Questa
è una di quelle occasioni in cui la retorica e il qualunquismo
rischiano di prevalere e tracimare. Perché di fronte ai dati della nuova
recessione o meglio di fronte al venir meno di un battage su una
supposta inevitabile ripresa, ci si chiede come sia possibile che un
intero governo sia paralizzato dalla riforma del senaticchio e il
premier non pensi ad altro che al pactum sceleris col condannato
Berlusconi invece di dare la precedenza ai problemi economici e sociali
che battano alla porta imperiosamente.
Ma sarebbe ingiusto e superficiale accusare Renzi, Berlusconi,
Napolitano, i parlamentari nominati, insomma il sistema politico di fare
uno spettacolo pirotecnico per distrarre i cittadini dai disastri
dell’economia, magari fosse solo questo perché la realtà è molto più
allarmante: essi non hanno la più pallida idea di come affrontare la
crisi se non proponendo le medesime ricette e formuline che l’hanno
causata , non hanno strumenti per combatterla visto che hanno castrato
il Paese della sovranità di bilancio, non possono disubbidire o
all’imperativo della roba o agli sponsor che li hanno tratti dalla
fanghiglia dell’ ansa massonica dell’Arno, dicendo alzati e cammina,
sono carnefici e vittime di una società allo sbando che vive ormai di
suggestioni e di autosuggestioni oltre che di trucchi. E di una classe
dirigente mediocre, ipocrita, eticamente inesistente, la stessa che fa
dire a Renzi l’icastica frase: “I senatori della maggioranza sono pronti
al cambiamento. Non come i facchini di Alitalia”. E’ sempre così
intelligente e simpatico.
Da quando l’Istat ha diffuso il dato del meno 0,2 del pil ho capito che non solo Padaon, Renzi e ninnoli governativi, ma il corpo vivo della società credeva sul serio che i famosi 80 euro avrebbero soffiato come vento di maestrale nelle vele del Pil, portandolo a un + 1 su base annua come aveva auspicato Renzi o tamponando le falle di una sostanziale stagnazione globale e di previsioni per così dire azzardate se non politicamente fabbricate. Ma questo non poteva accadere perché i soldi impegnati nell’operazione avrebbero dovuto comunque essere levati da altrove, generando una spinta recessiva uguale e contraria. Anzi probabilmente un po’ più forte di quella positiva, stando almeno alle analisi dell’Fmi. I dieci miliardi non erano e non sono soldi in più immessi nel sistema, ma solo una partita di giro in perdita: metto 10, tolgo 16. Tutto si poteva dire: che si trattasse di un tentativo di redistribuzione del reddito, di una misura sociale, nonostante il fatto che trascurasse proprio i più deboli, di una sorta di stimolo psicologico, di un’astuta formulazione del voto di scambio, ma non certo di un balsamo per il pil.
Da quando l’Istat ha diffuso il dato del meno 0,2 del pil ho capito che non solo Padaon, Renzi e ninnoli governativi, ma il corpo vivo della società credeva sul serio che i famosi 80 euro avrebbero soffiato come vento di maestrale nelle vele del Pil, portandolo a un + 1 su base annua come aveva auspicato Renzi o tamponando le falle di una sostanziale stagnazione globale e di previsioni per così dire azzardate se non politicamente fabbricate. Ma questo non poteva accadere perché i soldi impegnati nell’operazione avrebbero dovuto comunque essere levati da altrove, generando una spinta recessiva uguale e contraria. Anzi probabilmente un po’ più forte di quella positiva, stando almeno alle analisi dell’Fmi. I dieci miliardi non erano e non sono soldi in più immessi nel sistema, ma solo una partita di giro in perdita: metto 10, tolgo 16. Tutto si poteva dire: che si trattasse di un tentativo di redistribuzione del reddito, di una misura sociale, nonostante il fatto che trascurasse proprio i più deboli, di una sorta di stimolo psicologico, di un’astuta formulazione del voto di scambio, ma non certo di un balsamo per il pil.
Per la verità lo stesso Istat così come alcuni economisti, avevano
messo in guardia già da aprile dalle facili illusioni sulla base
dell’esiguità sostanziale del provvedimento e della sua pessima
calibrazione sociale, ma i modi, le circostanze e i tempi con cui
l’operazione è stata venduta al Paese se hanno favorito il governo nelle
urne non hanno fugato l’impressione che la cifra potesse (come in
effetti è) venire erosa oltre che da debiti pregressi, da altre
tassazioni in arrivo, mentre è rimasta intatta l’incertezza sul lavoro e
sulle prospettive future: così gli 80 euro si sono riversati solo in
minima parte nel ciclo economico deludendo i commercianti che speravano
in un bottino più sostanzioso.
Quindi inutile lamentarsi di un governo che per due mesi si è
dedicato ai suoi balletti istituzionali e al piano di salvataggio
elettorale del sistema politico: anche focalizzandosi interamente
sull’economia cosa avrebbe potuto ottenere visto che non sa che cosa
fare, ciò che potrebbe fare è sbagliato e che ogni azione eventualmente
utile è impedita dall’adesione alle politiche austeritarie? Non può che
alzare la tassazione come avverrà a settembre con la cancellazione di
molte detrazioni o mentire a se stesso che è poi l’ultimo stadio della
politica. Almeno occupandosi di sfasciare la Costituzione e la
democrazia, può avere la più rassicurante sensazione di mentire ai
cittadini e di blindarsi.
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