giovedì 2 luglio 2015

I NUMERI (SULLA DISOCCUPAZIONE) CHE NON PIACCIONO A RENZI di Emmezeta

Il calo dell'occupazione a maggio


Ricordate l'esultanza di Renzi per i numeri sull'occupazione relativi al mese di aprile? Acqua passata, a maggio è tornato il segno meno e da Palazzo Chigi non giunge alcun commento. Il buffo è che, non più tardi di ieri mattina, il Bomba dichiarava al Sole 24 Ore che «l'economia sta tornando alla crescita». Poi, in giornata, i dati dell'ISTAT sono arrivati a smentirlo. Certo, le statistiche in materia di occupazione, disoccupazione ed inattività sono tra le meno affidabili. Ad esempio il dato di aprile (+159mila occupati) è stato poi corretto in un +131mila, roba da far pensare ad una gestione dei numeri non proprio estranea alle esigenze propagandistiche del governo. In ogni caso il dato di maggio è piuttosto netto, con la perdita di 63mila posti di lavoro.

Si dirà che si tratta delle abituali oscillazioni dovute ad una molteplicità di fattori. In parte è davvero così, ma leggiamo cosa diceva il Bomba giusto ieri mattina:
«Il mercato del lavoro è ripartito anche se avremo alti e bassi per tutto l'anno, ma stabilmente con il segno più» (sottolineatura nostra). Il -63mila certificato dall'istituto di statistica suona dunque come una plateale sconfessione della propaganda di Renzi. Un segno inequivocabile di quanto sia minuscola e fragilissima la cosiddetta "ripresa", quella che ha fatto pronunciare allo sbruffone fiorentino il patetico «allacciamoci le cinture, che si parte».



In realtà, la conferma di un'economia italiana al palo ci viene anche dagli altri dati diffusi ieri: mentre il tasso di disoccupazione ufficiale resta inchiodato al 12,4% e quella giovanile al 41,5%, il numero dei disoccupati rispetto al maggio del 2014 è calato soltanto di 59mila unità. Un niente rispetto ai circa sette milioni di disoccupati reali, rappresentato dalla somma di quelli ufficiali con le persone che, ormai senza speranza, non si rivolgono neppure più ai Centri per l'impiego, sfuggendo così alla statistica ufficiale.

Questi dati ci dimostrano come il Jobs act sia servito solo a togliere diritti ai lavoratori, non a creare nuova occupazione. Del resto, perfino Carlo dell'Aringa, commentando i dati dell'Istat, ha ammesso questa mattina una cosa assai nota, e cioè che: «Per tornare ai livelli occupazionali pre-crisi occorre una crescita annua del Pil di almeno due punti percentuali, per una serie di anni. La strada è lunga». Campa cavallo... diciamo noi.

Certo, è in aumento il numero dei contratti a tempo indeterminato, ma solo perché ormai non offrono più le garanzie dell'articolo 18, ed ancor di più per gli sgravi contributivi previsti. Sgravi che lorsignori chiedono già di estendere al 2016. Sgravi che hanno però un effetto devastante sul sistema pensionistico. Perché la decontribuzione prevista per tre anni non è compensata dallo Stato, come avveniva in passato con la cosiddetta fiscalizzazione degli oneri sociali. Con la legge del governo Renzi il costo (circa 8mila euro annui a lavoratore) ricade, almeno per il momento, sulle casse dell'Inps. Un buon pretesto per riaprire il capitolo dei nuovi tagli alle pensioni.





E difatti tutto si tiene. E' già annunciata per l'autunno una pesantissima finanziaria (alias Legge di Stabilità), il cui importo non sarà in ogni caso inferiore a 20 miliardi di euro. Da dove verrà questa cifra? Nell'intervista già citata Renzi rimanda tutto a settembre: meglio non rovinare le vacanze agli italiani, facendogli credere che i problemi ce l'hanno solo i greci.

Ma possiamo stare certi che le pensioni verranno nuovamente attaccate, che l'austerità continuerà, che la ripresina si dimostrerà come un piccolo rimbalzino fisiologico, che il dramma della disoccupazione e della precarizzazione di massa continuerà ad incancrenirsi. 

Insomma, le illusioni diffuse dal Bomba sono ormai al capolinea. A quando la risposta di lotta del popolo lavoratore?

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