Antonio Ingroia si candida e nel farlo deve chiedere pure scusa.
Ovvio: dopo che per decenni abbiamo avuto come leader politici
puttanieri, banchieri, ladri conclamati, gente in odore di mafia e
burocrati che a 8 anni facevano i discorsi con presente Palmiro
Togliatti, appena ti arriva una persona per bene – sulla cui onestà
neanche il peggior nemico ha mai osato proferire parola – gli si
domanda: «Oh ma sei diventato scemo?».
E allora Ingroia è lì, in balia di conduttori televisivi e
commentatori diventati improvvisamente rigorosissimi, a doversi
giustificare. Nel Paese delle controriforme, degli assassini che tornano
a casa omaggiati dal Capo dello Stato, del pensiero unico dominante per
cui dopo un anno di governo Monti tutti gli indici economici sono
peggiorati eppure «Monti ha messo a posto i costi», delle grandi opere
che vanno fatte per forza ma nessuno ha capito perché, dei grandi
manager osannati come eroi e che poi si rifanno sulla pelle degli operai
non rispettando le sentenze, ecco in questo Paese un magistrato che ha
portato avanti le proprie idee senza girarsi dall’altra parte – le idee
della nostra Costituzione – passa per un sovversivo.
Ed è vero, probabilmente: Ingroia è un sovversivo rispetto all’Italia
che ci troviamo davanti. Dove la destra è in balia di un vecchio e
schizofrenico miliardario, dove il centro è in balia come sempre dei
voleri del Vaticano – scusi, ma l’Imu? – e dove la sinistra è in balia
dei dettami neoliberisti di Bruxelles, tacciati per impegni
irrinunciabili: tagli al welfare e ciao.
L’Italia dei normali invece chiede impegni veri e forti per
combattere l’evasione e la corruzione; l’Italia dei normali sa che il 10
per cento della popolazione detiene il 50 per cento della ricchezza e
forse accanirsi con pensionati e precarie non è eticamente corretto; non
chiede missioni militari ma diritti sociali e civili; l’Italia dei
normali pretende il lavoro per tutti, un lavoro dignitoso, e lo pretende
giustamente perché è su quello che si fonda la nostra Costituzione.
Per questo, nel Paese del mondo alla rovescia camminare in direzione ostinata e contraria non è un vezzo. È un dovere.
PS. Silvio Berlusconi è stato premier tre volte dopo essersi misurato
con il voto, per fortuna e purtroppo. Monti vuol esserlo la seconda
volta, e anche questa senza candidarsi. Nel Paese alla rovescia succede,
e succede con estrema naturalezza.
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