mercoledì 25 luglio 2012

Vendere il patrimonio pubblico per rientrare dal debito? di Leonardo Caponi

Mezza bufala, mezza mascalzonata. Un’intervista del neoministro all’economia Grilli, un concentrato di bugie, furbizia e incompetenza 

La prima “uscita” ufficiale del neo ministro all’economia Vittorio Grilli, con la mega intervista di qualche giorno fa al Corriere della Sera (ci si è scomodato il Direttore del giornale in persona per farlo parlare!) è un tale concentrato di bugiarderia, supponenza e incompetenza da far rabbrividire. Poveri noi!, governati da uomini (e donne) che saranno pure “bocconiani”, ma spinti come sono da puri dogmi scolatico-ideologici di stampo liberista, appaiono (in parte probabilmente fingono anche di essere) così lontani dalla realtà (e dal buon senso) da essere destinati, se non gli si toglie al più presto il bastone del comando, ad arrecare danni irreparabili al nostro Paese e all’Europa.
Grilli (che è stato pure Direttore generale del Tesoro e quindi pare incredibile possa dire cose del genere, probabilmente lo fa perché travolto dalla generale mania del sensazionalismo) annuncia la sua ricetta “miracolosa” per il rientro dal debito pubblico italiano in quattro e quattrotto (cinque anni): un piano di vendita del patrimonio immobiliare dello Stato al ritmo di 15/20 miliardi l’anno, oltre ad imprecisate nuove privatizzazioni. E’ una cosa che va considerata a metà tra la “bufala” e la mascalzonata. Bufala perché irrealistica, mascalzonata perché sarebbe una indebita e inutile spoliazione dello stato.
Possibile che Grilli non sappia che, negli ultimi anni, il governo ha creato due società ad hoc per la vendita dei suoi beni e che, entrambe, non sono riuscite a vendere praticamente un bel nulla, perché il mercato, particolarmente in questo momento di crisi, non “assorbe”? Possibile che Grilli, non sappia che in Italia, anche al di la del momento di crisi, è da dubitare che esistano tanti capitali privati necessari per l’acquisto e che una delle poche istituzioni finanziarie che funziona è la Cassa depositi e Prestiti, che gradualmente dovrebbe essere “disfatta” anch’essa? E’ possibile che Grilli, economista della Bocconi, non “arrivi” a dove arriva il pensiero del più modesto degli artigiani, che sa benissimo che, oggi, “non è il momento di vendere, ma tuttalpiù di acquistare”? Possibile che Grilli, ex direttore del Tesoro, non sappia che, con i tempi della macchina pubblica italiana, anni su anni se ne andrebbero soltanto per individuare i beni, renderli disponibili, fare i bandi, allestire e svolgere le gare e quindi, anche dal punto di vista semplicemente “organizzativo”, pensare a vendite massicce, ai ritmi da lui indicati, è una pura illusione, ma, chiamiamo le cose col loro nome, una grande sciocchezza o una presa in giro del pubblico!? Possibile che Grilli non sappia che una vendita affidata agli attuali prezzi di mercato non sarebbe tale, ma una svendita, cioè un regalo? E’ questo che, in realtà, si vuole!?
E poi, per anni, ci hanno detto che lo Stato doveva comportarsi come un imprenditore. Hanno fatto di tutto per aziendalizzarlo. E, allora, un’azienda in debito che fa? Vende il patrimonio? Un’azienda in crisi resiste il più possibile perché sa che la vendita del patrimonio è la fine o l’inizio della fine. O comunque sa che, anche ammesso che riesca a ripianare i conti, alla fine il suo valore commerciale, la sua “tenuta” e affidabilità sarebbero enormemente ridotte. Perché lo Stato dovrebbe comportarsi diversamente?
Questa idea di rilanciare il sistema delle imprese regalandogli il patrimonio pubblico è una cosa infame! Gli autori dovrebbero essere denunciati per danneggiamento e svendita della cosa pubblica. Intanto perché è roba di tutti noi. In secondo luogo perché non serve. Guardate gli aborti e i fallimenti delle alienazioni e delle privatizzazioni realizzate fino ad ora!
Infine, perché, in conclusione, che rimarrebbe dell’Italia? Nell’epoca delle indispensabili “masse critiche”, non esiste potenza economica al mondo alla quale non corrisponda un efficiente, ma poderoso, “apparato” pubblico: a cominciare dagli Stati Uniti d’America, per non parlare della Francia (con la tradizione del suo “ètat”), ma anche la Germania ecc.
L’Italia del futuro alla quale conduce l’idea che hanno Monti, Grilli e la corrente industrialbancario liberista che oggi governa, è quella di un paese di mezza tacca, privato del suo enorme capitale, senza centri di ricerca e cultura, senza grande industria, privo di settori strategici, imperniato su un sistema di piccole imprese subfornitrici dei colossi stranieri o internazionalizzati, costrette (con tutto il rispetto per le piccole imprese che spesso hanno retto l’Italia) alla affannosa ricerca della quotidianità di un guadagno, senza possibilità di ambizioni e prospettive di respiro e a lungo termine.
Come si fa a non ribellarsi a una simile prospettiva?

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