La politica è bella, il politicismo molto meno. Per questo le
paginate sui giornali e le intere pubblicazioni dedicate alle leggi
elettorali non mi hanno mai appassionato. Perché si parla sempre del come e mai del cosa.
La politica è semplice, è diretta, è genuina (se fatta bene). Il
politicismo è machiavellico, macchinoso, pieno di trabocchetti e
tradimenti. La politica è per tutti, il politicismo è per chi ha
retropensieri anche quando dorme.
La politica in Italia la si è fatta poche volte, e a sprazzi. Ma c’è
stato un momento in cui la politica ha trionfato e ha migliorato davvero
le condizioni morali di un Paese. Ed è stato con la nascita della
Costituzione, una costruzione di regole capace di mettere insieme
tecnica e valori, indirizzo politico e ideale.
I costituenti
facevano politica e allora avevano idee semplici per quanto riguarda il
sistema elettorale da adottare. Una testa, un voto. Chiaro no? Il
proporzionale è quanto di più democratico esista al mondo. A ognuno
secondo la proporzione appunto, senza trucchi, senza premi, senza
sbarramenti, senza vantaggi per nessuno, a garanzia di tutte le
posizioni politiche, anche quelle cosiddette “minoritarie”. E quanto
alla “governabilità”, questo mostro nel nome del quale si deve
sovvertire la banalità del buon senso, non dipende tanto dalle leggi
elettorali quanto dalla qualità della classe politica di un Paese. Di
stregoni da codici e comma incomprensibili se ne sono visti molti negli
ultimi venti anni e oltre; di statisti nessuno.
La nostra classe
politica che ci fosse Mattarellum, Porcellum o altro ha dimostrato la
propria inadeguatezza, l’incapacità di concepire la politica come
qualcosa al servizio degli altri. In compenso però si è sovvertito un
concetto elementare: che il mio voto deve valere quanto quello
del vicino di casa. Eppure oggi io non ho rappresentanza, e lui magari
ha una rappresentanza e mezzo in virtù del premio conferito a chi si
conforma. Sono figlio di un dio minore? Può darsi, ovvio. Ma non possono
essere delle leggi elettorali democratiche a decretarlo. Perché sennò
la democrazia è diventata qualcos’altro.
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