lunedì 23 luglio 2012

L’agonia europea di Franco "Bifo" Berardi, Micromega

Trovandosi in Russia per omaggiare il democratico Putin e adescare gli oligarchi russi nella speranza che investano nel suo paese, il presidente del Consiglio italiano ha fatto una dichiarazione che batte ogni record di ridicolo: “mentre i politici pensano alle prossime elezioni i grandi statisti (come lui) pensano alle future generazioni”.
Nello stesso giorno un documento di Banca d’Italia e Unioncamere rivela che l’80% dei nuovi assunti in Italia è precario. Il Presidente del Consiglio aggiunge che a lui poco importa dei mercati, quel che gli interessa è l’economia reale. Ma nello stesso giorno il documento di Unioncamere rivela che il reddito da lavoro è diminuito negli ultimi quattro anni di 1240 euro all’anno. E tutti sanno che l’effetto delle politiche montiane, rivolte a salvare il sistema finanziario offrendo sacrifici umani al dio dei mercati, sarà una recessione di lungo periodo.
Bisogna resistere alla tentazione di pensare che l’azzimato bocconiano sia solo un idiota vanesio: sta svolgendo la sua missione di funzionario della Goldmann Sachs, mentre un rapporto del Tax Justice Network rivela (fonte: La Repubblica del 23 luglio) che nel mondo ogni anno 21.000 miliardi di dollari sfuggono alla tassazione grazie ai servizi di banche come UBS e Goldmann Sachs medesima. Un altro funzionario della stessa banca, di nome Mario Draghi, fa lo spaccone e promette che la Banca centrale europea è pronta a misure non convenzionali per salvare l’euro. Nel frattempo i cittadini greci, che hanno da poco eletto un governo asservito alla BCE ricevono la notizia che la loro espulsione dall’euro si fa ormai inevitabile.
Come reagisce la società europea al massacro che le stanno imponendo il ceto finanziario e i suoi funzionari? Dopo una ondata di rivolte locali che sembravano promettere una insurrezione generalizzata, quello che accade oggi è sconsolante, ma va compreso con realismo. Ci sono esplosioni di rabbia, dimostrazioni di massa, ma hanno un carattere di frammentarietà puramente reattiva. Quando la Grecia venne sottoposta alla cura economica che l’ha portata alla catastrofe di cui oggi ognuno prende atto, la società greca rispose in modo isolato. Non una sola azione di solidarietà politica si manifestò in nessun altro paese europeo. Ora che la Spagna subisce la stessa cura, ecco che le piazze spagnole si riempiono di gente, ma nessuno si muove fuori dai confini di quel paese. E del resto gli operai delle fabbriche italiane o francesi reagiscono alle ondate di licenziamenti solo quando è colpita la loro fabbrica. L’encefalogramma politico della società europea è piatto. Occorre capire il perché, prima di immaginare cosa accadrà quando la catastrofe si sarà diffusa raggiungendo il cuore dell’economia europea.
Tre ragioni stanno alla radice della paralisi. La prima ha carattere sociale: la precarizzazione del lavoro ha inciso profondamente sulle capacità di solidarietà, frammentando il corpo collettivo e portando la competizione in ogni recesso della relazione tra gruppi sociali.
La seconda ragione ha carattere affettivo: la prima generazione connettiva sembra aver perduto la capacità di empatia e di azione collettiva, mentre il consumo di antidepressivi raddoppia rispetto al passato decennio e il numero di suicidi non smette di aumentare.
La terza ragione è politica: la sinistra parlamentare di tutti i paesi europei è totalmente asservita agli interessi del ceto finanziario, per subalternità culturale, e per complicità economica. I suoi dirigenti sono stati cooptati nei gruppi finanziari che lucrano sulla disfatta della società e offrono i loro servizi ai massacratori.
Ma per finire occorre riconoscere che nella cultura dei movimenti non vi è stata alcuna comprensione della trasformazione che ha investito il progetto europeo da Maastricht in poi. Chiusa nella dimensione nazionale e ostile ad ogni globalismo, la sinistra di derivazione comunista ha rifiutato di partecipare al processo di formazione di una cultura politica europea, mentre coloro che hanno cercato di interpretare il processo di unificazione in termini democratici e libertari non hanno saputo prevedere che l’imposizione del paradigma monetarista avrebbe provocato la deflagrazione dell’edificio europeo.
Questa è infatti ormai la prospettiva: l’Europa è agonizzante, per effetto della cura neoliberale e monetarista. Incapaci di opporsi in modo solidale ai predoni finanziari e al ceto politico subalterno, le popolazioni europee si avviano in ordine sparso verso una disfatta che apre le porte all’incubo peggiore: la ripetizione su scala continentale dell’esperienza che la Jugoslavia visse negli anni ’90.

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