“Quattro anni sprecati” così Repubblica titola un intervento
di Luciano Gallino che, in maniera molto efficace, riassume il disastroso
andamento dell’economia italiana nel corso dell’ultimo periodo.
“I governi Berlusconi,
Monti, Letta, Renzi saranno ricordati come quelli che hanno dimostrato la
maggiore incapacità nel governare l’economia in un periodo di crisi.
I dati sono impietosi.
Dal 2009 a oggi il PIL
è calato di dieci punti. Qualcosa come 160 miliardi sottratti ogni anno
all’economia.
L’industria ha perso
un quarto della sua capacità produttiva.
La produzione di
autovetture sul territorio nazionale è diminuita del 65%.
L’indicatore più
scandaloso dello stato dell’economia, quello della disoccupazione, insieme con
quelli concernenti la immensa diffusione del lavoro precario, ha raggiunto
livelli mai visti.
La scuola e
l’università sono in condizioni vergognose.
Sei milioni di
italiani vivono sotto la soglia della povertà assoluta. Il che significa che
non sono in grado di acquistare nemmeno i beni necessari per una vita
dignitosa.
Il rapporto debito
pubblico – PIL sta viaggiando verso il 140 per cento, visto che il primo ha
superato i 2100 miliardi.
Questo fa apparire i
ministri che si rallegrano perché nel corso dell’anno saranno di sicuro trovati
tre o quattro miliardi per ridurre il debito dei tristi buontemponi.
Ultimo tocco per
completare il quadro del disastro, l’Italia sarà l’unico Paese al mondo in cui
la compagnia di bandiera ha i colori nazionali dipinti sulle ali, ma chi la
comanda è un partner straniero”.
Fin qui Gallino che non tocca altri due punti del tutto
fondamentali :
1)
La crescita esponenziale dei livelli di
diseguaglianza sociale: diseguaglianza cresciuta in contemporanea con la
distruzione dello stato sociale e il crollo del livello dei servizi pubblici,
dalla sanità e ai trasporti;
2)
Il progressivo disfacimento del sistema
politico, la riduzione dei livelli di partecipazione democratica, il
restringimento degli spazi tra politica e società, l’avviarsi di un regime
fondato su una vera e propria svolta autoritaria. All’interno di questo quadro
si è smarrita completamente l’identità e la funzione della sinistra politica e
dei sindacati confederali, inclusa la CGIL.
Molto altro ci sarebbe da dire sul piano delle relazioni
internazionali, sulla sciagurata partecipazione dell’Italia ai drammi bellici
in atto sulla scena planetaria, sulla sensibilità ambientale, sui temi dei diritti
civili.
Il quadro complessivo è questo, senza infingimenti di
facciata o drammatizzazioni strumentali (che comunque raramente potrebbero
arrivare a descrivere compiutamente la realtà) e rende sempre più necessaria
l’espressione politica e sociale di una opposizione di sistema, in grado di
organizzare necessarie lotte anche difensive ma prefigurando sempre una idea di
trasformazione radicale del sistema.
Non serve un’opposizione parziale, settoriale, magari di
tipo neo corporativo: serve dire “no” con fermezza e coerenza preparando una
seria e radicale alternativa.
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