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In realtà è la conferma di una verità che si vuole nascondere e cioè che il
problema, per l’Europa tecnocratica, non è il mal governo greco ma l’imposizione
di scelte che riguardano la Grecia solo perché devono riguardare tutta l’Europa.
Scelte che hanno come obiettivo dichiarato il superamento del modello sociale
europeo. Se questa è la partita aperta il campo è ben delimitato e presidiato
con una ferocia inusuale per chi ancora crede di trovarsi a riparo del vecchio
compromesso democratico e sociale europeo.
Da una parte ci sono quelli che accettano di marciare in questa direzione,
dall’altra quelli che provano a chiamarsi fuori e ai quali deve essere impedita
la stessa agibilità. Si potrà pur obiettare che esistono ancora terre di mezzo e
sarà anche un po’ vero: ma non cogliere la dimensione dello scontro mi pare
qualcosa che sta a metà tra l’alibi per la sconfitta e l’alibi per la resa. Da
questo punto di vista la situazione italiana è tra quelle che appaiono più in
balia della falsa coscienza, assurta a condizione della politica. E ciò vale in
primis per il centrosinistra.
Cosa dicesse sulla vicenda greca, e su Syriza, non è stato molto chiaro e
senz’altro assai poco esposto, se si pensa invece alle esibizioni che si erano
avute per Hollande. Eppure è difficile contestare il dato che il Fiscal Compact
per l’Italia corrisponde abbastanza a quello che è il Memorandum per la Grecia,
tale è la dimensione del rientro dal debito che si dovrebbe operare e cioè 40
miliardi di euro all’anno per 20 anni. Eppure il centrosinistra non fa di questo
un punto centrale della propria riflessione. Anzi siamo nella incredibile
situazione in cui si sta andando alla ratifica di questo patto, che sarà da
conservare “a prescindere“ ci ricorda la Merkel, con il sostegno decisivo del PD
e i flebili distingui degli altri soggetti che non ne fanno elemento di
discussione reale, di messa a prova della “coalizione“.
Per dirla tutta, e pensando a quelli che parlano, anche giustamente, di crisi
della politica, come si può definire una situazione politica che vede un
partito, il PD, far parte di un governo che fa una mole di cose,
dall’accettazione dei diktat tecnocratici, allo stravolgimento dell’art. 18,
alla cancellazione delle pensioni di anzianità per dirne alcune, e poi si
propone come perno di una “alternativa“ che, se fosse tale, dovrebbe iniziare,
se potesse, col cancellarle? Ricordo che quando facevo politica in Europa e mi
lanciavo a descrivere ipotetici scenari mi dicevano “ah, les italiennes..” a
indicare una qualche disinvoltura. E disinvolto è appunto il modo in cui il
centrosinistra ripropone se stesso, che poi non è neanche quello di prima, senza
neanche riflettere su ciò che è avvenuto.
Eh sì perché sembra che in Italia abbia sempre governato Berlusconi e non,
per metà del tempo, Prodi, D’Alema, Amato e poi ancora Prodi. E sembra che in
Europa ci siano stati solo governi di destra e non 13, su 15, di centrosinistra
quando si è avviata quella integrazione europea che ha poi preso le forme
attuali, non democratiche. E forse con la crisi qualcosa c’entra che, non
qualche esponente della terza via blairiana, ma addirittura Mitterand e Delors
hanno aperto alla liberalizzazione della finanza, ben prima di Clinton.
E se si parla di condizione precaria del lavoro forse le leggi di Schroeder,
la Hartz IV, ne hanno prodotta tanta per non citare le ”nostre“ riforme. Sembra
un secolo da quando ci interrogavamo su perché era andata così male l’esperienza
di governo ed ora sembra che il problema fosse la eccessiva litigiosità. E che
la soluzione potrebbe essere l’iperfetazione del centrosinistra a soggetto unico
in cui potrebbero affermarsi i bisogni di cambiamento di un popolo che sarebbe
unito laddove i capi lo dividono.
Detta così è come il 99% che non si capisce perché è comandato, sempre più e
sempre più duramente,dal l’1%. Ma lì sono i movimenti a dirlo e la metafora del
dichiarare che il re è nudo rafforza il loro proporsi come alternativa di
società. Ma il centrosinistra è l’esatto contrario di questa prospettiva di
alternativa, tutto interno come è a quel processo della seconda repubblica che
ha destrutturato le vecchie forme di identità politica in nome di coalizioni
elettoral-lideristiche. Una seconda repubblica per altro ormai in dissolvenza,
di cui il centrosinistra appare persistenza crepuscolare. Una dissolvenza che
lascia spazio al governo tecnocratico europeo e alle sue articolazioni
proconsolari.
Il 28 luglio al Consiglio Europeo verranno licenziate le 27 lettere, una per
Stato, già predisposte dalla Commissione, con gli impegni di bilancio per il
prossimo anno, che è quello elettorale per l’Italia. La strada è tracciata ed è
quella cui richiama Scalfari come obbligata per il centrosinistra. Cambierà
perché la crisi rischia di far saltare l’euro o perché c’è Hollande? A me pare
che, pure tra onde altissime che potrebbero rovesciarla, ma si vuole pilotare la
nave Europa fuori dal suo mare, dal suo modello sociale.
Interesse della Germania? Anche, ma soprattutto interesse del neoliberalismo
che ha rotto il vecchio compromesso. E di Hollande penso che se voleva dare
subito un segno doveva darlo sulla Grecia, cosa che non ha fatto,anzi. Come non
lo ha fatto la Spd. Non spetta ad un articolo, e a me, dare una soluzione. Ma
porre le domande che servono a evitare quelle cattive si può provare a farlo. Di
fronte alle domande che mi faccio, per me, il centrosinistra non è la soluzione
ma parte del problema. Quello che possiamo provare a fare e mettersi insieme tra
chi le domande non ha smesso di farsele.
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