di Anna Camposampiero, Vincenzo Vasciaveo, Nadia Rosa, Massimiliano Lio, Giancarlo Broglia
L’assemblea milanese di “Cambiare si può” è stato un importante appuntamento, partecipato con un dibattito ricco, che ha fatto proprio il principio della pari dignità, di singoli, di associazioni, di militanti di partito, di organizzazioni, tutti uniti nel raggiungimento dell’obiettivo. Una pratica questa naturale, di chi si riconosce simili e uguali nelle tante vertenze territoriali e nelle tante lotte, dove cittadinanza attiva e militanti di partito operano da anni senza differenze e primogeniture. Per questo l’assemblea è stata un successo di partecipazione e di totale assenza di polemiche pretestuose sul ruolo dei partiti. Se qualche sparuto intervento ha cercato di porlo questo è apparso estraneo alla grande maggioranza dei partecipanti.
Questo è ciò che noi abbiamo visto e vissuto, sia come componenti la presidenza che da compagni/e intervenuti portando il proprio contributo.
L’assemblea milanese di “Cambiare si può” è stato un importante appuntamento, partecipato con un dibattito ricco, che ha fatto proprio il principio della pari dignità, di singoli, di associazioni, di militanti di partito, di organizzazioni, tutti uniti nel raggiungimento dell’obiettivo. Una pratica questa naturale, di chi si riconosce simili e uguali nelle tante vertenze territoriali e nelle tante lotte, dove cittadinanza attiva e militanti di partito operano da anni senza differenze e primogeniture. Per questo l’assemblea è stata un successo di partecipazione e di totale assenza di polemiche pretestuose sul ruolo dei partiti. Se qualche sparuto intervento ha cercato di porlo questo è apparso estraneo alla grande maggioranza dei partecipanti.
Questo è ciò che noi abbiamo visto e vissuto, sia come componenti la presidenza che da compagni/e intervenuti portando il proprio contributo.
Stupisce quindi l’articolo di Guido
Viale sul Manifesto, il quale legittimamente esprime una sua
personalissima tesi, ma accostandola all’assemblea milanese generando un
equivoco di fondo che per molti militanti di partito e non solo risulta
insopportabile. La tesi secondo la quale, le oligarchie e gli apparati
partitici “vetusti” e in cerca di “posti”, debbano con “garbo” fare un
passo indietro, raccogliere le firme necessarie (senza gli apparati
vetusti ciò è impossibile), ma poi perché portatori di “sconfitte”
arrendersi alla “cittadinanza attiva”. L’errore di Viale e di molti
intellettuali, non avvezzi forse a frequentare le tante vertenze
territoriali (NO TEM, lotta agli inceneritori, difesa dell’occupazione,
lotta ambientali, lotte antirazziste, difesa dei beni comuni), è quello
di non prendere neanche in considerazione, che tra la “cittadinanza
attiva” e i militanti di partito della sinistra (come molti interventi
hanno sottolineato nell’assemblea) nei movimenti sociali non ci sono
differenze, perché tutti lavorano per il raggiungimento dell’obiettivo.
Tutti sono “cittadinanza attiva” e questa è l’unità e la pari dignità,
che a Milano ha preso forma in “Cambiare si può”. Un “Cambiare si può”
molto diverso da ciò che auspica Viale, che rispettiamo e apprezziamo ma
con cui non concordiamo.
La nave di “cambiare si può” a Milano è partita bene e ha preso il largo. Nel mare tempestoso che ci aspetta al governo di questa nave, non ci devono essere primogeniture e arroganze, dei partiti certamente, ma anche degli “intellettuali” che se anche hanno avuto il merito di “lanciare” una proposta, oggi devono avere anch’essi l’umiltà di mettersi al servizio della nave, facendo tutti lo stesso lavoro, il mozzo, il marinaio e il cuoco, senza la presunzione di essere i soli al timone “essendo unti” dalla primogenitura.
La nave di “cambiare si può” a Milano è partita bene e ha preso il largo. Nel mare tempestoso che ci aspetta al governo di questa nave, non ci devono essere primogeniture e arroganze, dei partiti certamente, ma anche degli “intellettuali” che se anche hanno avuto il merito di “lanciare” una proposta, oggi devono avere anch’essi l’umiltà di mettersi al servizio della nave, facendo tutti lo stesso lavoro, il mozzo, il marinaio e il cuoco, senza la presunzione di essere i soli al timone “essendo unti” dalla primogenitura.
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