Trovandosi in Russia per omaggiare il democratico Putin e adescare
gli oligarchi russi nella speranza che investano nel suo paese, il
presidente del Consiglio italiano ha fatto una dichiarazione che batte
ogni record di ridicolo: “mentre i politici pensano alle prossime
elezioni i grandi statisti (come lui) pensano alle future generazioni”.
Nello stesso giorno un documento di Banca d’Italia e Unioncamere
rivela che l’80% dei nuovi assunti in Italia è precario. Il Presidente
del Consiglio aggiunge che a lui poco importa dei mercati, quel che gli
interessa è l’economia reale. Ma nello stesso giorno il documento di
Unioncamere rivela che il reddito da lavoro è diminuito negli ultimi
quattro anni di 1240 euro all’anno. E tutti sanno che l’effetto delle
politiche montiane, rivolte a salvare il sistema finanziario offrendo
sacrifici umani al dio dei mercati, sarà una recessione di lungo
periodo.
Bisogna resistere alla tentazione di pensare che l’azzimato
bocconiano sia solo un idiota vanesio: sta svolgendo la sua missione di
funzionario della Goldmann Sachs, mentre un rapporto del Tax Justice
Network rivela (fonte: La Repubblica del 23 luglio) che nel
mondo ogni anno 21.000 miliardi di dollari sfuggono alla tassazione
grazie ai servizi di banche come UBS e Goldmann Sachs medesima. Un altro
funzionario della stessa banca, di nome Mario Draghi, fa lo spaccone e
promette che la Banca centrale europea è pronta a misure non
convenzionali per salvare l’euro. Nel frattempo i cittadini greci, che
hanno da poco eletto un governo asservito alla BCE ricevono la notizia
che la loro espulsione dall’euro si fa ormai inevitabile.
Come reagisce la società europea al massacro che le stanno imponendo
il ceto finanziario e i suoi funzionari? Dopo una ondata di rivolte
locali che sembravano promettere una insurrezione generalizzata, quello
che accade oggi è sconsolante, ma va compreso con realismo. Ci sono
esplosioni di rabbia, dimostrazioni di massa, ma hanno un carattere di
frammentarietà puramente reattiva. Quando la Grecia venne sottoposta
alla cura economica che l’ha portata alla catastrofe di cui oggi ognuno
prende atto, la società greca rispose in modo isolato. Non una sola
azione di solidarietà politica si manifestò in nessun altro paese
europeo. Ora che la Spagna subisce la stessa cura, ecco che le piazze
spagnole si riempiono di gente, ma nessuno si muove fuori dai confini di
quel paese. E del resto gli operai delle fabbriche italiane o francesi
reagiscono alle ondate di licenziamenti solo quando è colpita la loro
fabbrica. L’encefalogramma politico della società europea è piatto.
Occorre capire il perché, prima di immaginare cosa accadrà quando la
catastrofe si sarà diffusa raggiungendo il cuore dell’economia europea.
Tre ragioni stanno alla radice della paralisi. La prima ha carattere
sociale: la precarizzazione del lavoro ha inciso profondamente sulle
capacità di solidarietà, frammentando il corpo collettivo e portando la
competizione in ogni recesso della relazione tra gruppi sociali.
La seconda ragione ha carattere affettivo: la prima generazione
connettiva sembra aver perduto la capacità di empatia e di azione
collettiva, mentre il consumo di antidepressivi raddoppia rispetto al
passato decennio e il numero di suicidi non smette di aumentare.
La terza ragione è politica: la sinistra parlamentare di tutti i
paesi europei è totalmente asservita agli interessi del ceto
finanziario, per subalternità culturale, e per complicità economica. I
suoi dirigenti sono stati cooptati nei gruppi finanziari che lucrano
sulla disfatta della società e offrono i loro servizi ai massacratori.
Ma per finire occorre riconoscere che nella cultura dei movimenti non
vi è stata alcuna comprensione della trasformazione che ha investito il
progetto europeo da Maastricht in poi. Chiusa nella dimensione
nazionale e ostile ad ogni globalismo, la sinistra di derivazione
comunista ha rifiutato di partecipare al processo di formazione di una
cultura politica europea, mentre coloro che hanno cercato di
interpretare il processo di unificazione in termini democratici e
libertari non hanno saputo prevedere che l’imposizione del paradigma
monetarista avrebbe provocato la deflagrazione dell’edificio europeo.
Questa è infatti ormai la prospettiva: l’Europa è agonizzante, per
effetto della cura neoliberale e monetarista. Incapaci di opporsi in
modo solidale ai predoni finanziari e al ceto politico subalterno, le
popolazioni europee si avviano in ordine sparso verso una disfatta che
apre le porte all’incubo peggiore: la ripetizione su scala continentale
dell’esperienza che la Jugoslavia visse negli anni ’90.
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