Secondo il palazzo politico e mediatico, il Presidente della
Repubblica nel suo ricorso alla Corte Costituzionale contro i giudici di
Palermo avrebbe agito per difendere la Costituzione Repubblicana.
Facciamo un breve riassunto. Dal novembre dell’anno scorso abbiamo un
governo di emanazione presidenziale, che fonda il suo programma su una
lettera che due banchieri, Draghi e Trichet, inviarono al governo
Berlusconi nell’agosto precedente.
Sulla base di quel programma sono state scardinate le pensioni,
abolito l’articolo 18, stabilito un regime di austerità che ha portato
l’Italia alla più grave crisi economica del dopoguerra. Sono state
cancellate definitivamente le autonomie locali, vincolate al patto di
stabilità, mentre si annuncia la vendita all’incanto dei beni pubblici e
si è tentati di abolire 25 aprile e Primo Maggio.
Infine è stata cambiata la Costituzione formale nell’articolo 81, con
l’obbligo del bilancio in pareggio, che non casualmente i padri
costituenti non avevano inserito.
D’altra parte questa scelta ha semplicemente introdotto nella nostra
Carta un articolo contenuto in quella tedesca. Così pure il parlamento
si prepara a votare il fiscal compact, cioè l’adesione ad un patto
leonino che ci vincolerà per venti anni nella riduzione del debito
pubblico, con costi economici e sociali insopportabili.
Tutte queste scelte sono state esplicitamente pretese e sostenute dal
Presidente della Repubblica. Che non solo ci ha abituato ai suoi
interventi su qualsiasi tema di governo, ma recentemente si è spinto
anche oltre.
Giorgio Napolitano infatti ha recentemente affermato che chiunque
governi dopo le prossime elezioni, sarà tenuto a continuare il programma
di Monti. Il programma del suo governo.
Così siamo entrati in una repubblica presidenziale che ambisce a
diventare una monarchia. E si capisce perché, allora, lo stesso
Napolitano sia giunto a chiedere la convocazione di una assemblea
costituente.
Ora, dopo questo metodico smantellamento della costituzione materiale
e di quella formale, improvvisamente si scatena un sussulto in difesa
della nostra carta. Sono i giudici di Palermo impegnati sul fronte della
mafia, sono loro che minacciano la Costituzione.
Non è nuova questa particolare sensibilità costituzionale, è la
stessa che fu di Craxi e Berlusconi, di cui nel passato l’attuale
Presidente fu noto estimatore.
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