Le scadenze elettorali della
primavera prossima ci impongono di confrontarci con un tema annoso per
la sinistra: le alleanze. E’ sul tema dei rapporti con i partiti di
maggioranza relativa che, nel corso di questi ultimi trent’anni, si sono
susseguiti come elemento trainante di ciò che gli gravitava intorno,
che si innesta tutta la problematica dell’essere e dell’esserci.
Un’ontologia politica che poco si presta ad essere madre di programmi su
cui forgiare una nuova identità di sinistra da proporre alla troppa
gente che sopravvive e che fa i conti quotidianamente con gli effetti
delle politiche liberiste del governo Renzi.
Ma l’essere sinistra vuol dire anche esserci come sinistra. E qui viene la ripetuta e scritta e riscritta domanda: quale sinistra? Che caratteristiche deve avere per poter lanciare la sfida della formazione di un “quarto polo” alternativo tanto alle destre fasciste quanto a quelle economiche (che si fingono “sinistra” o “centrosinistra” e che siedono al governo con un Nuovo Centrodestra molto lieto di appoggiare la difesa degli interessi dei peggiori padroni di questo Paese) e a quelle populiste che si fermano, nel loro impeto rivoluzionario, ad una critica della vasta corruzione che si nutre e prospera all’ombra della cosa pubblica?
Il tema principale è quello dell’identità che serve a costruire l’alterità rispetto a tutte le altre forze politiche.
Molti anni fa, ma nemmeno poi tanti a dire il vero, i comunisti erano la forza politica che veramente si differenziava da tutte le altre: e non era soltanto un proclama da manifesti, uno slogan buttato lì per fare impressione. Era una realtà concreta, percepita dai lavoratori, dalle lavoratrici, dagli studenti, da tutti coloro che votavano comunista perché sapevano, quindi erano pienamente consapevoli, che quel voto sarebbe andato nella direzione di creare una forza che li avrebbe difesi, protetti, in qualche modo tutelati nel limite dell’azione politica del Parlamento.
I comunisti, tutti i comunisti, anche quelli che non erano nel grande “Paese nel Paese” che era il PCI, avevano questa caratteristica quasi “fisiognomica”: il loro “No” era “No” quando lo doveva essere, e il loro “Sì”, di contro, era “Sì” quando andava detto e messo in pratica.
Ma l’essere sinistra vuol dire anche esserci come sinistra. E qui viene la ripetuta e scritta e riscritta domanda: quale sinistra? Che caratteristiche deve avere per poter lanciare la sfida della formazione di un “quarto polo” alternativo tanto alle destre fasciste quanto a quelle economiche (che si fingono “sinistra” o “centrosinistra” e che siedono al governo con un Nuovo Centrodestra molto lieto di appoggiare la difesa degli interessi dei peggiori padroni di questo Paese) e a quelle populiste che si fermano, nel loro impeto rivoluzionario, ad una critica della vasta corruzione che si nutre e prospera all’ombra della cosa pubblica?
Il tema principale è quello dell’identità che serve a costruire l’alterità rispetto a tutte le altre forze politiche.
Molti anni fa, ma nemmeno poi tanti a dire il vero, i comunisti erano la forza politica che veramente si differenziava da tutte le altre: e non era soltanto un proclama da manifesti, uno slogan buttato lì per fare impressione. Era una realtà concreta, percepita dai lavoratori, dalle lavoratrici, dagli studenti, da tutti coloro che votavano comunista perché sapevano, quindi erano pienamente consapevoli, che quel voto sarebbe andato nella direzione di creare una forza che li avrebbe difesi, protetti, in qualche modo tutelati nel limite dell’azione politica del Parlamento.
I comunisti, tutti i comunisti, anche quelli che non erano nel grande “Paese nel Paese” che era il PCI, avevano questa caratteristica quasi “fisiognomica”: il loro “No” era “No” quando lo doveva essere, e il loro “Sì”, di contro, era “Sì” quando andava detto e messo in pratica.
Oggi, invece, le incertezze emergono ad ogni angolo, ad ogni tentativo
di svolta e di recupero di un aspetto politico che sia il confine
fenomenico di una sostanza di proposte che stabiliscano una nuova
cultura dei valori e, quindi, delle lotte.
Le risposte che Nicola Fratoianni dà alla lettera dei sindaci di Genova, Milano e Cagliari sulla necessità di produrre uno schema di centrosinistra insieme al PD per battere le destre e “non fare come in Francia”, sono non-risposte.
