Intervento al Comitato Politico Nazionale di Rifondazione Comunista del 23 dicembre 2012
Comincio
con una considerazione molto breve sulla fase politica, che pure
meriterebbe ben altra attenzione. Credo che dovremmo tenere presente che
molto probabilmente la prossima legislatura sarà ancora più dura di
quella che si è appena conclusa. Vivremo sotto il duplice vincolo del
pareggio di bilancio e del fiscal compact. E non credo si possa
escludere che a Quirinale sieda un personaggio – penso a Monti, che
ancora non ha deciso cosa fare da grande – ancor più retrivo
dell’attuale inquilino. Ne segue che, se riusciremo a salvarci la pelle,
il lavoro duro non sarà certo finito con le elezioni. Al contrario, si
tratterà, dal primo giorno della nuova legislatura, di spendersi allo
spasimo per costruire nel paese un’opposizione non puramente virtuale.
Vengo al percorso in vista delle elezioni di febbraio, al centro della nostra discussione.
Per ciò che riguarda l’assemblea del
Teatro Quirino, condivido un passaggio della relazione del segretario e,
nella sostanza, il giudizio severo formulato qui stamattina dalla
compagna Rasori. Giudizio che però declinerei, appunto, alla luce del
suggerimento di Ferrero. Distinguiamo l’essenziale dell’inessenziale.
L’essenziale resta la necessità di partecipare a una pratica unitaria di
costruzione del polo della sinistra; meno essenziale mi pare invece
indugiare nelle critiche (in sé condivisibili) del microgiacobinismo
degli eterni teorici della democrazia diretta e della supponenza dei
soliti interpreti della «società civile».
Distinguere essenziale e marginale è
necessario anche in relazione a Ingroia. Essenziale mi pare il fatto che
Ingroia incarni, ci piaccia o meno, l’unica concreta possibilità di
costruire un’aggregazione credibile, caratterizzata in chiave
limpidamente antiliberista. Di fronte a questo, non mi appassiona invece
la discussione su quanto ancora manca nel uo decalogo, così come mi
pare del tutto ovvio (e banale) che Ingroia non si sia mostrato in tutto
e per tutto avvertito del dibattito politico. A chi tra noi preferisce
snocciolare altrui lacune, suggerirei di prendere sul serio quanto ci
hanno insegnato le donne: proviamo a partire da noi stessi e dalle
nostre lacune, da tutti gli errori che abbiamo commesso e in conseguenza
dei quali siamo ridotti ai minimi termini.
Due parole, infine, su di noi e sul da farsi.
Siamo – credo – tutti (o quasi)
consapevoli che si è verificata una costellazione favorevole e che sta
passando un autobus (forse l’ultimo) che potrebbe permetterci di evitare
il rischio di chiudere baracca. Detto questo, sappiamo che un passo in
avanti è solo un passo. Ci sono ancora molti ostacoli fino alla
costruzione della lista. Dopodiché dovremo fare una campagna elettorale
molto impegnativa. E poi incroceremo le dita.
Oggi mi sembra importante sottolineare
una cosa. Ieri il sergretario ha detto che è necessario compiere questo
percorso unitario di costruzione del polo di sinistra, e al tempo stesso
tenere insieme il nostro partito, preservarne consistenza e unità,
possibilmente rafforzarlo. Sono d’accordo. Per questo ritengo
essenziale, tra altre, una condizione: essere leali tra noi. E garantire
trasparenza nel processo di formazione delle decisioni che dovremo
assumere da oggi sino all’ultimo giorno della campagna elettorale.
Tutti sappiamo che – ci piaccia o meno –
l’elaborazione delle liste elettorali è uno dei momenti più delicati
nell’esperienza di un partito politico, soprattutto in tempi come
questi, di vacche magre o magrissime. Per questo abbiamo tutti il dovere
di essere leali e cauti, e di garantire non soltanto in termini
retorici partecipazione e trasparenza.
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