris. Su un piano di totale e assoluta parità.
    6) Ma questa cosa dovrà svilupparsi secondo le procedure e le modalità che ho cercato di definire prima;
 7) Queste sono le condizioni che (nel mio piccolissimo) pongo per la mia adesione al percorso che oggi stiamo cercando di individuare ed avviare.

Giovanni Lamagna

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