Sinistra, dopo aver affossato il tavolo unitario e aver proclamato l’unità dall’alto di un gruppo parlamentare, Sel lancia un appello “anonimo” per mimare un processo unitario dal basso
di Giulio AF Buratti
Su una cosa si può essere d’accordo con Claudio Riccio,
che «non se ne può più di rimanere fermi, di parlare di sinistra e non
praticarla mai». Dove è più difficile concordare col giovane esponente
di Act (Agire, costruire, trasformare!, una delle gambe del soggetto
unico a venire), è sulla direzione e le forme che quel processo ha
intrapreso: la direzione pare quella imposta da Sel e dagli ex dem (Fassina, D’Attorre e Cofferati)
che prevede lo scioglimento di tutte le identità nel soggetto unico, la
forma ha tutta l’aria di un appello, l’ennesimo di questa stagione
politica, ma “anonimo”, senza firme in calce, per fissare una data dopo
il naufragio del tavolo comune proprio sullo scoglio del dissolvimento
delle appartenze. Riccio dice che l’appello «non ha proprietario. E’ frutto della discussione di questi mesi. Sel e il gruppo di Sinistra italiana si sono messi a disposizione. E’ un passo importante». Infatti, come sottolinea Maurizio Acerbo, della segreteria di Rifondazione, «è partito dal giro di Act ma in pochi minuti è stato “casualmente”,
con fulmineo “copia e incolla”, fatto proprio da Nicola Fratoianni,
Betta Piccolotti, Simone Oggionni, Marco Furfaro, Massimiliano
Smeriglio, Luca Casarini, Beatrice Giavazzi, Andrea Ranieri, Stefano
Fassina, e tanti altri noti e meno noti assessori,
parlamentari, segretari regionali, provinciali nonché qualche
associazione ben nota per la vicinanza a Sel».
Un incontro a Roma il 19-20-21 febbraio «per costruire un nuovo
soggetto politico, uno spazio aperto, democratico, autonomo. Abbiamo
bisogno di una sinistra di tutti: non un percorso pattizio, ma una nuova
forza politica». E’ questo l’appello di «un gruppo di persone» rilanciato, sul web, da Sinistra Italiana e Sel, con modalità di marketing sofisticate.
«Nelle ore in cui Podemos lancia la sua sfida per l’alternativa, un
gruppo di persone appartenenti a realtà politiche e sociali, ha scritto
questo testo e lo mette a disposizione di chiunque ci si riconosca.
Usiamolo liberamente, copiamolo, condividiamolo, diffondiamolo, è un
testo proprietà di nessuno per una sinistra di tutte e tutti», si legge
in premessa, accompagnata sul web dall’hashtag #xlasinistraditutti.
L’appello chiama al coinvolgimento non solo delle istanze dei
singoli, «ma anche quelle di tutte le esperienze collettive, le reti
sociali, le forze sindacali, l’associazionismo diffuso, i movimenti, che
in questi anni hanno elaborato e realizzato proposte concrete ed
efficaci» e invita «tutti e tutte a partecipare, a rimescolare ogni
appartenenza, a mettersi a disposizione, fino allo scioglimento delle forze organizzate,
sapendo che solo un cammino realmente inclusivo può essere la strada
per coinvolgere i tanti che purtroppo sono scettici e disillusi».
Se il socio occulto è facilmente rintracciabile in Sel, la bordata a
Renzi e al Pd («il governo Renzi e il Pd vanno in una direzione
diametralmente opposta e ci raccontano che non c’è un’alternativa. Per
noi invece non solo un’alternativa è possibile ma è necessaria ed è
basata sui diritti, sull’uguaglianza, sui beni comuni») sembra, a sua
volta, una frecciata a quanti, nelle fila vendoliane, sono più
disponibili a mantenere il vincolo col partito di maggioranza relativa.
Nelle medesime ore, infatti, il sindaco uscente di Cagliari, Massimo Zedda
di Sel, rilancia sull’imprescindibilità di quell’abbraccio mortale: «Il
Pd si è dimostrato un partito capace di ragionare sul bene della città e
su orizzonti politici anziché su esigenze di visibilità. Gli va reso
atto di aver legato l’esito del voto al risultato della città e non alla
bandierina sul nome di un candidato. Del resto, senza Pd non esiste governo locale di centrosinistra. Questo deve essere chiaro. Non è che è il partito portante della coalizione: se non c’è, non c’è possibilità di governo».
Per questo, l’appello “La sinistra di tutte e tutti”
non sembra essere inclusivo né alla sua sinistra, né alla sua destra
dove consistenti energie (per esempio a Milano, o nella Bologna spaccata
a metà sull’opzione) sono riluttanti a certificare la fine del
centro-sinistra, «non solo perché del tutto inadeguato a rispondere alle
sfide del tempo – per riprendere un appunto di Marco Revelli – ma
perché cancellato dalla stessa forza politica che ne aveva costituito il
baricentro».
