domenica 13 dicembre 2015

Sel, ovvero il partito non credibile a sinistra

sinistra
Il continuo rincorrere l’idea di un nuovo centrosinistra o è una vocazione al governismo sempre e comunque o è un modo per evitare lunghi percorsi di ricostruzione di una vera sinistra di alternativa. E’ questa l’unica doppia spiegazione che mi sembra si possa dare dell’atteggiamento di Sel che, ancora una volta, rompe il fronte unitario per dare seguito ad una politica di riforme che, di per sé, non è nemmeno deprecabile ma che lo diventa se è la mediazione per la costruzione di una alleanza che non guarda all’alternativa al PD, ma solo a Renzi. Sono scindibili oggi questi due elementi? Basterebbe osservare che Matteo Renzi è, ad un tempo, presidente del Consiglio e segretario nazionale del suo partito: un doppio incarico che persino l’eterna minoranza non-scissionista del PD stesso ha rilevato proprio in questi giorni, rimarcando l’anomalia, stigmatizzandola e proponendola indirettamente alla discussione che si tiene alla Leopolda. 
Sono troppe ancora le contraddizioni che Sel solleva nella via di costruzione del quarto polo: contraddizioni che oggi si ritrovano sul “piano locale” e domani su quello nazionale. Un giorno Vendola applaude a Pisapia come nome che unisca il nuovo centrosinistra milanese per le amministrative del prossimo anno, un altro giorno afferma che questo centrosinistra è una proposta estendibile all’intero Paese.Nel documento firmato da anche da Sel, il famoso “Noi ci siamo!”, oltre che da Civati, Fassina, Rifondazione Comunista e L’Altra Europa, si metteva nero su bianco che il nuovo soggetto della sinistra di alternativa sarebbe dovuto essere altro da tutti i poli esistenti.
Oggi scopriamo che Sel vuole essere alternativa solo al PD di Renzi e che sarebbe disposta a non esserlo se a guida del PD ci fosse magari Bersani. Ma quel documento affermava chiaramente che in Italia c’era e c’è bisogno di una sinistra e non di un nuovo centrosinistra. La stagione del riformismo socialdemocratico e cattolico di sinistra unito ad altre forze più radicali, è finita con il 2008, con la caduta del secondo governo Prodi e la sconfitta successiva del progetto veltroniano che è stato surclassato proprio dalle assise della Leopolda che hanno consacrato Matteo Renzi unico dominus del Partito democratico. Come si possa pensare di costruire una sinistra veramente tale, pluriculturale e pure nascente su compromessi tra moderatismo vendoliano, fassiniano e civatiano e radicalismo comunista (se vogliamo proprio semplificare al massimo le posizioni in campo), quando il nuovo sogno di rinascita del progressismo non risiede nell’idea di sinistra ma bensì in quella di una coalizione che comprenda anche il centro, è un mistero degno della Sfinge.
A volte sembra di vivere veramente in ambienti mitologici, magari pronti ad ascoltare qualche canto delle sirene senza nemmeno essere legati al palo della nave come Odisseo e in preda poi ad incantesimi degni della maga Circe o ad indovinelli della Sibilla Cumana. Prima che irrealistico, è serio questo comportamento che Sel e Fassina stanno tenendo nei confronti di altre forze come Rifondazione Comunista e anche Possibile che si erano impegnati comunemente a costruire un luogo sociale della politica dove muovere per coinvolgere i più singoli tra i cittadini, quelli senza tessera, quelli lontani dalla fiducia nelle istituzioni e nella democrazia repubblicana?Non è serio questo comportamento ed è figlio solo della rincorsa di una emersione nell’agone politico che lasci indietro quelle che vengono considerate “palle al piede” e “ferri vecchi” del passato, perché troppo critici e troppo anticapitalisti. Anzi, anticapitalisti e, quindi, comunisti. O perché, magari, come nel caso di Civati, hanno sviluppato una critica senza se e senza ma al loro vecchio partito in virtù del fatto che è irriformabile e solo superabile con una implosione che metta fine a questa anomalia e che faccia rinascere i confini delle culture e delle ideologie. 
Parole terribili, inascoltabili alle orecchie dei moderni sapienti di una sinistra che nasce come gruppo parlamentare, questa sì lontana dalla gente, dal tanto celebrato “popolo”, dai problemi quotidiani di un mondo del lavoro per il quale il centrosinistra è l’unico vero ferro vecchio i un passato che non passa.  
di MARCO SFERINI

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