Affermare che «ci auguriamo che sia soprattutto Matteo Renzi a raccogliere il loro appello, visto che il centrosinistra non c’è più per scelta sua», è un modo di non scegliere, è un non voler essere apertamente chiari e netti e dire senza infingimenti che la stagione del centrosinistra non è recuperabile e riproponibile e che il progetto può e deve essere un altro: costruire una alternativa al PD senza alcuna incertezza.
Se la risposta la si affida a Renzi, se si attende una replica da parte del PD, non si fa che alimentare una debolezza, una incertezza che non giova affatto alla costruzione del nuovo soggetto della sinistra.
Tutto questo prescinde dalle modalità di svolgimento della costituente che reclamiamo da tanto tempo, ma nessuno di noi può rimanere indifferente rispetto alle volontà espresse che vanno a contraddire il manifesto iniziale di apertura alla costruzione e alla fondazione di un ambito politico antiliberista e alternativo a tutte le altre formazioni politiche.
Le parole devono essere chiare e non interpretabili: chi vuole costruire il nuovo soggetto della sinistra di alternativa deve avere la consapevolezza che non ci potrà mai essere accordo col PD se si vuole costruire davvero una fisionomia che sia essenza politica e che, dunque, sia riconoscibilità immediata da parte dei cittadini di una forza che possa venire scambiata per la “sinistra del centrosinistra”, l’ennesima ruota di scorta per il partito di Renzi.
Chi è disposto a fare questo può costruire il nuovo soggetto, chi propone geometrie variabili di alleanze a seconda dei casi, delle esperienze territoriali, di specificità più o meno giustificate, è preferibile che scelga un’altra strada.
Abbiamo perso fin troppo tempo nel scendere a compromessi con chi il giorno prima si dichiarava ormai altro dal PD e il giorno dopo tornava ad essere dialogante, aperto alle primarie del centrosinistra, disposto a valutare le opportunità del caso.
Senza chiarezza, senza confini certi, precisi, ben definiti, la sinistra di alternativa non può trovare un terreno fertile di crescita.
Senza scomodare testi marxisti o scritti di un secolo di analisi critica del capitalismo, basta prendere la Bibbia in mano e si troverà scritta quella semplice frase: “Il suo sì sia sì, il tuo no sia no”. Scegliete, finalmente, scegliete.
Le risposte che Nicola Fratoianni dà alla lettera dei sindaci di Genova, Milano e Cagliari sulla necessità di produrre uno schema di centrosinistra insieme al PD per battere le destre e “non fare come in Francia”, sono non-risposte.
Affermare che «ci auguriamo che sia soprattutto Matteo Renzi a raccogliere il loro appello, visto che il centrosinistra non c’è più per scelta sua», è un modo di non scegliere, è un non voler essere apertamente chiari e netti e dire senza infingimenti che la stagione del centrosinistra non è recuperabile e riproponibile e che il progetto può e deve essere un altro: costruire una alternativa al PD senza alcuna incertezza.
Se la risposta la si affida a Renzi, se si attende una replica da parte del PD, non si fa che alimentare una debolezza, una incertezza che non giova affatto alla costruzione del nuovo soggetto della sinistra.
Tutto questo prescinde dalle modalità di svolgimento della costituente che reclamiamo da tanto tempo, ma nessuno di noi può rimanere indifferente rispetto alle volontà espresse che vanno a contraddire il manifesto iniziale di apertura alla costruzione e alla fondazione di un ambito politico antiliberista e alternativo a tutte le altre formazioni politiche.
Le parole devono essere chiare e non interpretabili: chi vuole costruire il nuovo soggetto della sinistra di alternativa deve avere la consapevolezza che non ci potrà mai essere accordo col PD se si vuole costruire davvero una fisionomia che sia essenza politica e che, dunque, sia riconoscibilità immediata da parte dei cittadini di una forza che possa venire scambiata per la “sinistra del centrosinistra”, l’ennesima ruota di scorta per il partito di Renzi.
Chi è disposto a fare questo può costruire il nuovo soggetto, chi propone geometrie variabili di alleanze a seconda dei casi, delle esperienze territoriali, di specificità più o meno giustificate, è preferibile che scelga un’altra strada.
Abbiamo perso fin troppo tempo nel scendere a compromessi con chi il giorno prima si dichiarava ormai altro dal PD e il giorno dopo tornava ad essere dialogante, aperto alle primarie del centrosinistra, disposto a valutare le opportunità del caso.
Senza chiarezza, senza confini certi, precisi, ben definiti, la sinistra di alternativa non può trovare un terreno fertile di crescita.
Senza scomodare testi marxisti o scritti di un secolo di analisi critica del capitalismo, basta prendere la Bibbia in mano e si troverà scritta quella semplice frase: “Il suo sì sia sì, il tuo no sia no”. Scegliete, finalmente, scegliete.
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