domenica 23 dicembre 2012

Vendola sente odore di trappola

++ VENDOLA INDAGATO, AVREBBE FAVORITO NOMINA PRIMARIO ++L’alleanza di Nichi Vendola con Pier Luigi Bersani torna di nuovo a rischio con la discesa in campo di Mario Monti. Il governatore pugliese teme di non essere più così determinante nel prossimo governo, non si dimette più e, per amore dei suoi cittadini, resterà alla guida della regione fino a quando non saranno chiari gli equilibri della prossima legislatura con il rischio che alla fine possa preferire il ruolo attivo a Bari rispetto alla testimonianza a Montecitorio.
Sta tornando di nuovo in forse il ruolo che potrà avere Vendola nel prossimo governo e per il momento, anche se è vietato dirlo, non è ancora contendibile la sua poltrona. Tutto per colpa di Monti che non solo ormai è in campo e al di là della forma del suo impegno rischia di essere determinante per il prossimo governo. Per il premier dopo aver respinto le offerte di Silvio Berlusconi a guidare i moderati e aver incontrato il segretario del Pd a Palazzo Chigi, qualcosa è davvero cambiata. Se Berlusconi, capita l’antifona, ha iniziato a correre in prima persona per la premiership, è nel centrosinistra che si avranno le maggiori conseguenze. L’alleanza tra Pd e Sel se è buona per la campagna elettorale, in molti sanno che non può andar bene per il prossimo governo. A meno di un ruolo di semplice testimonianza da parte di Sel piuttosto che, come ha sempre detto il governatore pugliese, quello di condizionare il governo.
Dopo il viaggio a Bruxelles di Bersani che ha rassicurato i vertici europei che, al di là degli slogan, l’agenda Monti sarà portata avanti con al massimo alcune modifiche, tutto è cambiato. Anche se ha pure assicurato che il suo più stretto alleato politico del momento è europeista convinto e non farà scherzi, Vendola per primo ha capito che l’aria non è più la stessa.
Non è ancora chiaro se il progetto post elettorale di Monti-Bersani prevede davvero il taglio delle ali estreme e un governo Pd–centristi e montiani ex Pdl oppure semplicemente un’alleanza centrosinistra, montiani.
Se nel primo caso Vendola sparirebbe proprio dalla maggioranza, cosa abbastanza difficile da giustificare dopo aver fatto insieme le primarie e le elezioni, nella seconda e più plausibile ipotesi il ruolo del governatore e dei suoi verrebbe comunque fortemente ridimensionato. E per lui non ci saranno più né posti da ministro né addirittura una vicepresidenza di governo. Ecco allora che lo stesso Vendola inizia a preparare il passo indietro. Mercoledì nel vertice di maggioranza che ha tenuto in regione per la legge di bilancio, mentre tutti si aspettavano l’annuncio che all’approvazione della finanziaria regionale si sarebbe dimesso, lui li ha gelati. «Sarò presidente della regione fino all’ultimo secondo utile» ha detto Vendola, motivando la decisione «per preservare gli interessi della mia comunità. Non ci sono dimissioni all’indomani della manovra di bilancio, andremo in campagna elettorale con l’impegno intatto a tenere sotto controllo tutti i dossier della Puglia». Insomma, al di là delle belle parole e dei nobili interessi è chiaro che Vendola ha annusato il trappolone. Fare campagna per un centrosinistra dove non sarà più determinante e contemporaneamente lasciare la sua prestigiosa poltrona nelle mani dei democratici che, a partire da Michele Emiliano, sono già sull’uscio pronti a occuparla. E se davvero le cose andranno come sembra oggi, a quel punto Vendola potrebbe decidere di restare alla guida della Puglia fino alla fine del mandato, una carica molto più visibile e prestigiosa rispetto a un ruolo di parlamentare, più o meno graduato.
Antonio Calitri - Italia Oggi

La blindatura delle candidature di Sel

IMG_9353bisSono stati ufficializzati quest’oggi, in seguito all’assemblea nazionale di Sinistra Ecologia Libertà, i nomi dei candidati appartenenti al “listino bloccato” e che, di conseguenza, non dovranno sottoporsi alle primarie interne per il partito. Di questi, 12 appartengono agli organi dirigenziali (in modo particolare al coordinamento nazionale) e 10 sono esterni al partito.
Per i primi spiccano i nomi di Titti Di Salvo (presidenza nazionale), Celeste Costantino (presidenza nazionale), Francesco Ferrara (responsabile nazionale organizzazione), Sergio Boccadutri (tesoriere), Francesco Forgione (membro dell’assemblea nazionale), Maria Luisa Boccia (presidentessa dell’assemblea nazionale), più quelli dell’intero coordinamento nazionale: Nicola Fratoianni, Massimiliano Smeriglio, Gennaro Migliore, Claudio Fava, Monica Cerutti, Loredana De Petris, Grazia Francescato. L’unica “esclusa” è Chiara Cremonesi, attuale consigliera in Lombardia, che dovrebbe impegnarsi attivamente per le prossime regionali.
Di questi, due hanno ottenuto la deroga: Claudio Fava e Francesco Forgione. Lo Statuto di Sel, all’art.12 comma 6, prevede infatti che «non è ricandidabile [...] chi abbia ricoperto tre mandati pieni di consigliera/e regionale o parlamentare (nazionale o europeo, anche non consecutivi). La deroga è possibile col voto a maggioranza qualificata di 2/3 dell’ Assemblea nazionale».
La “lista bloccata” viene completata dai 10 esponenti appartenenti al mondo del lavoro, civico e sindacale: Roberto Natale (segretario Fnsi), Laura Boldrini (portavoce commissariato Onu rifugiati), Giorgio Airaudo (Fiom), Giulio Marcon (portavoce ‘Sbilanciamoci’), Giulio Volpe (rettore università di Foggia), Pape Diaw (portavoce comunità senegalese Firenze), Ida Dominjanni (giornalista), Monica Frassoni (co-presidentessa dei Verdi europei), Giovanni Barozzino (uno dei tre operai licenziati dalla Fiat Sata di Melfi).
In conferenza stampa, Nichi Vendola ha dedicato parole particolari proprio a Barozzino: «Esattamente come Mario Monti, vogliamo iniziare la nostra campagna elettorale da Melfi. Ognuno sceglie da che parte stare: anche noi abbiamo scelto».
red. - Pubblico giornale

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