domenica 6 dicembre 2015

Pane e vergogna. (di Romina Fiore)

Ieri sono andata a fare la spesa al supermercato.
In fila alla cassa davanti a me c’era lei, così piccola che quasi passava inosservata, dentro un cappottino modesto e senza pretese.
Poteva essere una di quelle vecchiette che vedevi, anni fa, in mezzo a coetanei seduti ai giardinetti a godersi il sole o chiacchierare sulla panchine.
A camminare lenti con le mani che, se non occupate a reggersi su un bastone da passeggio, restavano intrecciate dietro la schiena.
Ora stringeva la sua busta, usata chissà quante volte, appallottolata e pressata fra quelle dita rugose. Un sacchetto che costa 20 centesimi.
Ma, si sa, 20 oggi e 20 domani alla fine arrivi a un euro che manco te ne accorgi.
Ha sistemato lentamente i suoi prodotti sul rullo.
Poca roba.
Un litro di latte, dei pomodori, un pacco di pasta e un po’ di frutta.
E, mentre il nastro scorreva, ne teneva fermi due con le mani.
A un certo punto, quando la cassiera ha passato allo scanner tutta la spesa, lei ha domandato quale fosse il totale parziale.
E in quella richiesta, sussurrata con un filo di voce, c’era una dignità sconfinata.
C’erano conteggi fatti a mente e la paura che fossero imprecisi.
C’era la speranza che i pochi soldi nel portamonete coprissero il costo dell’intera spesa.
C’era un bilancio minuzioso per stabilire quali, fra quei prodotti poggiati sul nastro, fossero indispensabili e quali invece da rimandare alla prossima pensione.
Quando la cassiera le ha detto a quanto ammontava il conto, ha risposto con riservatezza carica di vergogna:
- Allora metta anche questi.
E ha liberato i prodotti che teneva nascosti sotto la mano.
Eccoli gli anziani di oggi.
Sono quelli che il governo ci mostra come una fetta di spesa smisurata per il sistema welfare a causa delle uscite destinate alle pensioni.
Sono gli stessi a cui vengono rosicchiate quelle pensioni già scarne, in occasione di ogni manovra economica, allargando la platea degli indigenti.
Sono andata via dal supermercato con un nodo alla gola, sognando un paese civile dove i vecchietti non debbano temere lo spauracchio di un conto da non riuscire a pagare alla cassa del supermercato.
Sono andata via con un nodo alla gola e con la consapevolezza, sempre più incrollabile, che viviamo in un paese di merda.

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