Finalmente
il ministro del lavoro Poletti chiarisce una volta per tutte quali
piani ci siano per il lavoro: la sua definitiva umiliazione. In sostanza
una non idea ereditata dagli anni ’80 e dimostrata inconsistente dalla
scienza economica, persino quella neoliberista, secondo cui a minori
tutele sul lavoro corrisponderebbe un aumento dell’occupazione.
Naturalmente sarebbe inutile combattere una lunga battaglia
sull’articolo 18, basta semplicemente sterilizzarlo, renderlo
impraticabile eliminando di fatto i contratti a tempo indeterminato con
il job act. Perché voi non lo sapete, ma dopo vent’anni di berlusconismo
e aziendalismo “c’è bisogno di un cambiamento di passo culturale che
recuperi il valore positivo dell’impresa, come infrastruttura sociale
indispensabile per la crescita e la creazione di lavoro.” Consideratelo
lapalissiano nella sua furbastra rozzezza, consideratelo banale,
consideratelo res nullius della retorica, ma vuole dire in sostanza che
solo le imprese potranno essere soggetto di diritti e non i lavoratori
visti come proprietà sociale dell’azienda.
Certo sarebbe davvero troppo attendersi onestà e chiarezza di
parola da un politicante proveniente per di più dall’aziendalismo
cooperativo vale a dire il più ipocrita e nefando, ma Poletti non
può sfuggire a una certa chiarezza in negativo. Certo non può annunciare
tout court al Paese e ai giovani la morte dei contratti a tempo
indeterminato e delle tutele ad esso connesse, senza offrire qualcosa in
cambio o depistare l’opinione pubblica. Peccato che i correttivi siano
solo ballon d’essai come si evince chiaramente dalle risposte alle
domande dell’intervistatore che essendo del Corriere può essere
considerato un interlocutore amico.
Razionalmente, visto che con il nuovo piano del lavoro che Renzi
vuole e l’Europa chiede, nulla impedisce a un’azienda di fare solo
contratti precari bisognerebbe, come si bisbiglia con voce suadente,
rendere il contratto a tempo indeterminato più conveniente e rendere più
agevole il rinnovo dopo i primi tre anni. La risposta di Poletti “lavoreremo su questo” -
E per quanto riguarda la garanzia giovani, ovviamente citata come Youth guarantee? “Daremo una risposta”.
E sugli esodati presenti e futuri? “E’ un tema che abbiamo in lavorazione”
E sugli esodati presenti e futuri? “E’ un tema che abbiamo in lavorazione”
E sugli ammortizzatori universali? ” Ci stiamo pensando”
Ogni singola risposta, pur nella sua evasività, viene però
accompagnata dalla perenne premessa che mancano i fondi, come
a significare che si tratta solo di pour parler e che al massimo qualche
risorsa potrà essere trovata con una sforbiciata alle pensioni. Rimane
dunque in campo la sola smagliante precarizzazione destinata ad
impoverire tutti, chi lavora, chi non lavora, chi ha lavorato. E tutto
il resta è fuffa, un fangoso nulla di idee che si riversa dalle guance
cicciotelle del ministro.
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