lunedì 14 dicembre 2015

Se si vuole essere autonomi, non ci si allea di Pippo Civati

Qualche settimana fa il leader di Sel aveva rilasciato un’intervista a Repubblica per spiegare che il suo partito sarebbe andato con il Pd ovunque possibile.
Ora in un’intervista a Repubblica esclude decisamente quella possibilità, polemizzando duramente con i tre sindaci e (senza citarla) con la presidente della Camera.
Nella pagina a fianco il presidente della Puglia chiede a Renzi di diventare leader di centrosinistra e in sostanza di cambiare tutto. Metodi, obiettivi, alleanze, strategie, persone, politiche.
Che è un po’ come chiedere a un centravanti di segnare nella propria porta. Esultando pure, dopo l’autorete.
Se penso che sono sei mesi che discutono tutti di cose impossibili – favorendo i cosiddetti populisti, già – mi dispiace parecchio.
Da mesi, da quando abbiamo proposto la formula di Possibile abbiamo sempre detto e ripetuto (meritandoci le accuse più surreali, la migliore delle quali resta quella di essere elefanti nella cristalleria…) che non si può far tornare indietro le lancette dell’orologio. Che chi ha votato il Jobs Act dileggiando i sindacati, lo Sblocca Italia infischiandosene dell’ambiente, la legge sulla scuola senza ascoltare l’appello di molti, quasi tutti, la riforma costituzionale più pasticciata di sempre (a proposito, caro sindaco Pisapia, lei come voterà? Sì o no? Perché il forse è escluso dal meccanismo referendario…) non può dire ora: scusate, ci siamo sbagliati. Siamo andati a destra ma in realtà volevamo andare a sinistra. Tipo Cristoforo Colombo. Ed è proprio una bella discussione quella che ci porta a discuterne ancora.
L’anno scorso di questi tempi dicevamo che sarebbe stato impossibile tornare indietro. E tutti giù a ridere. E invece eccoci qui, come previsto, con il centro-sinistra (in cui il trattino è un meno) che cerca di ricostituirsi a parole e con mosse politiche incerte e equivoche.
Le cose sono semplici: se si vuole essere autonomi, non ci si allea. Fare come fanno i socialisti francesi con Sarkozy sei mesi prima delle elezioni (votare il partito della nazione per non far vincere il populismo) è una assurdità. Che fa vincere il populismo. E fa perdere altri voti a sinistra a favore di chi è autonomo e alternativo.
Dire: “partecipiamo ma solo se non c’è Sala”, ha ancora meno senso. Sala c’è. Politicamente è più o meno sulle posizioni del segretario del Pd (in alcune cose, tipo i rapporti con le parti sociali, è addirittura più moderato di lui).
Fare le primarie contro candidati che non fanno parte del proprio schieramento, non è simpatico: è al limite dell’assurdità. Poi ti tocca governare con loro, lo stesso. In quel partito della nazione che dici di voler eliminare dalla faccia della terra.
Tutte cose che riempiono i giornali e svuotano la politica.
Personalmente, ho scelto un’altra strada. Una strada che abbia una linea politica precisa e un progetto di governo da scrivere insieme. Che è l’unica cosa che conta: a meno di pensare che con una battuta politica ci metteremo alle spalle questi ultimi anni.
Vale per tutte le sfide politiche importanti e a tutte le latitudini. Non è che vale a Roma e a Milano invece no.
Nel fine settimana, mentre altri organizzeranno correnti interne, confidando nella conversione a U del leader, e altri getteranno ponti (sullo Stretto?), domenica saremo a Verona, alla Fonderia Aperta, dalle 10 alle 13, a iniziare a scrivere un progetto aperto, a raccogliere competenze, a cancellare luoghi comuni e a svelare fate morgane.
Che inizia un altro viaggio. Senza voltarsi indietro. Senza cercare appigli rivolgendosi a chi ce li ha tolti, facendoci capire che non gli interessa affatto avere a che fare con noi e con gli elettori che cerchiamo di rappresentare.

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