È la «spia» di quanto lungo e profondo e dunque radicato, sia stato
il percorso di acquisizione della «nuova ragione» che consiste, appunto,
nel dispiegamento pieno della logica secondo la quale «il mercato il
principio del governo degli uomini e del governo di sé» (Dardot,
Laval 2013).
Radicamento dunque; Poletti, infatti non è Renzi, che, tramite
consolatorio errore, può essere considerato un recente ed estraneo
invasore calato improvvisamente come gli Hyksos sul terreno
incontaminato degli eredi di quella che fu la grande sinistra italiana.
L’attuale ministro del lavoro è da sempre una componente di quel
terreno, un agente primario della sua organica trasformazione in un
elemento fondamentale dell’humus di quella «crisi organica» (Gramsci)
che è la vera cifra interpretativa del «momento attuale».
L’humus da cui sono germogliati tutti gli atti, corposi e coerenti,
che in un periodo non breve hanno tradotto in decisione politica le
suddette logiche della «nuova ragione del mondo». Un universo fattuale
così denso e significativo che può sfuggire solo a chi guardi (non
analizzi) la realtà, con le lenti della ideologica «falsa coscienza».
L’humus ha prodotto, come reazione agli effetti economici e sociali di una «crisi organica» che ha moltiplicato le forme di esclusione tra ceti subalterni divenuti sempre più ampi, proprio quelle orribili risposte che, in maniera riduttiva, chiamiamo di «destra».
L’humus ha prodotto, come reazione agli effetti economici e sociali di una «crisi organica» che ha moltiplicato le forme di esclusione tra ceti subalterni divenuti sempre più ampi, proprio quelle orribili risposte che, in maniera riduttiva, chiamiamo di «destra».
Stupisce, allora, la rimozione totale di qualsiasi dimensione davvero
analitica dal cosiddetto appello dei tre sindaci arancioni per un
fronte comune che possa efficacemente opporsi alla montante marea di
destra.
Innanzitutto chi dovrebbe fare barriera, quali forze? «Quelle forze –dicono i sindaci –sono principalmente il Partito Democratico, perno e componente maggioritaria, e Sel». Cioè il «perno» sarebbe costituito da una delle forze politiche costitutive dell’humus sul quale la «destra» ha germogliato. E il ruolo di Sel? Pungolo? Mosca cocchiera? Costola esterna del Pd? In sostanza un’opera di soccorso arancione.
Innanzitutto chi dovrebbe fare barriera, quali forze? «Quelle forze –dicono i sindaci –sono principalmente il Partito Democratico, perno e componente maggioritaria, e Sel». Cioè il «perno» sarebbe costituito da una delle forze politiche costitutive dell’humus sul quale la «destra» ha germogliato. E il ruolo di Sel? Pungolo? Mosca cocchiera? Costola esterna del Pd? In sostanza un’opera di soccorso arancione.
Quali sarebbero le possibilità di modificare il ruolo del Pd negli
attuali equilibri di potere, un ruolo che ha profonde ragioni
strutturali? Con tutta evidenza nessuna.
«Qui la gente non ha paura dell’Isis, la gente ha paura di Renzi
perché non c’è lavoro», avrebbe detto un lavoratore petrolchimico al
segretario della Fiom (Huffington post, 10 dicembre).
A Piombino, dove la classe operaia ha avuto per decenni un ruolo davvero
dirigente, oggi tra le centinaia di cassaintegrati con prospettiva di
mobilità (licenziamento) che lo spegnimento dell’altoforno ha sparso
nella città, circola sempre più forte la voce di chi è contrario
a iniziative di lotta «perché se no il padrone non investe, il padrone
se ne va».
Non credono i sindaci arancioni che sia questo il terreno di cultura
dei nuovi barbari? Non credono che sia questa la realtà nella quale
qualsiasi soggetto politico «di sinistra» debba fare immersione totale?
La deindustrializzazione, del resto, non era un destino, la deindustrializzazione è stata, è, il frutto di scelte politiche.
La deindustrializzazione, del resto, non era un destino, la deindustrializzazione è stata, è, il frutto di scelte politiche.
Un economista non certo radicale, Pierluigi Ciocca, nel volume
conclusivo della monumentale Storia dell’Iri, si chiede: «Avrebbe
giovato conservare l’Iri? Ovvero (…) potrebbe giovare una nuova Iri? La
risposta è positiva, qualora si spinga l’immaginazione a un
controfattuale che includa l’ Iri nella sua migliore stagione». Di
fronte ad una deindustrializzazione «drammatica», dice ancora Ciocca, si
impone nei fatti «una qualche forma di ricostituzione di un’industria
manifatturiera pubblica».
Cosa ne pensa Marco Doria?
A suo tempo ho caldeggiato la candidatura di Doria, collega
all’Università di Genova, a sindaco della città. Ebbene credo che come
professore di storia economica non possa non valutare con tutta serietà
le considerazioni di Pierluigi Ciocca. E come sindaco arancione?
È convinto che il «perno» dell’alleanza che propone, che è stato anche
il «perno» intorno a cui ha ruotato e ruota la dissoluzione
dell’industria pubblica italiana, possa essere recuperabile per
l’indispensabile inversione strategica?
In realtà il testo dei sindaci arancioni non si pone assolutamente
alcun obiettivo conoscitivo-propositivo. Si propone solo come segnale di
posizionamento di una parte di ceto politico, nella continuità di
quella «miseria della politica» che è una delle facce della «crisi
organica».
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