«Di sicuro – continua Acerbo – l’ispirazione dell’appello non è unitaria.
Infatti ribadisce l’impostazione con cui si è condotto improvvisamente
alla rottura il “tavolo” che avrebbe dovuto promuovere l’assemblea
nazionale a gennaio. L’iniziativa maldestra dà l’idea che, dopo aver cercato di mettere il proprio marchio sui processi unitari dall’alto della rappresentanza parlamentare e della visibilità mediatica con la kermesse al Quirino di Sinistra Italiana, ora si voglia mimare un processo costituente dal basso».
Il suo effetto negli ambienti dell’Altra Europa per Tsipras
è addirittura dirompente. Va ricordato che l’Altra Europa doveva essere
il soggetto unitario, che in pochissimo tempo era riuscita a
raccogliere 40mila adesioni e centinaia di migliaia di firme per la
presentazione delle liste e oltre il 4% dei voti. Ma aveva un difetto di
fabbrica, oltre al ruolo paternalista dei garanti, non sembrava sexy a
chi sarebbe potuto fuoriuscire dal Pd dopo aver votato quasi le
mostruosità economiche, sociali e costitizionali di quel partito. Così
Sel inventò Human Factor ed è quello che pare realizzarsi anche se c’è
chi ipotizza un campo diverso delineato dalla convergenza Civati (il primo a lasciare il tavolo) e Ferrero.
Qualcuno dell’Altra Europa ci sarà, a febbraio ma altri chiedono una
convocazione a breve e aperta a tutti. L’unica a prendere una posizione
pubblica, finora, è stata Bia Sarasini («è auspicabile
che l’assemblea convocata diventi un vero terreno di confronto politico.
Sorprende che il testo si presenti avvolto in una sorta di chador, che
vela chi presenta la proposta. Il corpo c’è, ma non si deve vedere.
Un’idea poco attraente, ai miei occhi, che anche poco ha a che fare con
l’anonimato della moltitudine»). Ma altri sono ancora più scossi da un anonimato che sembra puzzare di proprietà occulta,
l’esatto contrario di quanto Riccio ha detto in un’intervista al
manifesto. Chi di loro dovesse esserci, quel giorno di febbraio, lo farà
più per non lasciar nulla di intentato piuttosto che per l’entusiasmo
di una nuova partenza, a lungo rinviata, verso quello che Vendola, intervistato da Repubblica, ha definito come un “Ulivos” (nei contenuti programmatici) che prende le forme da Podemos.
L’impasse del tavolo sembra avere un riflesso negativo nei sondaggi
con Sinistra Italiana che si inchioda al 4% perdendo un altro mezzo
punto negli ultimi sette giorni.
Intanto, Rifondazione fa sapere che sono ben oltre 5
mila le iscritte e gli iscritti che hanno preso parte attivamente alla
consultazione sul nuovo soggetto, avviata prima della rottamazione del
tavolo da parte di Sel, secondo alcuni, e comunque del suo
spiaggiamento. Una partecipazione notevolmente superiore, più del
doppio, rispetto a quella che c’è stata in occasione della consultazione
per la lista l’Altra Europa con Tsipras. Allora i partecipanti furono
2441. Decisamente poche rispetto ai 43.183 cittadini che solo sei mesi
prima avevano scelto di dare il 2 per mille al partito. «Ovviamente – si
legge sul sito ufficiale – la discussione andrà avanti tenuto conto
anche che buona parte degli iscritti e iscritte al Prc-Se, in tutta una
serie di realtà, deve ancora ritrovarsi. Finora il 71% ha detto sì
all’ipotesi un nuovo soggetto nella versione ferreriana, quella che non
prevede lo scioglimento di Rifondazione.
Al tavolo che s’è rotto, erano tre i temi più divisivi: la collocazione alle amministrative in particolare in un luogo come Milano che ha una chiara valenza nazionale, la collocazione europea, il nodo delle forze organizzate.
In nome del percorso unitario, il Prc ha scelto di non forzare sulle
prime due. Il nuovo appello la tiene di nuovo alla porta del percorso
con una formulazione assolutamente politicista: il “gruppo di persone”
si mette a disposizione di tutte le opzioni, fino ad arrivare anche allo
scioglimento delle forze organizzate.
Con lucidità, Guido Liguori, scrive su facebook (il
manifesto non ha trovato spazio per il suo intervento) che «il tentativo
di unificare ciò che resta della sinistra italiana (intendo le forze a
sinistra del Pd, che non considero partito di sinistra) è al momento fallito» e che «Il “documento anonimo” con questo gesto unilaterale
interrompe chiaramente ogni tentativo di accordo… Inizierà da qui alle
elezioni politiche del 2018 una forte litigiosità a sinistra».
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