A due mesi esatti dalle elezioni, grande è la confusione sotto il cielo delle liste. Chi sarà candidato e chi no? E perché?
Il
Pd si affida alle primarie di Capodanno e non butta via niente:
liberisti e statalisti, montiani e antimontiani, pro-tax e anti-tax,
inquisiti e incensurati, dinosauri e giovincelli, venghino signori
venghino. L’unico prerequisito indispensabile per concorrere è un giuramento al Dio Tav,
consistente nel bacio della putrella, gli ex comunisti avendo
sostituito il simbolo Falce e Martello con Calce e Martello. Infatti
l’unico escluso è Sandro Plano, noto eretico dal dogma dell’Immacolata
Cementificazione.
Nel Pdl decide tutto la Mummia, all’insegna del rinnovamento e della fedeltà. Si parla, fra le new entry,
di Gattuso, Baresi, Paolo Maldini e Albertini (il calciatore) per un
nuovo miracolo milanista (Gullit e Van Basten no perché immigrati). In
grave pericolo i traditori che negli ultimi mesi si erano bevuti la
favola del passo indietro e delle primarie e, pur di non andare a
lavorare, avevano cercato casa chez Monti. Tipo Schifani,
che quest’estate aveva avuto una sbandata per il Prof: niente più che
una sveltina, anzi una montina, che però potrebbe costargli cara. Eccolo
dunque impegnatissimo nella prova d’amore: consiste, nel suo caso, nel
denunciare la conferenza stampa natalizia del premier, “politica e non
istituzionale”, dunque “strana” e “fuori luogo” perché non s’è mai visto
“un premier che attacca l’ex premier” (tipo B. che attacca Prodi, per
dire, roba mai vista). Chissà se basterà: in caso contrario resta la tradizionale camminata a quattro zampe.
Anche l’ex berlusconiano poi montiano ora riberlusconiano Quagliariello
vibra di sdegno per gli attacchi “ingenerosi” di Monti a B. Parole
“ingenerose” anche per l’ex radicale poi berluschina poi montiana ora
riberluschina Eugenia Roccella, folgorata sulla via di
Arcore perché “in un momento di crisi come l’attuale è necessario dare
ai cittadini risposte limpide”. Persino Aledanno, già
capo degli scissionisti montiani, rientra precipitosamente all’ovile
“per rilanciare il Pdl” chiunque ne sia il leader, anche quello che fino
a un mese fa era “irrazionale e improponibile”. La prova d’amore più
commovente è quella di Capezzone, che per la verità
nessuno sospettava di filomontismo (anche perché nessuno se l’è mai
filato), ma teme che il capo ricordi ancora il suo passato di radicale
nel centrosinistra. Dunque, vedendolo da Giletti,
s’illumina d’incenso: “Da Berlusconi su Rai1 è venuta una positiva
scossa politica e di comunicazione paragonabile a quella che realizzò a
Vicenza nel 2006, aprendo la strada a una rimonta enorme”. Purtroppo la
scossa di Vicenza 2006 fu così commentata da un simpatico buontempone:
“Berlusconi appare patetico. Il melodrammone italiano si arricchisce di
nuove pagine lamentose: dopo la ‘cieca di Sorrento’, la ‘muta di
Portici’ e lo ‘smemorato di Collegno’, arriva anche lo ‘sciancato di
Arcore’. Occorre che non si affidi il governo a Berlusconi per altri
cinque anni”. Era Capezzone.
Nel Centro di Monti-zemolo, invece, decide tutto il Prof.
Che fa sapere di non volere candidati impresentabili o riciclati.
Piercasinando s’è detto disposto a rinunciare a Cesa, come se gli altri,
lui compreso, fossero presentabili e freschi come roselline di maggio.
Visto l’affollamento al centro, i candidati dovranno superare la
tradizionale prova del portafogli: ne verrà posizionato
uno gonfio di banconote (ovviamente fac-simile, visto l’ambiente) sul
pavimento dell’atrio della sede Udc e chi resisterà alla tentazione di
metterselo in tasca passerà la selezione. Nel caso in cui, date le
usanze della casa, non la passi nessuno, verranno ricandidati quelli
che, prima di chinarsi, contano almeno fino a tre.
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