E’ davvero strano come un premier completamente votato all’immagine e i suoi consulenti di comunicazione non abbiano compreso l’impatto drammatico che avrebbe avuto sull’opinione pubblica la vicenda delle quattro banche. Eppure era facile capire come dopo aver creato una fede assoluta nel “sistema” da rendere utopico qualsiasi cambiamento anche a fronte delle evidenze, il tradimento di qualche dogma e di qualche certezza di metafisica finanziaria non può che essere destabilizzante.
Ma questo non è che uno degli effetti del caos contemporaneo dove i disegni, le menzogne, le posizioni strumentali, gli interessi e i trucchi si allacciano e si confondono con l’incapacità di guardare oltre il catechismo liberista e i suoi misteri. Così per esempio la Federal reserve abbandona il costo zero del denaro e porta gli interessi in una fascia tra lo 0,25 e lo 0, 50 per cento proprio nel momento in cui la produzione industriale americana si schianta sui minimi del 2009, il commercio mondiale cala e la fiducia degli investitori Usa è ai minimi. L’unico dato buono è quello dell’occupazione, però la Yellen non può non sapere che i criteri con cui essa è calcolata non misurano la realtà, ma solo aspettative ideologiche e il livello di manipolazione politica: considerare occupato chi fa un’ora di lavoro alla settimana è una vera presa in giro e paradossalmente può far aumentare l’occupazione proprio nel momento in cui manca il lavoro vero.
Tuttavia non è tanto questo che inquieta, quanto il fatto che per quasi un decennio si è tenuto a zero il costo del denaro e si sono pompati migliaia di miliardi di quantitative easing senza alcun risultato tangibile e reale come invece prevedeva la teoria dogmatica dell’ortodossia liberista. Per cui adesso si inverte la rotta, ma senza alcuna ragione plausibile. Si brancola nel buio, ma senza minimamente mettere in discussione gli articoli di fede.
E brancola nel buio pure Confindustria che dopo aver pompato a dismisura i numeretti di un illusoria ripresa per sostenere il governo e ottenere il “giosatt”, con le relative prebende, adesso dice che si trova di fronte a un rallentamento dell’economia e abbassa le stime di crescita. Ci si poteva scommettere, era un cavallo sicuro che avrebbe arricchito anche il Gigi Proietti del celebre film equino, ma la cosa notevole è che Confindustria non sa darsi spiegazioni: “per noi resta un mistero questo rallentamento”.
In realtà la spiegazione è semplicissima, quasi elementare: con i tagli salariali, la precarietà nelle sue varie forme, la messa in mora dei diritti sul lavoro, la distruzione progressiva del welfare la domanda aggregata (nella quale sono compresi gli investimenti e la spesa pubblica) non può che diminuire e raggelare l’economia. Ciò viene negato da quelle stesse teorie liberiste che tuttavia sono impotenti a spiegare l’attuale stagnazione, moltiplicando la genia degli analisti che si trovano ad affrontare i “misteri” del mercato regolatore di ogni cosa. O meglio diciamo che la difficoltà non appartiene alla ragion pura, ma a quella pratica: il pensiero unico è in realtà la razionalizzazione teorica della lotta di classe al contrario.
Tanto è vero che in alcuni Paesi, particolarmente colpiti dal rigor mortis liberista, come ad esempio la Finlandia, non si pensa affatto ad invertire l’incessante lotta contro la sicurezza e la dignità del lavoro, a cambiare idea insomma, ma si immagina di ottenere effetti keynesiani attraverso redditi di cittadinanza miseri e sospetti il cui fine ultimo non è quello di dare una nuova dignità e nuova capacità contrattuale alle persone, ma di sostenere il mercato, smorzare la protesta, mantenere bassi i salari. Insomma tutto, anche il denaro gettato dall’elicottero, purché il mondo del lavoro nelle sue diverse forme non torni a contare e a impedire il dispotismo e i profitti di pochi ricchi.
Non c’è alcun dubbio che non solo non capiscono, ma non vogliono capire.
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