Li avrete incontrati a scuola. Sono i supplenti, gli
intermittenti della cattedra. Suppliscono alle assenze dei titolari
delle cattedre negli istituti di ogni ordine e grado. Molti di loro
lavorano come personale amministrativo, negli uffici, o svolgono le
mansioni dei «bidelli». Presenza familiare tra i banchi, i corridoi
o durante i colloqui con i genitori. Sembra tutto normale, ma per
trentamila di questi precari non è così. Da settembre sono senza
stipendio. E il natale sarà duro.
Continuano a lavorare. Gratis. Ma non sono restati in silenzio. Hanno
alzato la voce. La risposta è stata: mancano le risorse per pagarli. La
realtà è stata scoperta dopo la loro nomina, elemento che aggrava la
loro situazione che grida vendetta. Altra risposta per lo scandaloso
ritardo: l’inefficienza del sistema informatico del ministero
dell’istruzione (Miur). Difficoltà che aggravano i carichi di lavoro
delle segreterie scolastiche e manda in tilt le procedure. A questo si
aggiunga anche un altro fattore, determinante: nelle segreterie ci sono
carenze croniche di personale e, quindi, non è possibile nemmeno
chiamare i supplenti per il personale Ata. Ogni aspetto della scuola
italiana rimanda a un orizzonte di precarietà apparentemente
insuperabile. E lì dove c’è precarietà, la precarietà aumenta
a dismisura.
Si sono mobilitati tutti i sindacati, per ora inutilmente. «Ogni
giorno denunciamo a tutti i livelli questa situazione — sostiene
Domenico Pantaleo (Flc-Cgil). Stiamo organizzando ricorsi. Non
è possibile penalizzare i soggetti più deboli che quotidianamente
permettono alle scuole di andare avanti nonostante le tante criticità
aggravate dalla legge sulla brutta scuola».
«Non c’è giustificazione che tenga — afferma Lena Gissi, segretaria
generale Cisl Scuola — quando viene negato a una persona il compenso cui
ha diritto per il lavoro che svolge. Si faccia di tutto e di più per
trovare subito una soluzione, sono davvero tante, troppe le persone che
vengono a raccontarci, ogni giorno nelle nostre sedi, il dramma che
stanno vivendo di fronte a scadenze di pagamenti che non possono
onorare, spesso esposte al rischio di subire sanzioni o atti
ingiuntivi». «È questo il risultato — sostiene Pino Turi, segretario Uil
Scuola — di leggi emanate senza un piano di fattibilità. Così non solo
la supplentite non è passata, ma siamo in presenza di insegnanti anche
di ruolo che sono stati spostati lontano e lasciati senza retribuzione».
«La legge 107 mostra i propri limiti ogni volta che viene applicata
concretamente».
L’Anief annuncia decreti ingiuntivi se entro il 20 dicembre
i trentamila supplenti non saranno pagati. A Biella, l’avvocato
dell’associazione depositerà il primo decreto ingiuntivo di una docente
che non è più in grado di garantire un pasto al proprio figlio: «questa
donna vive sola, con un figlio di quattro anni ed un affitto da pagare
tutti i mesi, non solo quando riceve lo stipendio» sostiene Marcello
Pacifico (Anief). Silvia Chimenti (Movimento 5 Stelle) ha riproposto il
caso in parlamento cercando di sensibilizzare il governo.
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