domenica 1 luglio 2012

Quello che di Grillo si sa ma non si dice di Matteo Prencipe - Lavoro e politica


Il “fenomeno” Grillo impazza sulla rete, sulle TV e pure sulla stampa estera. Grillo vince, convince e trionfa già virtualmente alle prossime elezioni politiche. Tutti si prodigano a descrivere i pregi del personaggio e del suo movimento, i difetti con professione genuflessa di “l’avevamo previsto”, le leccate dei neo convertiti e sproloqui generali sull’antipolitica. E’ interessante osservare come i media, specie i mainstream della stampa, riproducano quasi in vitro, lo stesso percorso del 1992 che accompagnò l’avanzare incontrastata della Lega Nord e poi di Forza Italia.
Ma come nasce il “fenomeno Grillo”? Per capirlo basta scorrere la prima e forse unica inchiesta seria (Pietro Orsatti su Micromega n. 5 del 2010) mai prodotta nel panorama dei media. L’inchiesta sullo spin doctor Gianroberto Casaleggio, sulla strategia di marketing dell’omonima agenzia e sui vincoli imposti, ai fan della prima ora, della piattaforma a pagamento Meetup poi transitata a Twitter e Facebook. Le relazioni dell’omonima agenzia con personaggi chiacchierati nel mondo dei media e degli affari.
In sostanza tutti sanno che l’azione del Grillo pensiero nasce da due esigenze, una banale e l’altra sperimentale. La prima nasce dall’esigenza del Beppe nazionale, escluso dai circuiti dei palinsesti Rai e Mediaset, di affidare la sua immagine alla cura di una innovativa agenzia di marketing digitale (la Casaleggio e Associati), che agli albori “dell’internet pensiero”, propone un percorso comunicativo nuovo che negli Stati Uniti iniziava a dare i sui primi frutti nell’ambito del marketing commerciale. Il Beppe nazionale nella sostanza ha bisogno di propagandare i suoi spettacoli e portare le folle nei teatri.
Banale giusto? Nulla più di questo e la sua agenzia produce: le incursioni nelle assemblee degli azionisti che fanno parlare la grande stampa, le azioni ambientaliste per “fidelizzare il pubblico” più colto e in ultimo la serie di eventi, i V-Day, per aggregare il pubblico, fidelizzarne la passione e portarlo diligentemente nei teatri a pagamento e trasmettere il proprio “sentiment” nell’agorà della rete. Che differenza c’è con gli eventi della Coca-Cola, della TIM, della birra Heineken? Nulla, sono esattamente la stessa cosa, cioè la messa in opera di una strategia di marketing tesa alla vendita attraverso la fidelizzazione del pubblico.
La seconda è più sperimentale e ha bisogno di più tempo per affermarsi. Così nasce l’esperimento attraverso la piattaforma Meetup, (oggi affiancata da Twitter, Yootube, Facebook dell’era 2.0,) che apre un oceano comunicativo e aggregativo e che negli Stati Uniti iniziava a essere preso in considerazione dagli spin doctors dei politici. Ma non solo negli Stati Uniti. Infatti la Casaleggio Associati edita il sito e blog di Di Pietro, dà il via “informalmente” alla nascita del Movimento Viola, sperimenta e testa la “discesa in campo” di Grillo, dimostrando platealmente che l’azione del marketing virale della rete può tradursi in azione concreta ed incidere nell’agone politico.
Ciò che di nuovo viene dimostrato e su cui i media tradizionali si guardano bene da indagare, è che si può veramente controllare le masse. Ciò che non ha potuto fare la televisione (scarsa interattività) lo faranno i social media e l’era dell’interattività spinta. Come? Il famoso blog di Beppe Grillo detta e indica la strada: costruire un bacino di pubblico, creare degli “influenzer” che dirigono i dibattiti, “bannano” gli scocciatori, ascoltano il “sentiment” delle conversazioni attraverso software specialistici di web/social media analytics (Alterian, Vocus, Blogmeter, Google Analitics…etc. etc…), dirigono la discussione secondo gli obiettivi prefissati, consegnando all’utente pubblico l’illusione di aver determinato le scelte. La nuova era è iniziata sia nel campo più tradizionale dei consumi che della politica vista per l’appunto come un consumo qualsiasi.
Politicamente si potrebbe affermare che ciò che fece Berlusconi nel 1992, con la discesa in campo con le corazzate televisive, oggi lo fa Grillo nell’era del web 2.0. La Casaleggio Associati come Publitalia per il Berlusconi del 1993. E come Forza Italia nel ’93 il M5 Stelle è nato grazie a una struttura aziendale specializzata nel marketing e nella pubblicità.
Recentemente sul suo blog Pietro Orsatti che per primo nel 2010 fece un’analisi e inchiesta del Grillo pensiero ha dichiarato: “Quindi M5S non è un partito? Non lo è formalmente (dovrebbe fare congressi, avere una parvenza di dibattito democratico al suo interno, etc per esserlo) ma sostanzialmente è una struttura partitica a conduzione aziendale. Con un testimonial/padrone e un’organizzazione privatistica aziendale a controllare contenuti, messaggi e consenso e dissenso interno fino alle candidature minute nel più sperduto comune dove si è presentato il “movimento”. 5S è di fatto un partito moderno, mediatico, post ideologico e padronale come lo è stato Forza Italia e la Lega. Punto. Tutto il resto sono minchiate. Fra l’altro non è neanche vagamente progressista. Anzi. Sembra rifarsi più, e spesso ci sono punti di contatto non solo verbali ma anche sostanziali, con una destra che da “sociale” e “radicale” si è trasformata in meramente “anti europeista”, xenofoba, egoista. Non ci facciamo ingannare dai messaggi ecologisti lanciati da Grillo a spron battuto. Grillo in questo momento è più vicino alla figlia di Le Pen che a Sel (e infatti Grillo è ossessionato da Vendola e lo attacca in ogni occasione perché colpevolmente gay, per l’integrazione dei migranti, europeista solidale e soprattutto perchè pesca anche lui nel suo bacino elettorale).”
Una felice analisi. Oggi sappiamo certamente di più rispetto al 2010. La centralizzazione ossessiva del Movimento 5 stelle, l’antidemocraticità che vi regna in nome del verbo del capo assoluto, le espulsioni per i non graditi, la selezione stile comparsa televisiva dei candidati alle elezioni, lo stile polpottiano usato dalla famosa agenzia di marketing per dirimere le controversie in seno al movimento.
Se i mainsteram battono la gran cassa per Grillo, perché la sinistra tace o opportunisticamente ammicca? Forse perché Grillo è NO TAV o è per l’Acqua Pubblica?
Cosa impedisce alla sinistra di sognare di meno, stare con i piedi per terra e ricordarsi del ventennio berlusconiano appena trascorso e analizzare infine lo “stato di cose presenti” non per ciò che si desidera ma per ciò che è?
Non c’è nulla di nuovo in una “rivoluzione” quando chi la propugna ha rapporti con le stesse strutture di potere che ci governano e che hanno semplicemente bisogno che si affermi l’adagio del Gattopardo : “Bisogna che tutto cambi perché tutto resti uguale”.

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