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Ora certamente ciò che accade è terribile, sempre che siano realistiche le descrizioni occidentali divenute ormai da due decenni del tutto inattendibili. Ma ciò che accade non è nient’altro che il frutto marcio e avvelenato delle politiche americane volte a disgregare l’Iraq per dividere e imperare, oltre che della grossolana tattica di appoggiare o rifornire di armi questo o quell’estremismo, questo o quel gruppo a seconda della convenienza contingente. La dottrina di creare il nulla attizzando rivalità e odi che ha funzionato così bene in Jugoslavia è diventato un habitus della politica estera americana che alla fine si è trovata a rifornire di armi anche fazioni, come quella dell’Iisis, che lo stesso Bin Laden considerava estremiste.
Così mentre assistiamo a un golpe senza stato a Damasco, droni e caccia cercano di evitare che in qualche modo, magari in modo diabolico, si crei una qualche forza prevalente in Iraq, se non proprio un grande califfato: il metodo è semplice perché prima si istiga e si rende possibile qualsiasi avventura o si crea l’incidente, poi si interviene per ragioni umanitarie. Però anche se tutti i 40 mila yaziti irakeni fossero sterminati, il conto non sarebbe mai nemmeno lontanamente paragonabile al numero di vittime causate dalle due guerre americane in Irak che va dalle 600 mila persone dei calcoli più benevoli al più realistico milione, dei quali l’80 per cento di civili. Parliamo di morti diretti, non di quelli indiretti dovuti al collasso totale delle strutture socio sanitarie del Paese. Il tutto fondato e attuato su una vergognosa bugia.
Eppure dopo aver creato le premesse dei massacri, armando l’Isis fino ai denti in funzione anti Assad, gli Usa e i suoi sottocoda europei cambiano campo e accorrono in difesa dei curdi, affinché l’instabilità sia garantita e con essa il dominio americano sull’area petrolifera. Proprio droni da coccodrillo.
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