Why Marxism is on the rise again, perché il marxismo si sta rialzando di nuovo. Si intitola così un pezzo di Stuart Jeffries per il Guardian. Non un patetico foglio sovversivo, ma il più importante quotidiano progressista britannico decide di rispolverale i testi di Marx ed Engels
e si chiede come mai riescano ancora, nello scenario di macerie del
mondo contemporaneo, ad alimentare una qualche speranza di cambiamento.
La domanda non è del tutto peregrina, dato che dal 5 al 9 luglio si è tenuto a Londra il festival Marxism 2012. Non
era una novità. L’evento è organizzato da oltre un decennio dal
Socialist Workers’ Party, un partito minoritario ben lontano dalle
stanze dei bottoni. Ma questa volta è stato diverso: il festival ha
ottenuto un’attenzione senza precedenti, soprattutto da parte dei più
giovani. Ho deciso di farci un salto dopo aver aver ricevuto l’invito
contemporaneamente da un’amico ventenne artista di Camberwell, una
traduttrice italiana di Islington, uno scrittore di New Cross e un
anarchico sessantenne di Hackney.
Ci
sentivamo in buona compagnia, anche prima del festival: l’editoria
inglese sta sparando sugli scaffali munizioni letterarie di tutto
rilievo, tali e tante da far pensare che il dibattito
sul marxismo non sia del tutto esaurito – come invece pare essere in
Italia. Il professore di letteratura inglese Terry Eagleton ha
pubblicato l’anno scorso un libro intitolato Why Marx Was Right. Il filosofo maoista francese Alain Badiou ha partorito un volume dalla copertina rossa col titolo The Communist Hypothesis. E si dichiarano senza alcun timore o tremore “marxisti”
personaggi come l’ancora attivissimo Eric Hobsbawn, Jacques Ranciere,
il sempre piu’ di moda Slavoj Žižek, il ventisettenne Owen Jones che ha
affrontato la tematica dei chav – i tamarri inglesi – con
l’ispirazione del primo Pasolini. Resta da vedere se le loro munizioni
saranno di granata o di cerbottana.
Questione di epoca e di segnali: la più importante casa editrice radical anglosassone,
la Verso, dopo aver quasi rischiato la bancarotta nel 2006, ora
pubblica decine di nuovi titoli l’anno. Le vendite del Capitale, nonostante la concorrenza della spazza(lettera)tura di self-help alla Coehlo e di self-made men alla Jobs, sono schizzate verso l’alto a partire dal 2008. E se vogliamo fare ancora più paura ai benpensanti progressisti:
sara’ un caso che i sondaggi dicono che nella Germania dell’Est e in
generale in quasi tutti i paesi dell’ex cortina di ferro c’è più nostalgia per il socialismo che entusiasmo per la Rivoluzione digitale?
Parlando con amici scrittori e accademici
non ho potuto non far notare, più con disincanto che con malinconia,
che di tutto questo sembra non esserci eco alcuna nel disgraziato
Stivale. E non perché l’Inghilterra, nonostante la sua verve
intellettuale, non soffra di forme diffusissime di oppressione e
manipolazione sociale, ma perché almeno qui certe sacche minoritarie di
resistenza sembrano potersi esprimere, e certi gruppi di discussione sono attivi persino nei media mainstream, e non ridotti al silenzio e al ridicolo. Ve li immaginate un Fatto, una Repubblica o una Stampa affrontare un dibatitto sulla modernità di Marx anziché sulla diatriba Travaglio-D’Avanzo?
Augusto Illuminati, professore associato di storia della filosofia politica, commenta: “Il marxismo non gode salute smagliante nell’accademia e nelle pubblicazioni ed è sparito completamente nell’area ex-Pci,
che un tempo l’aveva ospitato, deformato ma comunque trasmesso. C’è
tuttavia la speranza che alcuni elementi rinascano nella crisi e dentro
un un ciclo di lotte, di cui abbiamo avuto indizi nel biennio scorso e
forse qualche barlume anche ora. Sarà un marxismo difficilmente
commisurabile alla tradizione che si perpetua”.
Paolo
Persichetti, scrittore: “Il cantiere marxiano è sempre stato
attualissimo. Il problema investe invece la sua ricezione politica.
Esiste oggi una prassi politica efficace che si ispira a Marx? A me non
sembra affatto. I vari marxismi del Novecento non hanno più molto da
dire. La sfida è sul terreno di una politica ancora tutta da
reinventare”.
*articolo di Paolo Mossetti, scrittore e reporter, vive tra l’Italia, Londra e New York. Collabora con diversi giornali e riviste tra cui Liberazione, Rolling Stone, Domus, Lo Straniero, Through Europe.
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